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Verso una scuola innovativa orientata a disegnare una nuova concezione e organizzazione dei saperi

Verso una scuola innovativa orientata a disegnare una nuova concezione e organizzazione dei saperi

La società contemporanea presenta una serie di sfide che investono il campo politico, economico, sociale, etico, culturale, scientifico-tecnologico. A queste sfide è chiamata a dare una risposta importante la scuola innovativa, al passo coi tempi e in grado di mettere in campo una nuova concezione ed organizzazione del sapere e dei saperi, ivi compresa la ridefinizione del ruolo e del profilo professionale dei docenti.

In questa prospettiva, la sua funzione è quella di sviluppare, in termini educativi e in modo attivo, le potenzialità dei singoli alunni, nel campo del Sapere, del Saper fare e del Saper essere, competenze che hanno senso, significato e valore, se tale sviluppo si armonizza col rapporto interpersonale positivo col mondo degli altri e col bene comune.

A tal fine è bene tener presenti alcuni nuclei fondanti, che devono ispirare ogni agenzia educativa e la scuola, in particolare, la quale deve promuovere, non solo l’acquisizione di conoscenze e abilità, legate alle discipline (Obiettivi di Apprendimento), compresi i saperi tecnologici, ma, anche e soprattutto, lo sviluppo dell’identità e dell’autonomia degli alunni, l’educazione dellintelligenza emotivoaffettivail rispetto delle regole e degli altri, con un relativo impegno etico (Traguardi di Sviluppo), nella consapevolezza che il percorso scolastico non è, mai, lineare, ma presenta una serie di difficoltà e intoppi, per cui diventa normale compiere degli errori. Cerchiamo, ora, di sintetizzare, brevemente, il significato degli elementi di valore, sopra elencati, che caratterizzano l’azione didattico-educativa della scuola e ne evidenziano l’aspetto innovativo.

I NUCLEI FONDANTI DI RIFERIMENTO

In primo luogo, la scuola che funziona è quella che attiva, negli allievi, processi centrati sulla conquista dell’identità e dell’autonomia personale; una scuola, cioè, che educa al saper pensare con la propria testa, al “secondo me” (esigenza espressiva degli alunni), facendo tesoro del bagaglio culturale appreso, per orientarsi e scegliere la strada da percorrere, nel campo dello studio, del lavoro e della vita, in genere. Ciò significa che gli alunni, in un ambiente così stimolante e coinvolgente, devono essere in grado di sentirsi liberi di esprimersi, di manifestare le loro capacità critiche, di esternare le proprie idee, di dare suggerimenti, di esprimere e comunicare le cose, il gusto per le cose belle, buone e giuste, di partecipare attivamente alla soluzione dei problemi, a costruire, su quello che sanno, altri saperi.

La nuova scuola non può essere, perciò, una scuola, chiusa in una torre d’avorio, bulimica di nozioni e anoressica di emozioni, una scuola senz’anima, come afferma Edgard Morin, ma una comunità democratica, in cui circolino flussi comunicativi empatici, in cui campeggi l’educazione alla curiosità, all’inventiva, alla scoperta, alla felicità, alla fantasia creativa, alla speranza, alla piena comprensione ed accettazione del mondo proprio, ma anche della realtà esistenziale degli altri. Una precisa riflessione, su tale argomento, riguarda la necessità che le nuove generazioni non possono vivere in un ambiente asettico, sterile, come in un deserto di tristezza, ma in un contesto in cui le conoscenze, i contenuti, i saperi, in quanto vie d’accesso all’inclusione e alla partecipazione sociale, divengano “sentimento e ascolto di sé, come premessa utile per approcciarsi all’altro” (Daniel Goleman 1996), e occasione utile, inoltre, per l’apertura della propria cultura al confronto con altre culture.

Alfabetizzazione emotiva a scuola

Ne consegue, a questo punto, la necessità che la scuola, attraverso una progettualità mirata, debba promuovere un’operazione di alfabetizzazione emotiva, in cui l’empatia diventi un vero e proprio radar sociale, che produce, tra gli alunni e tra gli alunni e l’insegnante, uno spazio sociale di incontro, di dialogo, di “scambio di doni”, in grado di garantire una crescita serena ed equilibrata, una condizione di ben-essere, al suo interno, superando le varie situazione di malessere e di disagio, che affliggono, sempre più spesso, i bambini, i ragazzi e i giovani di oggi.

Un altro aspetto da considerare e da valutare, a livello educativo, è la consapevolezza, da parte dello studente, che qualsiasi comportamento o scelta di vita, non può prescindere dal rispetto delle regole che lo disciplinano. Per citare un semplice esempio, basti pensare alla dimensione formativa di un gioco organizzato o di qualsiasi attività sportiva, che esigono, sempre, il rispetto di precise norme esecutive: infatti, se si vuole risolvere una situazione problematica, come il superamento di un ostacolo, durante una gara, per fronteggiare la prova, è necessario rispettare alcune regole, che disciplinano la correttezza dell’esecuzione. Nei giochi di squadra, inoltre, la validità dell’azione è determinata dal confronto leale, che si basa sul rispetto del regolamento e degli avversari.

