La “preoccupazione” è alla base di tutti i tipi di ansia. Preoccuparsi significa pensare al futuro considerando solo, o quasi esclusivamente, gli aspetti negativi. Le preoccupazioni continue ed eccessive sono uno dei sintomi del Disturbo di Ansia Generalizzato.
La funzione della preoccupazione è quella di escogitare soluzioni positive nelle situazioni pericolose della vita anticipandole prima che si presentino.
Il problema sorge quando diventano croniche e ripetitive. Nel disturbo “fobico” le ansie si fissano sulla situazione oggetto della paura; in quello ossessivo sulla necessità di evitare una calamità temuta, mentre nel caso degli attacchi di panico la preoccupazione si concentra sulla paura di morire.
Un beneficio delle preoccupazioni è quello di ridurre l’ansia: le immagini innescano l’ansia fisiologica, in modo molto più potente dei pensieri. Pertanto l’immersione nelle preoccupazioni che porta ad escludere le immagini catastrofiche, allevia in parte l’esperienza dell’ansia.
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Strategie per contrastare la tendenza alla preoccupazione cronica
1) Preoccuparsi in modo efficace, ovvero evitare di preoccuparsi o rimuginare su domande che non hanno risposta (perché è accaduto a me?); rifiutare una soluzione perché non è perfetta (si dubita di tutto, ci si sente impotenti); preoccuparsi al fine di tenere tutto sotto controllo (non si è liberi di pensare ad altre soluzioni).
2) Accettare la realtà. Questo vuol dire vedere come sono le cose davvero, non come pensare che siano o che potrebbero essere, vuol dire essere consapevoli di ciò che è reale proprio ora, non di ciò che potrebbe accadere. Si può accettare la realtà attraverso la mindfulness, ovvero rimanendo nel presente, descrivendo la realtà invece di giudicarla e rinunciare al desiderio di controllarla.
La mindfulness è una tecnica di derivazione buddista in cui ci si concentra sull’esperienza immediatamente presente invece di cercare una via di “fuga” in pensieri sul futuro, in generalizzazioni del proprio vissuto e in giudizi. Inoltre è fondamentale conoscere ed accettare i propri limiti per avere un maggior controllo della situazione.
3) Accettare l’incertezza, perché ha un carattere neutro rispetto all’esito. Il fatto di non sapere come andranno gli eventi non significa che saranno negativi, ma che sono semplicemente ignoti.
Per la maggior parte delle persone inquiete/preoccupate, il problema principale è l’incapacità di sopportare l’incertezza. Gli inquieti evitano anche di affrontare l’impatto emotivo delle loro esperienze, poiché si sforzano di pensare a come risolvere tutti i loro problemi. Provare un’emozione è un modo per scoprire che si ha capacità di sopportare la realtà.
Il rimuginare e la continua ricerca di certezza è una forma di evitamento delle emozioni. La ricerca della certezza diventa un modo per evitare di provare emozioni.
Una tecnica utile per allenarsi a sopportare l’incertezza, è quella di lasciarsi sommergere dall’incertezza: ci si rende conto di poter sopportare il fatto di avere un pensiero su ciò che è possibile. E questo pensiero alla fine diventa noioso.
4) Mettersi in discussione
È necessario prendere nota delle nostre preoccupazioni, l’intensità della nostra inquietudine e quale effetto ha. Individuando le situazioni, le esperienze e le emozioni che precedono l’inquietudine si possono prevedere i momenti a rischio in cui scatta la preoccupazione. Si può tenere un registro delle preoccupazioni.
In genere i temi espressi nelle preoccupazioni sono la solitudine, la sensazione di essere rifiutati dagli altri, la paura di ferire gli altri, di perdere denaro, di fallire, di essere umiliati, sfruttati, di ammalarsi, o di essere schiacciati dagli eventi.
Si può stabilire un particolare luogo e momento in cui lasciarsi andare ai propri rovelli. Si può stabilire un tempo e un luogo specifico ogni giorno per due settimane, ad esempio trenta minuti nelle prime ore della sera. Ci si accorgerà che le preoccupazioni sono ripetitive: di fatto abbiamo sempre gli stessi pensieri. Spesso si scopre di non riuscire a riempire i trenta minuti del tempo da riservare alle ruminazioni.
Si può anche preparare un elenco dei pensieri che ci assillano, annotare le previsioni nel registro delle preoccupazioni e poi rileggerlo ogni sette giorni, esaminando l’esito di ciascuna previsione.
Noteremo che nessuna delle previsioni negative si è avverata e in futuro potremo ripensarci valutando che anche le preoccupazioni da cui siamo assillati, ora non sono che un falso allarme. Quante volte in passato ciò di cui vi siete preoccupati non si è avverato? Fate esempi concreti.
Il cambiamento: cambiare le nostre convinzioni
Per capire perché alcune cose ci preoccupano ed altre no, dobbiamo individuare il nostro stile di personalità e le convinzioni di base che alimentano le nostre preoccupazioni.
