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Il Pentolino di Antonino

Il Pentolino di Antonino

Il pentolino di Antonino” (La Petite Casserole d’Anatole, in lingua originale) è un albo illustrato, nato dalla abile e delicata penna di Isabelle Carrier, autrice e illustratrice di libri per bambini e ragazzi.

Uscito in Francia nel 2009, è stato tradotto da Kite Edizioni in Italia, nel 2011.

Si tratta di un albo utile a casa, a scuola, negli asili, per parlare di inclusione, resilienza e co-educazione. La lettura de “Il pentolino di Antonino” aiuta a favorire il ripensamento di alcune pratiche di relazioni fra insegnanti, bambini e genitori.

Il pentolino di Antonino

Il piccolo e tenero ippopotamo Antonino trascina dietro di sé il suo pentolino, giorno e notte. “Gli è caduto sulla testa” improvvisamente, “Non si sa bene il perché”, scrive l’autrice. Ma questo pentolino di grande impaccio e che qualche volte gli complica la vita non gli impedisce di esprimere comunque tutte le sue potenzialità.

Antonino si arrabbia, piange, si fa male… finché alla fine scopre che ci sono anche persone straordinarie intorno a lui che possono aiutarlo ad accettare il suo pentolino e le difficoltà che porta con sé e a trovare gli strumenti utili per riuscire da solo a gestire il suo fardello.

Perché Isabelle Carrier sceglie gli ippopotami come protagonisti del suo albo?

Perché questi animali appaiono come goffi, impacciati, poco delicati. Sono animali in cui ci si può immedesimare, se ci si sente diversi, imbarazzati per qualche piccolo “pentolino” che ci si trascina dietro con sofferenza.

Cosa insegna la storia di Antonino

Cosa insegna questa stupenda storia? Che le difficoltà non possono essere cancellate. Sono lì. Ma ciò che noi possiamo fare, anche chiedendo aiuto, è trovare una soluzione, un modo che ci si confà, per continuare a vivere ed esprimere tutte le nostre potenzialità. La soluzione giusta per godere comunque della vita e percepire di essa tutto ciò che di bello può sempre dare.

Questo libro, scritto per i bambini, insegna anche agli adulti.

Insegna agli educatori, in particolar modo. Ai genitori e agli insegnanti. Dice loro che se si guardasse maggiormente alle caratteristiche positive, ai talenti di ciascun bambino, si potrebbe riuscire a incoraggiare, motivare, sostenere il vero processo di educazione inteso nell’accezione di ex-ducere: tirare fuori, appunto. Il processo di valorizzazione dei punti di forza, degli atteggiamenti, della sicurezza di ciascun bambino e di ciascuna bambina che ci capita accanto. Il piccolo che avrà scoperto le sue personali capacità, al di là del problema (del suo “pentolino”), non si sentirà più frustrato, non sarà più triste, non sarà più solo. Aumenterà la sua autostima e la sua capacità di gestirsi in maniera efficace.


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