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La cura educativa: tra medicina e amore pedagogico

La cura educativa: tra medicina e amore pedagogico

Negli ultimi anni, si è molto sentito parlare di cura educativa, anche se espressamente in ambito medico, senza tener conto del fatto che essa sia un tema molto importante da trattare anche in ambito pedagogico.

La relazione medico-paziente

Come sottolineato dal bioetico e professore di etica e medicina Edmund Daniel Pellegrino nel suo testo “The Internal Morality of Clinical Medicine”, il paziente si trova al centro della cura proprio perché la relazione medico-paziente costituisce il “punto omega della medicina”, in cui convergono tutte le attività professionali, diagnostiche e terapeutiche e di ricerca, di apprendimento, di insegnamento, di aggiornamento dei singoli medici e attorno al quale ruota tutto il sistema sanitario.

Da qui si evince come l’autore metta in luce il rapporto tra medico e paziente, facendo riferimento a quella relazione simbiotica. Difatti, la relazione che il medico instaura col paziente riguarda un’alleanza di fiducia, in quanto l’esperienza clinica segna il vissuto del paziente in primis e, in secondo luogo, del medico che dovrà operare affinché il paziente possa sconfiggere la malattia.

In questo caso, il medico assiste il paziente, lo aiuta offrendogli le sue conoscenze e rivolgendogli la sua attenzione; dal canto suo, il paziente, si affida al medico, chinandosi sotto il peso della sua sofferenza. Questo concetto serve a comprendere quanto la relazione tra due persone sia significativamente importante, sia tra medico e paziente, sia tra educatore ed educando. Sia l’educando che il paziente sono persone che si trovano al centro della cura, al centro di quella relazione che li rende simbioticamente uniti.

La cura educativa in ambito pedagogico

In ambito pedagogico, quando si parla della cura educativa, si fa riferimento a tutta una serie di presupposti che possano aiutare i professionisti a comprendere l’approccio da usare nell’ambito della relazione educativa.

La cura educativa riguarda i rapporti interpersonali e si esplica nell’ “aver-cura di”, come per spiegare il suo intento. Curare l’altro, rifocillarlo dai suoi problemi, far sentire di esserci. Ecco, l’arte della presenza, in talune circostanze, sembra essere un punto focale nelle relazioni interpersonali, quasi a sigillare una sorta di patto tra due persone – in questo caso l’educatore e l’educando -, come i medici che stringono un patto con i pazienti, si alleano per distruggere il nemico comune, ovvero la malattia.

La cura non è mai solo cura di sé, ma anche per gli altri. Il concetto di cura compare con Socrate, suo sostenitore: egli, difatti, intende il concetto di cura come “fare educazione”, per dar forma all’uomo. La cura si rivolge all’uomo, al suo benessere psico-fisico e si attua nella reciprocità con l’altro.

Essere per l’altro, dunque, è uno dei temi cruciali della cura educativa, nella quale si mettono a disposizione quelli che sono gli strumenti di cui ogni educatore dispone per far fronte alle esigenze dell’educando.

Comunicazione empatica e ascolto attivo nella cura educativa

Anche l’empatia gioca un ruolo decisivo, in quanto per curare l’altro, è necessario “sentirlo”, percepirlo e comprenderne gli stati emotivi. Questo punto si fonda, principalmente, sulla consapevolezza che per formare è necessario comunicare in modo efficace, così da mettere tutti nella condizione di potersi esprimere, e soprattutto ridurre tutti quelli che possono essere gli ostacoli alla comunicazione stessa.

Oltre a comunicare è necessario saper ascoltare, in quanto grazie all’ascolto, si può stabilire una relazione educativa stabile, ma soprattutto “veritiera”, a maggior ragione quando ci si pone all’altro e lo si ascolta attivamente.

Ecco perché un ruolo molto importante è dato all’ascolto attivo, il quale dev’essere improntato all’ascolto empatico e soprattutto deve essere “utilizzato” per comprendere i bisogni dell’interlocutore, gli obiettivo che si propone di raggiungere, se c’è qualcosa che lo preoccupa ma che, al contempo, non riesce ad aprirsi, a fidarsi: questi sono i punti cardini a cui l’educatore deve fare riferimento nella relazione educativa.

Inoltre, l’ascolto attivo permette di notare quegli atteggiamenti a cui solitamente non si fa caso, come ad esempio la postura del corpo, la mimica facciale, i movimenti del corpo involontari che permettono di comprendere lo stato della persona: difatti il linguaggio del corpo, sebbene spesso difficile da comprendere, può diventare uno strumento efficace per decodificare gli stati d’animo dell’interlocutore e, di conseguenza, capirne gli stati emotivi. Ne è un esempio il tono della voce, che può cambiare a seconda delle emozioni provate dall’interlocutore.

Durante l’ascolto attivo, è importante tenere a mente dei comportamenti da non fare, nel momento in cui si ha di fronte l’interlocutore. Uno di questi è il descrivere gli stati d’animo di chi si ha davanti senza giudicare, proprio perché al centro della relazione educativa il rapporto tra le due parti dev’essere congruo e professionale ma al tempo stesso umano. Dunque, essere per l’altro significa mettersi in gioco sia dal punto di vista professionale, ma anche dal punto di vista umano.


Il ruolo centrale dell’ascolto e dell’empatia in ogni forma di relazione (incluse quella di cura e quella pedagogica) è approfondito nel corso online Come migliorare la comunicazione e l’ascolto empatico.