La demenza di Alzheimer è sicuramente la forma di deterioramento corticale più comunemente riscontrata all’interno della popolazione anziana. Il primo caso di questa patologia fu descritto agli inizi del secolo scorso dal medico tedesco Alois Alzheimer, il quale osservò il caso di una donna di cinquantuno anni, Augusta Deter, che presentava i disturbi mnesici tipici di questa malattia.
La demenza di Alzheimer viene caratterizzata inizialmente da difficoltà di tipo mnesico. Inizialmente queste difficoltà riguardano la memoria episodica del soggetto e quindi quella concernente gli eventi appena trascorsi. In seguito essa comporta compromissioni anche riguardanti la memoria di eventi passati.
Nelle fasi più avanzate della malattia, la demenza di Alzheimer è accompagnata da un’atrofia corticale progressiva, con una demielinizzazione diffusa e quindi da un rallentamento nella trasmissione degli impulsi nervosi. Nelle ultime fasi questa malattia è invece accompagnata da un’aprassia ideativa, ovvero da un’estrema difficoltà a compiere i gesti e anche nella pianificazione degli stessi.
Una tipologia di memoria che invece rimane intatta anche nelle ultime fasi della demenza di Alzheimer è la memoria semantica, ovvero quella riguardante la conoscenza delle parole. Infatti, una tecnica con la quale è possibile gestire il paziente con questa patologia, anche nelle fasi più avanzate della malattia, è quella di lasciare a sua disposizione dei foglietti con sopra scritte le istruzioni con cui eseguire le azioni della vita quotidiana.
Un paziente che presenta demenza di Alzheimer può essere affidato alle cure di un caregiver, privato o che si trova nella struttura sanitaria in cui il paziente è inserito.
La vita del caregiver di questi pazienti non è affatto semplice, in quanto essa è contrassegnata dallo stress emotivo.
Cause e strutture patologiche coinvolte nell’Alzheimer
Con il termine “eziologia” si intendono le cause del disturbo. Si può dunque affermare che l’eziopatogenesi di questa malattia è dovuta in primo luogo all’età anziana del soggetto e, in secondo luogo, anche al sesso femminile, in quanto questa patologia si presenta con una maggiore prevalenza nelle donne.
La demenza di Alzheimer colpisce per definizione i soggetti dai 45 ai 90 anni di età. Anche se solitamente la malattia si presenta dai 75 anni circa, alcuni casi possono presentarsi anche più precocemente. In questo caso l’eziopatogenesi è dovuta a fattori di tipo genetico. Infatti, i geni 1, 7, 19 e 21 sono geni coinvolti nell’insorgenza dell’Alzheimer. Il gene 21 è anche quello che nella Sindrome di Down subisce una triplicazione. Infatti, i soggetti con Sindrome di Down hanno una maggior probabilità di manifestare questa demenza.
Le strutture patologiche che provocano l’insorgenza dell’Alzheimer sono essenzialmente:
- le placche senili,
- i grovigli neurofibrillari
- le cellule Tau.
Le placche senili sono formazioni extracellulari formate nella regione centrale da una proteina, detta proteina beta-amiloide, e da fasci assonali della regione periferica.
I grovigli neurofibrillari sono invece anch’essi formazioni extracellulari di forma allungata che varia dai 7 ai 10 millimetri; mentre le cellule Tau sono formazioni normalmente presenti nel cervello dei soggetti sani ma che nel cervello di un soggetto affetto da Alzheimer subiscono delle malformazioni, causando quindi questa patologia.
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Possibili trattamenti
Non è stato ancora scoperto un farmaco in grado di curare definitivamente i sintomi dell’Alzheimer. Tuttavia, sono stati studiati molti interventi per provare a ridurre l’impatto di questa patologia sulla qualità della vita dei soggetti affetti da demenza di Alzheimer. Uno di questi è la Rot, ovvero la Reality orientation therapy, che si propone di promuovere un orientamento efficace nella vita del soggetto.
Sono anche stati individuati alcuni integratori che possono rallentare leggermente il progredire di questa patologia, quali per esempio gli estratti di ginkgo biloba o la memantina.
Sono anche stati studiati molti principi attivi che potranno servire all’individuazione di un farmaco che curi definitivamente la demenza di Alzheimer. Uno di questi principi è il lecanemab, il quale è stato studiato negli ultimi anni. Il lecanemab è un anticorpo monoclonale che è stato umanizzato e che provoca un’immunizzazione passiva nel cervello dei malati affetti da demenza di Alzheimer.
Un altro intervento risultato efficace è la Stimolazione Cognitiva, la quale si propone di individuare alcune tecniche che mirino ad una progressiva stimolazione del cervello di questi pazienti. Una forma di Stimolazione Cognitiva può essere rappresentata dalla musicoterapia, che può essere intesa come un intervento che si manifesta sia con la produzione di suoni, sia con l’ascolto degli stessi.
Un ulteriore studio ha dimostrato che un soggetto può cercare di prevenire l’insorgenza della malattia di Alzheimer mantenendosi sempre attivo, sia dal punto di vista mentale che da quello fisico.
La patologia di Alzheimer è dunque una forma di deterioramento dementigeno molto importante, che è stata studiata da diversi anni e che necessita ancora di diversi studi. Infatti, sono stati individuati interventi volti alla cura (ovvero al trattamento della patologia), ma non ancora per l’effettiva guarigione della demenza di Alzheimer.
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