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Il Cumulo degli Stress Ripetuti nella Società Postmoderna

Il Cumulo degli Stress Ripetuti nella Società Postmoderna

Le scuole di pensiero più accreditate e i recenti studi della psicologia sociale, nel campo delle competenze socio-emotive, si sono, spesso, soffermati sugli aspetti, legati all’analisi psichica dei disagi  privati e alle condizioni di malessere (sentimenti negativi e disturbanti), che coinvolgono la sfera delle interrelazioni sociali.

In particolare, viene registrato il fenomeno che l’era postmoderna, privilegiando la realtà esistenziale delle persone, riferita alla dimensione individualistica e personale, pone il problema e centra l’attenzione sullo sviluppo di un’intelligenza emotiva inadeguata, non più radicata su principi eticamente orientati verso il bene comune, ma finalizzata a procurare e soddisfare bisogni, di un Io ipertrofico e narcisistico.

Ne deriva che il risultato di questa tendenza, generato dalla ricerca ossessiva e sistematica di un senso di benessere atteso e ambito, porta il singolo individuo a sviluppare la consapevolezza che, a causa della mancata affermazione personale, è costretto a subire un sovraccarico tormentato delle emozioni indesiderate.

Le Emozioni Indesiderate nella Società Postmoderna

Questa situazione genera la convinzione, per molte persone,  di non essere in grado di gestirle e controllarle, per cui prende forma e consistenza un sentimento di inadeguatezza e di “non potercela fare”, che crea una situazione stressante di malessere e di disagio profondo, soprattutto nelle relazioni interpersonali.

Il pericolo, sempre più imminente, è che le nostre emozioni siano, sempre più, condizionate dalle richieste del mercato e dalla tecnologia, per cui il centro dell’attenzione è focalizzato sulla necessità di perseguire i falsi valori del consumismo che, in realtà, producono una condizione di vita, in cui prevale, come sostiene Adam Philips (n. 1954), famoso psicoanalista britannico, l’insoddisfazione, legata alla “vita non vissuta”, che si caratterizza e si configura, anche, come una vera forma di isolamento sociale .

In questo ambito, i vari media tecnologici ci spingono, con i loro ripetuti e martellanti messaggi, ad

alimentare l’ambizione di avere ciò che noi non abbiamo e che gli altri, invece, riescono ad ottenere, (visibilità, fama, successo, prestigio, ricchezza, ecc.)

tradendo, così, la speranza di migliorare la situazione personale, ma inseguendo la promozione di desideri, obiettivi e ambizioni anomali, che non sono realisticamente perseguibili.

La ricerca di  traguardi di sviluppo, che non approdano al successo, sono, spesso, generativi di stati d’animo negativi e stressanti, come la disaffezione di sé, la rabbia, la paura, accompagnate dalla vergogna di non poter perseguire l’affermazione  personale, il successo, il potere d’acquisto e, più in generale, la possibilità di avere accesso alla mobilità sociale.

I Rapporti Sociali nella Società Postmoderna

Il progressivo indebolimento dei rapporti sociali e l’accumulo di emozioni negative, che, generalmente, sono riferiti all’ambiente familiare, al mondo della scuola, al mondo dello sport, al mondo del lavoro, provocano, spesso, due reazioni contrastanti, che possono portare alla chiusura difensiva nei riguardi del mondo esterno (atteggiamento passivizzante e fuga dalla realtà), oppure, all’attivazione di comportamenti  incontrollati e di relativi scoppi d’ira, già in giovane età, accompagnati da una pericolosa escalation di violenza, o di comportamenti socialmente censurabili, come diretta conseguenza della mancanza di incontri personali autentici, profondi e di coinvolgimenti empatici, di tipo affettivo.

Tali incontri, prima, erano garantiti da vari tipi di organizzazioni associative e dalle stesse agenzie educative (famiglia, scuola, associazioni di vario tipo), che contenevano alcuni orizzonti etici e socio-relazionali di riferimento.

Oggi, invece, assistiamo alla tendenza delle suddette organizzazioni, influenzate dagli strumenti  tecnologici, a favorire vari tipi di comunicazioni, fra le persone, poco solide e, comunque, apparenti, senza alcuna risonanza emotiva favorevole, (rapporti senz’anima), determinate, perlopiù, dalla distanza fisica.

In questo modo, la mancanza degli incontri tra i corpi e tra gli sguardi, crea, tra le persone, dei rapporti monchi e incompleti, che evidenziano una sorta di “sordità reciproca”, nella comunicazione, senza contagio emotivo/affettivo, generando freddezza, disagio, incomprensione, diffidenza e, molte volte, conflitti, che sono alla base di disordini emotivi incontrollabili e di numerosi fatti delittuosi, testimoniati dalle cronache quotidiane.

Disagi Psicologici

La fatica di vivere” e il rifiuto sociale, che ne derivano, si concretizza sotto varie forme e comportamenti, legati al tipo di relazione tra il sé e il mondo circostante, che investe, principalmente, i seguenti ambiti, che abbiamo sopra citato :                                                  

  • l’ambito familiare: riguardante, da una parte, il deterioramento dei rapporti di coppia (battaglia coniugale), dall’altro, la qualità dello scambio comunicativo fra i genitori e i figli, che, a causa di un ascolto reciproco superficiale, frettoloso, limitato ed episodico, crea una situazione disarmonica sul piano educativo.

