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Gli influssi negativi dell’analfabetismo emotivo sul comportamento (Parte 2)

Gli influssi negativi dell’analfabetismo emotivo sul comportamento (Parte 2)

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Come afferma Carl Rogers, uno dei padri fondatori della filosofia umanistica, “la scuola è il luogo educativo dove dobbiamo far entrare le nostre emozioni”. Perciò è necessario che, all’interno del curricolo scolastico, a partire dalla Scuola dell’Infanzia, si attivi un’operazione di educazione emotiva e socio-affettiva, finalizzata a realizzare un vero e proprio alfabeto del convivere, nel quadro più ampio dell’educazione alla cittadinanza attiva.

Eppure, bisogna sottolineare che la scuola è stata, lungo, un contesto, in cui si è prestata poca attenzione alle emozioni. Ne deriva l’esigenza che la scuola, non può limitare il suo intervento ai contenuti delle grammatiche disciplinari, ma deve curare l’alunno/persona, nella sua realtà esistenziale, coinvolgendolo nella totalità delle sue funzioni (funzioni cognitive, emotivo-relazionali, corporee), che rappresentano le grammatiche della vita, vale a dire, le forze motrici del suo modo di essere, pensare, sentire ed agire.

L’importanza dell’azione didattico-educativa della scuola per combattere l’analfabetismo emotivo

Gli interventi educativi, veicolati in questa direzione, per produrre gli effetti desiderati, non dovranno essere effettuati con la logica riparativa, correzionale e medicalizzata, né in modo episodico o in forma aggiuntiva all’interno del curricolo scolastico, ma dovranno essere inseriti, con pieno diritto di cittadinanza, all’interno del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), secondo il criterio della continuità del percorso formativo in tutti gli ordini di scuola.

La metodologia più adatta, in questo caso, può essere quella basata sulla costituzione di un vero e proprio laboratorio vivente, un’officina di umanità, che aiuti gli alunni a connettersi positivamente con altre persone, all’interno di un lavoro di gruppo, in cui predomini la circolarità comunicativa (e non la dinamica della gerarchia, in cui predomina un singolo leader), che consente ad ognuno di aver diritto alla parola (di raccontarsi) e di essere ascoltato.

È, perciò, necessario, creare, all’interno della scuola, un ambiente psicologico elastico e stimolante, una sorta di sorgente vitaminica, con valore nutrizionale, in grado di alimentare e contagiare emotivamente la totalità degli alunni, i quali potranno, attraverso lo sviluppo dell’intelligenza interpersonale, nel quadro delle intelligenze multiple sostenute da Howard Gardner, che sintonizzano le relazioni e creano le basi di una buona vita sociale.

Tenendo conto della cruda realtà sociale ed economica dei nostri giorni, la sensibilità amorevole dell’intelligenza socio-emotiva, con le sue connessioni affettuose, l’euforia della vicinanza, come sostiene la neuroscienza, può condurre a implicazioni sbalorditive a livello fisico e mentale.

Il Piano d’Intervento Ministeriale

Nel contesto drammatico di un analfabetismo emotivo diffuso, come è già stato sottolineato, è stato attivato un piano d’intervento ministeriale, con la predisposizione di apposite Linee Guida, finalizzate allo sviluppo dell’intelligenza socio-emotiva ed affettiva.

A tale scopo, nella elaborazione di una progettualità mirata a sviluppare l’intelligenza socio-emotiva, si potrebbe partire da un orizzonte istituzionale di riferimento, rappresentato dalle Indicazioni Nazionali per il Curricolo, del 2012, riviste nel 2018 e dalla Legge n. 2782/2022, che disciplina la “disposizione in materia di insegnamento, sperimentazione dell’educazione all’intelligenza emotiva nelle scuole di ogni ordine e grado”.

In questo modo, le competenze non cognitive (life skills) entrano di diritto, all’interno del percorso educativo della scuola.

Unità di apprendimento per contrastare l’analfabetismo emotivo ed educare all’intelligenza emotiva

Pur non volendo indicare precise linee operative a tale riguardo, si potrebbero proporre alcune proposte orientative, per la strutturazione di Unità di Apprendimento mirate, realizzabili con una serie di incontri, basati sui lavori di gruppo e caratterizzati dalla metodologia laboratoriale, finalizzati a perseguire gli Obiettivi di Apprendimento e Traguardi di sviluppo, fondati sulle seguenti esigenze:

  • imparare a conoscere le emozioni e darle un nome,
  • imparare ad esprimere il personale stato emotivo (come mi sento, oggi ?) ,
  • conoscere e descrivere la paura e condividerla con il gruppo (disegno la mia paura), chiedendo ad ognuno di proporre strategie per affrontarla,
  • promuovere la consapevolezza delle situazioni che innescano la rabbia ed imparare a non reagire impulsivamente (disegnare o illustrare verbalmente il proprio stato d’animo all’interno del gruppo)
  • riconoscere ed esprimere emozioni difficili lo stato d’animo della tristezza, interpretando anche un’analoga situazione negli altri,
  • riconoscere le diverse situazioni chi che creano gioia, imparando ad utilizzarla nelle situazioni di fragilità (scrivere alcune riflessioni , prima a se stessi, poi, ad un compagno (oggi mi sento bene, perché…).

Come nota conclusiva, ritengo utile, a questo punto, sottolineare la necessità/urgenza, per l’istituzione scolastica, di attivare, sul territorio, una progettualità integrata, finalizzata a sviluppare negli alunni, competenze emotive fondamentali, per gestire la capacità di star bene con se stessi e con gli altri, che li aiuti ad elaborare un personale progetto di vita.

Una progettualità di questo tipo non può essere realizzata in solitudine, ma deve coinvolgere tutto il corpo docente e utilizzare i vari contributi dell’extrascuola, tramite appositi Protocolli d’Intesa e Accordi di Programma con le Istituzioni e con le Agenzie extrascolastiche specializzate e con personale esperto, che operano sul territorio.