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Il sonno dei bambini: in viaggio verso la consapevolezza

Il sonno dei bambini: in viaggio verso la consapevolezza

Tra le domande più comuni che i genitori si pongono vi è quella di come far dormire di più e a lungo il proprio bambino. Spesso questo quesito è accompagnato da un equivoco molto diffuso: pensare che il sonno del bambino fra gli 0 e i 3 anni debba adeguarsi a quello degli adulti.

Essere consapevoli di come funziona il sonno dei neonati è molto importante al fine di favorire l’acquisizione di buon ritmo sonno-veglia ed imparare a riconoscere i bisogni del proprio bambino e a risponderne in modo contingente.

Conoscere la fisiologia del sonno

È quindi importante partire da un concetto basilare: il sonno del bambino è diverso da quello degli adulti. Mentre questi ultimi passano un 20% del totale del loro sonno nella fase di sonno leggero (REM), i neonati ne passano circa il 50%. Questo perché il periodo di maturazione delle cellule nervose è compreso dai 0 a 3 anni e, mano a mano che esso rallenta, la quantità e la modalità di sonno degli individui si modifica.

La maturazione degli stati di veglia e sonno inizia durante la gravidanza ed è favorita, oltre da fattori genetici, anche dal benessere psicofisico della madre. Durante la gravidanza gli stati fisiologici sono regolarizzati da un contenimento fisico costante, dall’attenuazione delle esperienze sensoriali e dal flusso ritmico di sostanze nutritive e ormonali (es. i pasti della mamma o la melatonina). Alla nascita, perdendo queste influenze interne, il neonato ha, quindi, bisogno dell’intervento dei genitori per regolare questi stati fisiologici (come pipì, fame, sete).

Un’altra domanda molto comune tra i neo-genitori è: perché il mio bambino si sveglia?

Le cause dei risvegli notturni 

Dobbiamo partire dal presupposto che i “frequenti risvegli notturni” sono comuni a tutti i bambini fino ai 3-4 anni di vita. Alcuni si risvegliano in modo silenzioso e quindi il genitore non se ne rende conto; i figli si riaddormentano in modo autonomo o, in altri casi, con un intervento minimo da parte del genitore (facendo una carezza o con l’aiuto del ciuccio).

La variabilità nel sonno del neonato è dovuta da diversi fattori e, innanzitutto, la genetica: il cronotipo, ossia la preferenza di fascia oraria in cui si tende ad aver bisogno di dormire, si eredita dai propri genitori. Un altro fattore è il temperamento che incide sul sonno del bambino: un bambino con un temperamento più “irregolare” metterà a dura prova il genitore insonne.

Ulteriore causa dei continui risvegli dei bambini è la sleep regression. Le regressioni “temporanee” (nel primo anno di vita sono tantissime) caratterizzano quei periodi in cui il bambino può tornare a svegliarsi più spesso durante la notte ed avere un maggiore bisogno di contatto al risveglio. Sono definite temporanee in quanto legate a specifiche variabili come disturbi fisici transitori (dentini, raffreddore), ma soprattutto in concomitanza a mesi specifici dello sviluppo, legate proprio all’acquisizione di abilità nuove.

Quando si parla di problemi del sonno?

Certamente non nei primi mesi di vita, in quanto i risvegli sono molto frequenti per contatto fisico o nutrimento. Possiamo iniziare a definire un problema del sonno quando la frequenza delle regressioni è più di tre notti a settimana e durano più di un mese. Notare soprattutto se c’è una difficoltà da parte del bambino sia in fase di addormentamento che nel riaddormentarsi in seguito ad un risveglio. È quindi bene tenere a mente che i bambini con disturbi del sonno non sono quelli che si svegliano, ma quelli che non riescono più ad addormentarsi, anche diverse ore dopo essersi svegliati. In questo caso è consigliato prendere in considerazione una consulenza, al fine di mantenere la calma ed evitare di sottoporre il piccolo ad una serie di tentativi di addormentamento senza logica e senza tener conto delle diverse variabili in atto.

L’importanza del contatto fisico

Il bambino, soprattutto nei primi mesi di vita, necessita di CONTATTO FISICO, al fine di sentirsi protetto da stimoli esterni. Il contatto con la mamma lo fa sentire al sicuro: ne riconosce l’odore, il calore e il battito cardiaco. Esso favorisce la sincronizzazione dei ritmi del sonno e la regolazione dello stato di attivazione (arousal) e la produzione dell’ossitocina che oltre ad essere l’ormone dell’amore, facilita il passaggio dalla veglia al sonno e al suo mantenimento.

Attraverso il contatto il bambino, riuscirà a sviluppare le competenze necessarie ad una normale elaborazione emotiva ed i suoi vissuti. Rispondere prontamente ai suoi bisogni, non significa viziarlo, ma costituisce la base per la costruzione dell’autostima e della fiducia degli altri anche in età adulta.

In conclusione, non esiste un “metodo” per far dormire tuo figlio. Tante variabili possono influire sul sonno del bambino, come quelle ambientali, comportamentali, ma soprattutto relazionali (dinamiche familiari, il legame di attaccamento). È importante ricordarsi che non esiste un bambino o una famiglia uguale all’altra o ricette universali su come addormentare i vostri figli.

Conoscere la fisiologia del sonno del nostro bambino rende il genitore maggiormente consapevole e pronto al fornire le cure necessarie per il benessere dei nostri figli.


Il tema della neo-genitorialità è approfondito nel seminario gratuito online Genitori non si nasce o in articoli di approfondimento come Il primo periodo con il neonato.