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In principio era la relazione: l’importanza dell’ascolto

In principio era la relazione: l’importanza dell’ascolto

L’uomo è un essere sociale per natura, che ha bisogno dell’altro come parte costitutiva di se stesso. La dimensione relazionale è connaturata all’esistenza umana. L’uomo non è destinato a stare da solo, in quanto non è una monade isolata, ma a stare in un sistema di relazioni interpersonali. Ciò su cui si gioca la vita di tutti è la relazione, il rapporto che viene instaurato tra le persone. Vivere significa educare se stessi ad entrare in relazione.

È proprio la relazione a permetterci di essere noi stessi, a renderci consapevoli di essere vivi: la vera relazione personale può aver luogo soltanto nell’incontro con il “Tu”.

La relazione non è una semplice caratteristica dell’essere umano, bensì il costitutivo stesso della persona, è lo spazio nel quale i due termini della relazione sono coinvolti in un dialogo autentico che favorisce il riconoscimento ed il rispetto dell’altro, promuovendo un cammino di crescita verso la piena umanizzazione.

Un tipo particolare di relazione umana: la relazione d’aiuto

La relazione d’aiuto trova la sua ragion d’essere nella natura relazionale dell’uomo, nella responsabilità etica che lega l’uomo all’altro uomo. La comunicazione educativa affonda le proprie radici in una caratteristica fondamentale dell’esistenza umana, ovvero la dialogicità.

Per essere tale, è necessario che questa sia, in primo luogo, una relazione, uno spazio dialogico ed intersoggettivo dove si estende il regno dell’Inter-umano. Non si propone come la ricezione di contributi materiali, di indicazioni, di direttive, di meri consigli, bensì come strumento di libertà, volta ad incrementare l’autonomia del soggetto. Si propone obiettivi di crescita centrati sulla prevenzione, sulla promozione del benessere e sulla piena realizzazione del soggetto in una prospettiva olistica, ovvero nella considerazione di tutte le dimensioni della persona.

La relazione d’aiuto è centrata sul “prendersi cura”, segue la logica del “farsi carico”, del “I Care”, dove il “mi importa”, “mi sta a cuore” indica il sentirsi responsabili e coinvolti nella situazione dell’altro. Essa può essere paragonata al lavoro di un giardiniere coscienzioso ed attento, che cura la sua piccola pianta con premura, cercando di farla crescere, dandole ciò di cui necessita in base ai suoi bisogni individuali. Un buon giardiniere è consapevole del fatto che la piccola pianta debba crescere da sola, senza essere asfissiata e sa che, quando questa sarà diventato un albero, non avrà più bisogno del suo supporto.

Nella relazione d’aiuto avviene la stessa cosa: la finalità può venire riassunta esaustivamente nell’espressione “aiutare la persona ad aiutarsi”, fornendo gli strumenti per favorire la crescita della libertà decisionale in colui che viene a chiedere aiuto.

La relazione d’aiuto si traduce, quindi, in una strategia di intervento volta ad aiutare la persona in stato di disagio a definire il problema e ad imparare a gestirlo, facendo emergere le sue risorse personali e la capacità di riconoscerle ed adoperarle per affrontare il percorso che può portarlo alla realizzazione del proprio progetto personale, all’azione per il cambiamento.

La reciprocità nella relazione d’aiuto

Come si traduce l’incontro tra le persone coinvolte? Si tratta di un viaggio: grazie all’accompagnamento della figura professionale, che tende la propria mano, la persona in difficoltà si ricostruisce all’interno di sé una propria modalità per camminare da solo, in quanto viene promosso il risveglio dell’interiorità profonda, così da non rimanere passivo di fronte agli eventi della vita, ma da raggiungere una certa intenzionalità.

In cosa si concretizza, dunque, tale relazione d’aiuto? In un rapporto improntato alla reciprocità, all’interno del quale sono i soggetti coinvolti a scoprire che ciascuno, nella sua irripetibilità, è portatore di un dono.

Si fonda su una visione positiva dell’uomo e delle sue capacità; essa si rivela uno strumento pedagogico, una modalità di creare interesse, impegno, attenzione.

Il fulcro dell’intervento è l’uomo, non il problema: al centro del processo d’aiuto c’è la persona.

L’aiuto da parte della figura professionale si rivolge non già al fornire risposte all’utente, bensì nell’ascoltare e nell’aiutare ad ascoltarsi. Tale compito si traduce nell’accompagnamento della persona che vive un disagio. L’aiuto è un processo che ha lo scopo di produrre un cambiamento nel modo di valutare ed affrontare i problemi, di prevenire la cronicizzazione del bisogno, di promuovere iniziative di solidarietà sociale.

