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L’epidemia della solitudine

L’epidemia della solitudine

Una celebre frase recita “l’uomo è un animale sociale”: già Aristotele nel IV secolo A.C. riconosceva all’uomo il bisogno alla socialità, per maggiore protezione vicendevole, aiuto nella costruzione di rifugi, per la caccia ecc…. Ricerche contemporanee avvalorano quanto affermato dal filosofo: lo sviluppo cerebrale del primato all’uomo moderno ha seguito il filo del gioco sociale, ovvero confrontarsi, comprendere, prevenire l’altro; pur di appartenere ad un gruppo.

Se, da una parte la tecnologia isola l’uomo, dall’altra invece ne agevola le relazioni, specie quelle a distanza (basti pensare alla chat, ai social, alle video chiamate).

Anche l’isolamento in sé è dicotomico! Ad esempio la lingua inglese distingue:

–  Solitude: ovvero quel momento in cui ci si isola per ritrovare la propria intimità, se stessi. “La solitudine è per me una fonte di guarigione che rende la mia vita degna di essere vissuta. Il parlare è spesso un tormento per me e ho bisogno di molti giorni di silenzio per ricoverarmi dalla futilità delle parole”. (C.G. jung)

–  Loneliness: l’isolamento vissuto come qualcosa di negativo.

Cos’è la solitudine?

Anche in ambito psicologico la solitudine ha un significato dualistico. Il lato positivo della condizione è persino costruttivo, ma se mal gestista prende un’accezione negativa: sociopatia, disturbo schizoide, disturbo da sindrome di Hikikomori.


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La solitudine può inoltre essere interiore o esteriore:

  1. Solitudine interiore: è la forma più  grave, non è altro che la sensazione di vuoto interno, ove seppure circondati dall’affetto di persone care ci si sente comunque soli, incompresi. La sua durata è piuttosto variabile nel tempo e spesso si ricorre ad un professionista data la sua insostenibilità.
  2. Solitudine esteriore: è quel preciso momento della vita in cui si avverte la necessità di isolarsi dagli altri, ma la sua durata è veramente irrisoria e del tutto passeggera. Quindi possiamo dire che sia una tipologia di solitudine desiderata, ove ci si riscopre.

Quali sintomatologie

Le sintomatologie che non devono essere sottovalutate, ma anzi ascoltate sono:

  • Paura del giudizio altrui,
  • Senso di inferiorità e di insicurezza di fronte agli altri,
  • Sensazione di un vuoto interiore,
  • Abbassamento delle difese immunitarie e quindi ricadute in malanni,
  • Insonnia,
  • Aritmie e ipertensione.

La solitudine in Italia

In Italia, i disturbi legati alla solitudine ed all’isolamento sono in continuo aumento. Un noto detto recita “L’Italia popolo di santi, poeti e navigatori” a quest’elenco l’Eurostat aggiunge “…di persone sole”.

Secondo i dati statistici, infatti, un italiano su otto prova solitudine: media percentuale doppia rispetto a quella europea. La solitudine non la si prova solamente quando si finisce una relazione, quando si parte per una nuova città oppure ancora quando si rimane soli a casa, ma ci si sente soli anche quando si è accerchiati da decine di persone tra cui affetti ed amici. In questo caso si avverte la sensazione di non essere compresi, di sentirsi diversi, mancanza di fiducia e così via.

La solitudine a lungo andare apre un circolo vizioso ove solitudine e ritiro sociale si influenzano vicendevolmente: iperattivazione del sistema di allarme governato dall’amigdala.

Studi dimostrano che la condizione economica, che porta alla povertà ed all’esclusione sociale, abbia una maggiore incisione sull’isolamento e quindi sulla solitudine. Altro fattore che interessa gli over 16 è la mancanza di una figura di riferimento e di fiducia rispetto ai propri problemi.

Come superarla

Lo Psicologo Andrea Biasioni condivide un messaggio di self-help per accettarla e combatterla. Innanzitutto è davvero errato associare il nostro star bene ad una specifica persona o ad una condizione: “Quanto più siamo in grado di autogovernarci e di trovare risorse interiori per vivere la quotidianità, tanto meno le circostanze possono avere effetto su di noi”.

È fondamentale riconoscere il nostro stato di solitudine ed accettarlo prima ancora di combatterlo. È possibile che la nostra coscienza, proprio in quel periodo, abbia bisogno di momenti di silenzio interiore, ottenibili grazie alla solitudine e alla capacità che ne deriva di affinamento della propria sensibilità. Inoltre dovremo imparare a trarre opportunità dall’ambiente circostante, aumentando il grado di estroversione. Sarebbe utile contattare persone, amici e parenti i cui contatti nel tempo si sono indeboliti e/o persi: il confronto è davvero cosa utile per capire che non siamo gli unici ad avere un dato problema, magari potremmo prendere spunto su un eventuale risoluzione o riceve un aiuto sincero ad uscire fuori dalla nostra condizione che ci tormenta.

Potremmo dedicarci ad esempio a cose mai fatte e mai sperimentate che potrebbero portarci a sviluppare nuove passioni o riscoprire proprie capacità di cui non se ne aveva contezza (a questo proposito, suggeriamo la lettura del libro di Chiara Gamberale “Per 10 minuti”).

Altro suggerimento sarebbe quello di dedicarsi ad aiutare gli altri, ed indirettamente riceve una “guarigione” interna, un esempio potrebbe essere fare del volontariato.

Nel caso in cui questo senso di solitudine si protrai nel tempo, bisogna fare attenzione e chiedere l’intervento di uno Psicologo!

Concludo con una frase di Vittorino Andreoli, noto Medico, Psichiatra, Neurofarmacologo e noto scrittore: “la vita umana non è solitudine ma condivisione, appartenenza, attaccamento”.

Letture consigliate

  • “Nelle terre estreme” (di J. Krakauer): tratto da una storia vera ove il giovane protagonista, appartenente ad una famiglia borghese decide di allontanarsi da quel mondo e ritrovare se stesso.
  • “Chiaroscuro” (di R. Leilani): la protagonista, afroamericana, prova solitudine dettata dal suo modo di sentirsi diversa e oggetto di giudizi negativi da parte degli altri.
  • “Il mio anno di riposo e oblio” (di O. Moshfegh): la protagonista stanca e insoddisfatta di qualunque cosa le accada, decide di smettere di vivere, scegliendo il sonno…l’oblio, per un anno.