GUARDA I NOSTRI CORSI GRATUITI >>> ISCRIVITI SENZA IMPEGNO

Anna Calcaterra

This user account status is Approved

This user has not added any information to their profile yet.

Anna
Calcaterra
Psicologa clinica e psicoterapeuta cognitiva dell'età evolutiva in formazione.
Esperta in psicologia forense.
Tutor DSA e BES.

I suoni del catcalling: prima di farlo, pensa.

Dott.ssa Anna Calcaterra

Sei fermo al semaforo rosso. La tua macchina non ha problemi, hai le luci accese e sei perfettamente dentro le righe della strada.
Nonostante questo, improvvisamente, qualcuno ti suona il clacson.
Salti sul sedile, e inizi a chiederti:

“Suona a me?”
“Perché suona a me?”
“Cosa ho fatto per farmi suonare?”

Ecco, immaginati la tua sensazione di spavento al forte strombazzare del clacson e il successivo spaesamento dovuto al non sapere esattamente perché tu lo abbia ricevuto.
Prova ad immaginare la stessa cosa, meno la macchina, meno il semaforo, meno le luci accese. Prova ad immaginarlo quando cammini per strada, solo.

Prova solo ad immaginare che salto al cuore ti verrebbe.

L’organizzazione “Stop Street Harassment”, nel 2015 ha definito il fenomeno della molestia sulla strada come “fischi indesiderati, fissare, rivolgere insulti sessisti, omofobi o trans-fobici, chiedere insistentemente il nome, il numero di telefono o la destinazione della persona, fare commenti e richieste, seguire, lampeggiare, masturbarsi pubblicamente, perpetrare palpeggiamenti e molestie sessuali”.

Il “catcalling” è un fenomeno complesso, sfaccettato e ancora troppo poco considerato. Sarebbe un’impresa titanica compiere un’analisi sociologica, etica e psicologica degli elementi caratteristici della molestia sulla strada e sugli effetti che generano nella donna e la percezione che la stessa ha di sé e del proprio corpo. Svincolandosi quindi dai significati e dal valore di questi comportamenti messi in atto, principalmente, dalla popolazione maschile, si vuole dare rilevanza al suono in sé, e a come questo possa diventare veicolo di vissuti altamente destabilizzanti, pur passando quasi inosservato nelle strade delle nostre città.

Sentire un forte suono improvviso genera allarme. Lo genera in qualunque situazione, in quanto attiva inevitabilmente una vasta gamma di sistemi neurologici preposti all’acquisizione di quello stimolo. Un suono di clacson, dalla durata di pochi secondi, è capace di coinvolgere svariate aree cerebrali, come l’insula anteriore, la corteccia cingolata anteriore, la corteccia cingolata mediale, l’area motoria supplementare, il giro sopra-marginale (Mueller & Pfeiffer, 2013).

In più, suoni acuti e improvvisi sono noti per generare la così detta “startle response”, che consiste in una risposta di spavento, di sussulto, che può essere elicitata da stimoli acustici, tattili e visivi, negli animali e negli esseri umani (Landis & Hunt, 1939). Questo sussulto produce una velocissima contrazione dei muscoli facciali e corporei, in risposta a quello stimolo inaspettato esterno. Tale modalità di risposta, evolutivamente significativa, ha una grande valenza, in quanto rappresenta una funzione protettiva che ci portiamo dietro da millenni; permette, a fronte di uno stimolo sconosciuto e sconfortante, di prepararsi ad una risposta reattiva, di fight/flight, per fuggire o combattere contro un eventuale predatore o generica minaccia (Koch, 1998).

La capacità di percepire in modo accurato gli eventi ambientali, e di rispondere adeguatamente agli stessi, è un elemento essenziale per tenere un comportamento adattivo, in quanto facilita un’attivazione rapida ed efficiente delle funzioni necessarie per regolare l’attenzione, la memoria di lavoro e le risposte comportamentali (Mueller-Pfeiffer, 2013). Ma pensiamo a quando si crea, frequentemente, una risposta reattiva ad uno stimolo ambientale potenzialmente minaccioso, e come questo influenzi fisiologicamente e psichicamente chi lo vive. Magari tutti i giorni.