Il focus della relazione d’aiuto si posa sia sugli aspetti verbali e di contenuto sia su quelli non verbali. Il focus è sull’hic et nunc, sul “qui ed ora”, sull’esplorazione dei sentimenti e delle emozioni vissute, sulle percezioni, sulle fantasie e sui sogni del soggetto. Il professionista della relazione d’aiuto deve porsi in una posizione di ascolto, in modo da spingere l’utente a passare dall’aspettativa all’iniziativa.

Il ruolo fondamentale dell’ascolto

Non può esistere una relazione – e, a maggior ragione, d’aiuto – se alla base non c’è l’ascolto.

L’ascolto richiede sempre, in qualunque circostanza, l’alterità. Esso non è soltanto una funzione fisiologica legata all’organo di senso, ma è parte del processo di comunicazione, poiché è un atto intenzionale, che non si improvvisa. È un’arte antica, che bisogna imparare e praticare sin dalla prima infanzia.

L’ascolto nasce con il riconoscimento della natura pensante e desiderante del soggetto considerato una persona unica ed irripetibile. Il filosofo Zenone di Elea affermava che all’uomo sono state date due orecchie, ma solo una bocca, perché potesse ascoltare di più e parlare di meno.

Ma cosa significa ascoltare? Ascoltare deriva da “auscultare”, cioè sentire con delicatezza e cura, cercare la verità dell’altro, tenerla nella dovuta considerazione, accogliere l’altro nella propria dimensione.

L’ascolto è lo strumento di elezione mediante il quale le persone possono esprimere opinioni, preoccupazioni, nonché denunciare situazioni lesive della propria integrità.

All’interno della relazione d’aiuto, un ruolo fondamentale è svolto dall’ascolto delle emozioni: non bisogna fermarsi alla superficie delle parole usate, ma cogliere il cuore dei significati trasmessi tramite il tono della voce, un silenzio, un pianto, perché le emozioni hanno un grande potere comunicativo.

Bisogna saper ascoltare il linguaggio silenzioso dei gesti, riconoscere, decifrare correttamente i segnali non verbali, come la prossemica, la postura, il movimento, poiché in essi molto spesso, più che nelle parole, risiedono i sentimenti e le emozioni più profonde.


Il corso online Come migliorare la comunicazione e l’ascolto empatico approfondisce il ruolo fondamentale dell’ascolto in ogni tipo di relazione, inclusa quella d’aiuto. Il seminario gratuito online Principi di PNL: La comunicazione efficace nella relazione di cura tratta, invece, dell’importanza del saper “ascoltare” non solo il linguaggio verbale ma anche quello non verbale, in particolar modo nella relazione di cura.


Emozioni e ascolto

L’ascolto autentico è il principio dinamico del dialogo. Esso deve essere:

  • accettante,
  • avalutativo,
  • collaborativo,
  • attivo,
  • empatico.

L’ascolto, dunque, non deve essere inteso come un mero scambio di informazioni, bensì un ascolto che esige una prassi, strettamente legato all’azione.

Il cuore è il luogo dell’ascolto fecondo: una parola viene non soltanto ascoltata, ma custodita nel cuore quando se ne attende il compimento. L’ascolto è una forma d’amore, un modo per esprimere all’altro che ciò che dice ha un valore, è interessante e non svanisce nel nulla.

Esso consiste nello smettere di parlare e di fare, nel lasciare che l’altro possa manifestarsi, nel fargli spazio per esprimersi. Parlando, infatti, facciamo fuoriuscire ciò che era chiuso in noi, e attraverso l’espressione si produce una scarica di tensione liberatoria. L’ascolto è un processo di apprendimento, di arricchimento e di ampliamento della coscienza. Parlare significa espellere il pesante fardello di pensieri, ascoltare significa fare silenzio interiore.

Sir Winston Churchill affermava: “Il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare; il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi ed ascoltare”.

Nella comunicazione l’aspetto più importante è ascoltare ciò che non viene detto. Non bisogna concentrarsi su ciò che l’altro dice, ma sul modo in cui lo dice: è contento, angosciato o arrabbiato? Lo si noterà dalle sue emozioni; si potranno capire tante sfumature di quella persona e si potrà agire di conseguenza.

Innanzitutto l’emozione e, soltanto dopo, la comprensione.