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Il gioco come scoperta della realtà e come modo di essere bambino

Il gioco come scoperta della realtà e come modo di essere bambino

IL GIOCO E LE SUE FUNZIONI

Il gioco, si sa, è un’esigenza fondamentale comune a tutti gli esseri umani di qualsiasi età, epoca, cultura. In particolare per il bambino non è un semplice trastullo, ma rappresenta l’attività vitale stessa, il suo modo di essere, che gli permette di fare esperienza del proprio corpo e delle sue possibilità di entrare in rapporto con l’ambiente.

Il gioco, nelle sue varie forme ed espressioni, è reso possibile dallo sviluppo della motricità e dall’attività rappresentativa e fantastica e diviene, a sua volta, un mezzo di conoscenza (finestra cognitiva sul mondo), esplorazione e dominio della realtà, nonché un canale comunicativo ed espressivo formidabile con il mondo esterno (mondo delle cose, mondo degli altri).

LA FUNZIONE PEDAGOGICA DEL GIOCO

Il gioco, perciò, svolge un’alta funzione pedagogica: coinvolge la personalità del bambino nella sua totalità esistenziale, mobilitando ed impegnando funzioni di vario tipo, da quella cognitiva a quella emotiva, a quella motoria, a quella creativa, a quella socializzante. L’attività ludico-motoria, in particolare, lega il fanciullo alla situazione fornendogli una sfera d’azione con cui gestire, modificare, alterare, distruggere, ricostruire la situazione stessa.

Si tratta di un’attività che si configura come un vero e proprio tirocinio di vita, che gli permette di misurarsi col suo ambiente e con la realtà, di scoprire la regola del saper fare, del saper essere e del dover essere, di sperimentare il successo o l’insuccesso di ogni azione, di confrontare le personali capacità con quelle dei compagni.

IL GIOCO IN LETTERATURA

Molti studiosi (de Montaigne, Fröbel, Montessori, Huizinga, Groos, Piaget, Freud) hanno affrontato il tema del gioco come strumento irrinunciabile di crescita, maturazione e sviluppo che, come è stato già sottolineato, investe la persona in evoluzione in tutte le sue funzioni (cognitiva, emotivo-affettiva, socio-relazionale, corporea).

Freud considera il gioco come un mezzo insostituibile che permette al bambino le prime grandi acquisizioni culturali e psicologiche (pensieri e sentimenti), che gli permettono di esprimere in modo autentico e genuino il suo mondo interiore conscio e inconscio.

Le considerazioni sopra esposte ci spingono ad affermare che oggi dobbiamo, necessariamente, affrontare il problema del gioco infantile e del gioco motorio in particolare. Potremmo dire che ci sono almeno dieci motivi per cui è bello e necessario giocare: 

  1. Procura piacere
  2. Sviluppa conoscenza
  3. Sviluppa immaginazione creativa
  4. Sviluppa competenze motorie e l’autoconsapevolezza di tali competenze
  5. Favorisce il passaggio dall’esperienza vissuta all’esperienza elaborata con il pensiero
  6. Sviluppa il controllo e l’equilibrio emotivo
  7. Sviluppa la socialità e il senso di appartenenza ad un contesto sociale
  8. Presenta una componente di “rischio”, una “sfida fisica e psicologica” fortemente motivante
  9. Alimenta un tipo di aggressività produttiva e costruttrice
  10. Offre una svariata gamma di opportunità , che va dall’attività libera e spontanea a quella strutturata e codificata

FORME PRATICABILI DI GIOCHI MOTORI

I giochi motori, rispetto alle funzioni interessate nelle quattro aree della personalità (organica, cognitiva, affettiva, sociale), possono essere classificati nel seguente modo:

  • Rispetto alle funzioni organiche e coordinative (efficienza fisica e capacità di organizzazione e controllo del movimento): giochi molto o poco attivi o che prevedono impegni variabili sul piano della durata e dell’intensità; giochi di destrezza (capacità di orientamento nello spazio, di adattamento percettivo e trasformazione).
  • Rispetto alle funzioni cognitive: giochi di scoperta e esplorazione; giochi simbolici (drammatizzazione); giochi di risoluzione di problemi; giochi di regole; giochi di strategia, territorio e punteggio; giochi di adattamento alle variazioni d’ambiente riferiti alla capacità di anticipare e prevedere l’azione avversaria nei giochi organizzati e regolamentati.
  • Rispetto alle funzioni emotivo-affettive: giochi di decisione e coraggio; giochi di cattura e liberazione; giochi di opposizione e contrasto; giochi di finte.
  • Rispetto alle funzioni sociali: giochi di gruppo e di squadra; giochi popolari e tradizionali; giochi a turno; giochi con, senza o con cambio di ruoli; giochi individuali e a coppie; giochi di collaborazione e cooperazione.

Nelle varie situazioni e nei diversi “luoghi educativi” è necessario che gli educatori superino il recinto dei saperi e dei saper fare disciplinari per allargare il loro orizzonte operativo verso la costruzione di una cultura nuova: una cultura dell’autoaffermazione, dell’incontro, del dialogo, della condivisione, di un leale confronto col mondo degli altri.

IL SE’ IL NOI DEL GIOCO

Attraverso il gioco, che rappresenta una parte importante del suo vissuto personale e che è fatto di esperienze, incontri, sensazioni, emozioni, aspettative (scoperta di sé e della propria identità), il bambino acquisisce gradualmente le competenze indispensabili per vivere da protagonista la sua vita. Costruisce, man mano, i mattoni portanti della propria identità (io sono, io penso, io posso fare).

Al contempo, però, scopre anche il senso del “noi”, come appartenenza a una “casa comune” in cui il giocare con l’altro diventa un vero e proprio tirocinio di socialità, che lo attrezza ad affrontare coscientemente e responsabilmente le difficoltà, i cambiamenti, i conflitti che, inevitabilmente, questa attività comporta. L’accettazione di sé diventa quindi un’accettazione dell’altro.

Come afferma Rosanna Cuniberti: fin dalla nascita tutta la nostra esistenza è accompagnata da un continuo “identificarsi con”, “differenziarsi da”, da un continuo” rapportarsi all’altro”, “cercare l’altro”, “riconoscersi nell’altro”, non solo per trovare risposte ai propri bisogni, ma perché attraverso l’altro “troviamo e “costruiamo” noi stessi.

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