Bisogna ricordare, nel parlare di stimoli salienti, il concetto di condizionamento alla paura. Tale costrutto, teorizzato da Pavlov nei primi anni del ‘900, espone una modalità di reazione che è potenzialmente adattiva, per cui all’abbinamento ripetuto di uno stimolo inizialmente neutrale (come può essere un suono forte e improvviso) con uno stimolo che può essere intrinsecamente avversivo (come un aumento del battito cardiaco, sudorazione, arousal muscolare), produrrà un’associazione che genererà una risposta negativa automatica alla presentazione dello stimolo inizialmente neutrale. Ed ecco quindi come, nel momento in cui, ripetutamente, si vive l’esperienza di essere indirizzati da un suono forte e non richiesto, fisiologicamente parlando la risposta sarà quella di un improvviso allarme, preparazione alla fuga, preoccupazione mentale, rabbia, frustrazione. Tutti questi elementi andranno a consolidarsi nella memoria di lavoro e genereranno un pattern di pensiero che porterà ad associare l’evento scatenante ad una risposta di stress e ansia.

Ciò accade in quanto una delle aree cerebrali centrali coinvolte in questo processo è l’amigdala, criticamente coinvolta nell’espressione della paura condizionata, attraverso la sua diretta proiezione sui nuclei del tronco encefalico, coinvolti nella mediazione delle risposte di “startle”.
L’amigdala è il nucleo centrale che crea le associazioni tra emozioni e memorie; dunque, quando viene attivata attraverso reazioni di paura in determinati contesti condizionati, l’amigdala genererà tracce mnestiche che porteranno, anche in futuro, ad associare un luogo e un tempo ad un’esperienza in cui si è percepito un rischio, anche solo potenziale.

Ogni volta che vado a correre, nel parco dietro a casa, ricevo almeno un colpo di clacson da qualche simpatico signore. Ogni volta non solo interrompo il mio ritmo di corsa raggiunto (che, per chi come me non è un’animale da maratona, saprà quanto è importante e difficile da mantenere).
Mi viene un colpo al cuore, ogni volta. Inizio a sudare più forte, ho la tachicardia, respiro corto. Inizio a correre più velocemente, ma in maniera più sforzata, non concentrandomi più sull’attività ma sulla fuga.

Finisce sempre che mi fermo, qualche centinaio di metri più avanti, quando mi sento al sicuro in una strada chiusa, ansimante, incazzata e frustrata come non mai.
Ma tu che mi hai suonato, volevi solo scherzare vero?

Cerchiamo di capire, senza scendere in specificità da articolo scientifico, quelle che sono le reazioni che i nostri comportamenti generano non solo nella psiche delle altre persone, ma anche nei loro corpi. La percezione di ansia e paura che vengono prodotte da suoni forti, improvvisi, non richiesti e indirizzati alla propria persona in un momento di potenziale vulnerabilità, come quando si cammina per strada, generano non solo il tipico sussulto da stimolo improvviso, con tutto quello che ne deriva a livello corporeo; producono anche un condizionamento, un apprendimento, per cui io, in quanto donna, imparo che, se vado a correre da sola alla mattina al parco, mi trovo in una situazione di potenziale minaccia. Imparo che se percorro quel tratto di strada al buio, qualcosa di brutto potrebbe succedermi. Imparo che il mondo è un luogo pericoloso, popolato da mostri, che mi porto dietro tutta la vita e tramanderò a chi verrà dopo di me.

E tutto perché non riesci a tenere le mani lontane da quel clacson e i tuoi apprezzamenti dentro le mura della tua mente.

Ogni azione ha una conseguenza.
Lo ha già detto molto bene Lorenz con la teorizzazione dell’effetto della farfalla3: un battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo (Lorenz, 2000).
“Dalla condotta di alcuni, dipende il destino di tutti”, diceva Alessandro Magno.
E forse è bene ricordarlo.