  • l’ambito scolastico: che continua a privilegiare l’aspetto cognitivo e performante  del  processo di apprendimento  degli alunni (il profitto scolastico,  legato ai contenuti delle discipline di studio),  relegando,  in un secondo piano,  gli aspetti emotivi, socio-affettivi, sentimentali  e,  quindi,  più  in  generale,  la  loro condizione di vita. Si può  rilevare,  a  tale  proposito, il serio problema della loro  disaffezione, nei  confronti  della scuola, dovuta  al  fenomeno  della  demotivazione, del disinteresse, del scarso desiderio di apprendere, che portano, inevitabilmente, all’abbandono e alla dispersione scolastica.

  • l’ambito sportivo: anche la pratica sportiva può costituire, oltre agli aspetti gratificanti dovuti all’affermazione personale, un’occasione di abbattimento dell’autostima e del senso di autoefficacia e del “sé sociale”, dovuto , al mancato raggiungimento dei risultati sperati, amplificato, tra l’altro, da una sottovalutazione , da parte della società sportiva, dell’allenatore, dei compagni, dei genitori.

  • l’ambito lavorativo: il rifiuto sociale o la paura di esso, facilmente riscontrabili nel campo del lavoro, sono una delle cause più comuni di ansia e di stress sociale.  Alcune ricerche hanno rilevato che molti lavoratori si sentono, ingiustamente, sottovalutati, criticati, o i cui problemi non vengono ascoltati o presi in considerazione , dai loro dirigenti superiori , i quali assumono, nei loro confronti,  espressioni gelide e scostanti. Si determinano, così, una pluralità di disagi:

    • disagi psicologici, che evidenziano varie forme di sofferenza (demoralizzazione, abbattimento, depressione, paura, sentimenti di inutilità, situazioni  ansiogene, allarme, ecc.),

    • disagi morfologico-funzionali (di tipo biologico), come il peggioramento del sistema immunitario, compresa una forte incidenza di disturbi alle coronarie (calcolabile intorno al 30% superiore rispetto a chi è trattato in modo più corretto).

Questi disagi, che investono la struttura psichica e fisica personale, derivano dalla produzione elevata di cortisolo (ormone dello stress) che, agendo sull’amigdala (struttura del cervello che gestisce le emozioni), provocano effetti disturbanti immediati, relativi al controllo emotivo, della propria salute e, soprattutto, alla capacità di gestire, in modo adeguato, il proprio modo di essere al mondo, pregiudicando la funzione dell’area prefrontale del cervello, deputata ad inibire gli impulsi e a regolare la concentrazione e la razionalità dei comportamenti.

Un altro aspetto da considerare, nel campo delle relazioni interpersonali è quello dell’indifferenza a coltivare rapporti di solidarietà con gli altri. Spesso, non c’è il desiderio o il tempo di prestare attenzione e di coltivare la partecipazione ai loro stati d’animo  e la condivisione emotiva nei loro confronti , basti pensare agli abitanti delle grandi città che imparano ad ignorare e gestire l’ansia di chi soffre, spostando l’attenzione altrove, senza entrare in sintonia empatica con loro ed offrire l’aiuto di cui hanno bisogno.  

Nei casi migliori, alcune persone si relazionano con gli altri in difficoltà, capendo la loro condizione, ma mantenendo una certa distanza, attivando, in questo modo, una forma di “empatia cognitiva”, anziché , vivere il calore del contagio emotivo diretto, collegato con  l’“empatia affettiva”.

L’isolamento sociale e la chiusura verso il mondo esterno, che deriva da questa necessità maniacale di concentrarsi solo su se stessi e di non prendersi cura delle altre persone, evidenzia, come afferma lo scrittore e filosofo Aldous Hixley (1894-1963),

le nostre istituzioni sono basate su un’organizzata assenza d’amore.

L’importanza di Sviluppare l’intelligenza Sociale

I nuovi orientamenti delle neuroscienze sottolineano l’importanza dell’intelligenza sociale, termine coniato da Edwuard Thorndike (1874-1949) e ripreso dallo psicologo statunitense J. Paul Guilford (1897-1987) e da Daniel Goleman (n. 1946).  

In questa prospettiva, viene sostenuto il concetto che essa fa parte integrante dell’intelligenza emotiva e degli altri tipi di intelligenza, sostenuti da Howard Gardner (1943), nel suo libro Le intelligenze multiple.  Ciò comporta la regola che esiste un’azione  interconnessa delle diverse aree del cervello, che, attraverso un insieme di reti neuronali, dirigono le varie attività mentre ci relazioniamo con altre persone.

Queste riflessioni ci portano alla riflessione, che l’intelligenza sociale fa parte integrante e irrinunciabile di ogni azione educativa, (alfabetizzazione emotivo-socio-affettiva), che aiuta a riscoprire l’euforia della vicinanza, conferendole,  pieno diritto di cittadinanza, nell’incontro con gli altri.

Come afferma lo scienziato John Whitman (n. 1967), che ha studiato il valore della socievolezza per la sopravvivenza: una lezione pratica per tutti noi deriva dal “nutrire le nostre connessioni interpersonali”.

In conclusione, si potrebbe citare, su questo punto, l’espressione, particolarmente significativa e riassuntiva, del più famoso poeta statunitense Walt Whitman (1819-1892), che recita:

Io non chiedo nessun’altra gioia, nuoto in tutto ciò come nel mare. C’è qualcosa nello stare vicini agli uomini e alle donne e nel guardarli, nella loro pelle e nel loro odore, che colma l’anima di piacere, tutte le cose danno piacere all’anima, ma nessuna quanto questa.