Alcune convinzioni comuni sono, ad esempio:
- inadeguatezza = essere inferiori e incapaci
- abbandono = siamo convinti che gli altri ci lasceranno e rimarremo soli
- senso di impotenza = non riusciamo a badare a noi stessi
- sentirsi speciali = superiorità nei confronti degli altri
- senso di responsabilità = fieri della scrupolosità e razionalità
- glamour = sforzo di essere attraenti e fare colpo sugli altri
- indipendenza = apprezziamo la libertà di fare le cose a modo nostro
- angelo custode = pensiamo di dover far sentire gli altri a proprio agio
Cambiare le convinzioni di base
Spesso trascorriamo molto tempo a sviluppare strategie di evitamento e compensazione che ci impediscono di affrontare le paure più profonde.
Di seguito alcune tecniche che aiuteranno a modificare le convinzioni di base.
- identificare le convinzioni di base riguardanti voi stessi e gli altri
- identificare il legame tra le vostre convinzioni e le vostre preoccupazioni
- esaminare i vantaggi e gli svantaggi delle convinzioni.
Bisogna sforzarsi di pensare in termini di “talvolta, in una certa misura, relativamente” e pensare a sé stessi in situazioni diverse con persone diverse. È importante pensare a come si cambia nelle diverse situazioni e nel corso del tempo.
Preoccupazione riguardante gli altri: e se non piacessi a nessuno?
Molto spesso, all’origine della paura di non piacere agli altri, ci sono standard perfezionistici e un’attenzione eccessiva rivolta a sé stessi.
È possibile che siamo convinti di non essere all’altezza della situazione e quando siamo in mezzo agli altri è probabile che rivolgiamo l’attenzione alle nostre sensazioni interne (pulsazioni cardiache, sudorazioni, tremori, rossore).
La paura di una valutazione negativa potrebbe derivare anche dalla natura inflessibile e irrealistica della nostra autostima. Una delle caratteristiche della stabilità emotiva è il mantenimento di un livello realistico di autostima anche in presenza di un certo grado di disapprovazione.
Anche un’autostima molto elevata può portare a dei problemi come ad esempio non riconoscere ed accettare i propri limiti con la conseguenza di assumersi impegni che vanno al di là delle proprie forze. Il risultato è il maggior rischio di fallire.
Avendo un concetto di sé più flessibile è possibile usare la disapprovazione come informazione.
Strategie controproducenti per affrontare i timori di una valutazione negativa
Alle volte per sentirsi meno ansiosi quando si è in compagnia di altre persone, si adottano comportamenti “protettivi” come ad esempio tenere le mani rigide (così gli altri non le vedono tremare); distogliere lo sguardo (per evitare il contatto visivo); parlare in modo sommesso per non attirare l’attenzione su di sé.
Preoccupazione sentimentale: se il partner mi lasciasse?
La paura di essere abbandonati e di restare soli, può indurre a rimanere in una relazione insoddisfacente o persino a scegliere un partner inadatto pur di avere un legame.
Ci sono alcune persone che hanno una paura così intensa di essere rifiutate o abbandonate da rinunciare a qualsiasi relazione sentimentale: “se non mi affeziono non potrò essere rifiutato”.
Può darsi che cerchiate di essere esageratamente accondiscendenti per evitare di essere respinti.
Un altro stile relazionale problematico è quello che porta a non lasciarsi coinvolgere eccessivamente in un rapporto. Questa strategia di evitamento e distanziamento, inconsapevole, è presente in coloro che cercano relazioni superficiali e senza significato. La persona ha talmente paura di un rifiuto da evitare completamente di stabilire un legame stretto.
In alternativa, alcune persone scelgono delle relazioni con dei limiti intrinseci: la relazione che si instaura su Internet, una persona sposata, una relazione a distanza, ecc.
Alla base della paura dell’abbandono vi sono alcune convinzioni fondamentali: credere di non essere in grado di badare a sé stessi, di non poter essere felici da soli oppure di rimanere soli per sempre.
Preoccupazione per la salute: se avessi una malattia?
Preoccuparsi per la propria salute è, entro certi limiti, assolutamente normale, giusto e ragionevole. Tuttavia, se la paura di una malattia diventa così ingombrante da non riuscire a vivere in modo sereno le proprie giornate, può essere opportuno interrogarsi e cercare di comprenderne la causa.
È necessario, quindi, prestare attenzione ai momenti e ai luoghi in cui le preoccupazioni per la salute si fanno più intense.
Preoccupazione economica: se perdessi soldi?
Alcune persone usano la ricchezza per fare una buona impressione sugli altri, mentre per altre diventa un obiettivo piuttosto che un mezzo per raggiungere uno scopo.
Le preoccupazioni economiche possono essere riconducibili a fattori diversi:
- precedenti esperienze di ristrettezze economiche
- fare confronti “verso l’alto”
- il denaro ha un valore simbolico: rappresenta infatti sicurezza, successo, orgoglio ecc.
- standard elevati che portano a non essere mai soddisfatti o non a lungo.
In conclusione, i preoccupati cronici tendono a sottovalutare le proprie capacità di affrontare l’imprevisto.
Molti degli “esiti disastrosi” di cui si preoccupano sono condizioni di vita reali con le quali milioni di persone si trovano a fare i conti ogni giorno e che, tuttavia, riescono a superare (ad es. un tracollo finanziario, un lutto, una malattia cronica).