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I NATIVI DIGITALI ED IL CYBERBULLISMO

I NATIVI DIGITALI ED IL CYBERBULLISMO

Negli ultimi anni, l’avvento delle nuove tecnologie ha rivoluzionato drasticamente le modalità di comunicazione tra gli individui e dunque anche i loro rapporti interpersonali. Oggi infatti gli individui sono abituati fin dalla loro tenera età a rapportarsi alle altre persone tramite mezzi informatici e telematici.

Il cyberbullismo è un fenomeno importante ed è stato l’evoluzione del bullismo tradizionale. Questo fenomeno è iniziato a partire dall’avvento di queste tecnologie. Il termine cyberbullismo è stato coniato nel 2002 dal docente canadese Bill Belsey.

Approfondiamo il fenomeno del Cyberbullismo

Il cyberbullo viene considerato un vero e proprio “leone da tastiera”, in quanto egli sbraita, ruggisce e degrigna i denti. Il cyberbullo viene considerato come un individuo che presenta una personalità disturbata e che quindi presenta una psico-patologia.

Anche la cybervittima presenta delle conseguenze degli atti aggressivi, quali ansia diffusa, depressione, dispersione scolastica e perfino tentativi di suicidio.

Il cyberbullo, a differenza del bullo tradizionale che necessitava di essere fisicamente dotato per imporre la propria forza sugli altri, possiede alcune specifiche caratteristiche, quali l’astuzia e la malizia. Il cyberbullo si fa forza dell’anonimato, in quanto si presenta sotto mentite spoglie. Quello però che il cyberbullo non considera è che Internet non è il regno dell’anonimato, in quanto l’indirizzo di posta elettronica può essere ricavato.

Il cyberbullismo è un fenomeno che come il bullismo deve essere contrastato tramite l’educazione. A questo proposito, nel 2012 il MIUR ha proposto una campagna denominata “Safer Internet”, per promuovere centri  per il contrasto di questo fenomeno.

Le diverse forme di Cyberbullismo

Sono state individuate diverse forme di cyber bullismo, tra cui l’outing, il flaming, il fraping, il dissing, l’happy slapping e il cyberstalking:

  • Per outing intendiamo quando un bullo diffonde informazioni imbarazzanti, sensibili e private sulla sua  vittima con l’intento di umiliarla pubblicamente.
  • Per flaming s’intende il continuo scambio di messaggi volgari e violenti tra le persone.
  • Con il termine fraping s’intende invece quando un cyberbullo impersona una vittima sui social media creando un duplicato del suo account e diffondendo contenuti personali e imbarazzanti della vittima stessa.
  • Il dissing avviene quando il cyberbullo conosce la cybervittima ed ha accesso a informazioni intime o personali e che diffonde per rovinare la reputazione della sua vittima.
    E’ un comportamento molesto nei confronti di un’altra persona quando questo diventa particolarmente insistente; si parla allora di cyberpersecuzione o di cyberstalking. E’ questo il caso di un uomo o una donna che al termine della loro relazione amorosa diffonde contenuti tra cui per esempio immagini sessualmente esplicite nei confronti dell’ex partner con il solo obiettivo di ledere il più possibile la dignità dell’ex.
  • Infine l’happy slapping viene identificato come un comportamento in cui alcuni ragazzi filmano altri ragazzi che prendono a ceffoni alcune vittime e poi diffondono i video su Internet.
    Un caso riguardante per esempio quest’ultimo comportamento è quello di una ragazza di 15 anni, Carolina, che nel 2003 si è suicidata, lanciandosi dalla sua finestra a Novara. Carolina aveva subito una forma particolare di happy slapping, in quanto dopo essere stata ad una festa ed aver bevuto troppo, alcuni ragazzi avevano ripreso una scena di lei che compiva atti sessuali e l’avevano diffuso online. La vergogna che provava Carolina l’aveva spinta al suicidio, ma poco prima di compiere l’estremo gesto, aveva trovato il coraggio di denunciare l’accaduto.

Il Fenomeno dell’Hate Speech On Line

Se da un lato la rete Web ha permesso alle persone di esprimersi con più libertà, dall’altro ha consentito anche la manifestazione di condotte malevoli da parte degli utenti.

Oggigiorno Internet ha modificato radicalmente il concetto di comunicazione e di libertà di espressione, interessandosi di fenomeni come l’hate speech.
Il termine hate speech ha infatti origini anglosassoni e significa letteralmente “incitamento all’odio”. Esistono varie forme di hate speech. Alcune di esse sono frasi offensive, ma che non ricoprono esattamente le connotazioni di hate speech. Altre ancora sono frasi moleste, ma non offensive.

Le manifestazioni classiche di hate speech assumono dei connotati ben precisi: infatti esse devono arrecare danno alle persone a cui sono indirizzate. Infatti, le vittime di hate speech vengono scelte in base a differenza di orientamento politico, religioso o sessuale.

I promotori d’odio si riuniscono anche in riunioni nella vita reale per organizzare la promozione di odio. Le vittime di questi attacchi di hate speech possono presentare sintomi che non si differenziano drasticamente da quelli che provano le vittime di bullismo e di cyberbullismo. Questi sintomi vanno dall’ansia alla rabbia, alla paura, ma anche alla depressione, fino ad arrivare ai casi più estremi come il tentato suicidio e/o suicidio.

Il fenomeno dell’hate speech è dunque un fenomeno che deve essere preso largamente in considerazione e che deve essere il più possibile contrastato, al fine di poter garantire la libertà di espressione degli utenti sulla Rete.  

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