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L’importanza dell’errore

In una società, come quella attuale, che esalta non tanto l’arte di vivere, quanto il perfezionismo, l’efficienza e la competitività, che non concede pause e demonizza l’errore, la scuola deve essere in grado, invece, di proporsi come luogo in cui lo studente, nel suo processo di apprendimento, deve poter prendersi il lusso di sbagliare e di commettere errori, nella consapevolezza che, il percorso personale di crescita, maturazione e sviluppo presenta, inevitabilmente, arresti, ostacoli, inciampi, cadute, per cui egli deve mettere in campo le energie necessarie per un’azione di correzione, recupero, ripresa e rafforzamento.

Un’ultima caratteristica da sottolineare riguarda la centralità della tecnologia, nel processo storico di modernizzazione che, ormai, è entrata, a pieno titolo, nel quadro dei saperi irrinunciabili, in quanto mezzo privilegiato della comunicazione multimediale, che caratterizza il vero focus del rinnovamento sociale e pedagogico-culturale della contemporaneità.

Per la rilevanza che essa assume, ormai, all’interno del curricolo formativo, si impone, perciò, una capacità di reale comprensione, accettazione e controllo, da parte degli insegnanti, i quali devono essere in grado di gestire e padroneggiare, in modo corretto, questa opportunità, evitando che il fenomeno venga subito, come un consumo passivo e acritico, da parte degli alunni.

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IL NUOVO RUOLO DELL’INSEGNANTE

In questo contesto una scuola, autenticamente innovativa, deve assicurare le necessarie condizioni perché gli insegnanti non siano solo travasatori di saperi, seguendo il solco della scuola tradizionale, ma operino in una dimensione allargata e potenziata (di tipo multilaterale e polivalente), rispetto al passato, coniugando l’apporto vitaminico della cultura e dell’istruzione (conoscenze e abilità, che rappresentano la base del sapere e del saper fare) con l’educazione alle competenze per la vita (life skills), che abbiano, come traguardo di sviluppo il saper essere al mondo e, quindi, la massima umanizzazione delle future generazioni.

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Dalla scuola del sapere e saper fare alla scuola come palestra del saper essere

La nuova scuola deve assicurare le necessarie condizioni perché gli insegnanti non si limitino a trasmettere i saperi disciplinari, seguendo il solco della scuola tradizionale, ma operino in una dimensione allargata e potenziata, di tipo multilaterale e polivalente, coniugando l’apporto vitaminico della cultura e dell’istruzione (conoscenze e abilità, che rappresentano la base del sapere e del saper fare) con l’educazione alle competenze per la vita (life skills), che abbiano, come traguardo di sviluppo, il saper essere al mondo e, quindi, la massima umanizzazione delle future generazioni.

È perciò necessario che l’insegnante disponga di un adeguato orientamento “attitudinale”, accompagnato dalle necessarie componenti motivazionali, etiche, vocazionali e deontologiche.

Le competenze dell’insegnante 

La professionalità pedagogica si configura, inoltre, secondo due principali caratteristiche: la plasticità, come capacità di adeguarsi ai cambiamenti, senza, tuttavia adeguarvisi e appiattirvisi acriticamente, e la dinamicità, come capacità di arricchire lo “zoccolo duro” delle competenze antiche con quelle nuove ed emergenti, derivate dagli sviluppi scientifici e delle pratiche pedagogiche nei differenti contesti e luoghi educativi. Tali competenze devono essere, inoltre, accompagnate da una importante disponibilità alla ricerca, alla capacità di adattarsi all’imprevisto, di rivisitare la propria professionalità, di esplorare rinnovati stimoli culturali.

In questa prospettiva, il professionista in campo educativo ha bisogno di padroneggiare abilità e competenze, che gli consentano di decifrare i bisogni dei soggetti e dei luoghi educativi, di valutare i soggetti in-formazione, con cui interagisce (competenza cardine della professionalità), di gestire, costruire, sostenere la relazione con loro, ma valorizzare, anche, le varie risorse del contesto, del territorio e di culture diverse.

In definitiva, l’insegnante può essere considerato competente “non tanto perché possiede le teorie (le conoscenze (know that), le procedure e le abilità (know how) , necessarie a svolgere il proprio lavoro in maniera eccellente […] quanto perché queste teorie e procedure non restano strumentali e oggettivate, altro da noi, ma sono il nostro attuale modo di essere, quello che siamo e che vogliamo essere” (Bertagna).

Esse, in definitiva, caratterizzano la nostra dimensione multidimensionale, che ci pone, anche, le fondamentali domande sul significato/valore del personale impegno educativo, e della realtà esistenziale in genere, rispetto ai motivi, alle scelte, alle possibilità d’azione che, con  terminologia anglosassone, viene definita col termine “know-why” (il perché dell’andare). In stretta connessione con questa domanda si pone anche l’altra domanda, riguardante la necessità di sapere qual è l’orizzonte verso il quale è necessario orientarsi e dirigersi, “know-where” (dove vogliamo andare). Si tratta delle domande che ci impone la vita e, perciò, anche la scuola.