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La lentezza: quasi anacronistica al giorno d’oggi

La lentezza: quasi anacronistica al giorno d’oggi

Nel 2023, parlare di lentezza sembra quasi un atto di coraggio, e la parola in sé, insieme al significato, diviene anacronistica, ovvero diversa e strana per il tempo che si vive, come lo sarebbe parlare di una automobile nel Medioevo: una “assurdità”, quindi,  come oggi si concepisce il termine lentezza e la filosofia di vita che ne comporta.

Negli anni dell’iper-connessione, tecnologia senza limiti, frenesia quasi patologica e avvento di altre versioni di intelligenze artificiali, non esiste più uno spazio dedicato al muoversi lento di ogni forma di vita, alla lentezza come stile di vita, al dedicarsi alla calma, alla riflessione e al pensiero come essenza e nucleo vitale. Il mondo veloce e frustrante contro il vivere minuto per minuto, assaporando qualsiasi momento: dal mangiare al parlare, dal lavoro allo svago, dallo scrivere al pensare.

Lo scrittore Lamberto Maffei, attraverso il suo testo Elogio della lentezza, ci mostra come in realtà l’essere umano e il suo cervello siano diversi, per natura e formazione dalle “macchine veloci”. Il pensiero lento e il tempo della riflessione (Scholé dal greco) portano vantaggi alla persona e alla costruzione della civiltà, soprattutto rispetto al mondo che verrà e all’eredità che lasceremo, che poi sarà responsabile della crescita e della formazione delle generazioni e future. 

Vivere la lentezza come risorsa

Come afferma Lamberto Maffei, già Direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR (dal 1980 al 2008), la lentezza va elogiata e praticata: “In un mondo che corre vorticosamente, con logiche spesso incomprensibili, il problema della lentezza si affaccia alla mente con prepotenza come una meta del pensiero e una via da percorrere“.

Ecco cosa intende l’autore con le sue parole: la lentezza diventa un problema, un ostacolo al vivere di corsa e senza freni, mentre andrebbe apprezzata e rivalutata come risorsa fondamentale per una sana crescita dell’umanità.

L’autore, nel suo libro, inserisce una immagine molto significativa al riguardo, precisamente un’opera del VasariLa tartaruga con la vela che Cosimo I De Medici volle per far risaltare il suo motto latino e il suo pensiero: “Festina Lente”, affrettati lentamente, ovvero prudenza e prontezza. “Pensa e rifletti prima di agire nelle tue azioni di governo”, un equilibrio quindi che non esclude la calma, la caratteristica tipica della tartaruga, nonostante la vela gonfiata dal vento, sinonimo e metafora di velocità.

“Andare più veloci non significa conoscere più di quello che la strada offre e nessuno vuole arrivare prima alla fine della propria strada”. (Lamberto Maffei)


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Non dimentichiamo che il cervello si costruisce lentamente

Ormai la lentezza è invalidante. Per saper stare al mondo è a tratti controproducente, perché non si allinea con il consumismo sfrenato che è contraddistinto da movimenti di cose, materiali e persone fuori controllo; non si ha più la capacità di gestire il desiderio, tutto ciò che nuovo è bramato e promosso dalla società del consumismo. Il pensiero rapido della moda si contrappone al pensiero lento, che invece porta alla riflessione e a considerare l’utilità dell’oggetto e la sua reale necessità.

Lamberto Maffei, inoltre, ci dà una chiara spiegazione riguardo alla differenza tra pensiero lento e rapido in riferimento allo sviluppo del nostro cervello, sottolineando come la lentezza sia caratteristica fondante ed imprescindibile delle nostre strutture cerebrali evolute e sviluppate nel corso della storia dell’umanità; mentre il pensiero rapido sia ciò che, da più vicino, ricorda la nostra specie prima dell’evoluzione: basti pensare all’ Homo sapiens, alle sue risposte rapide ai pericoli  per difendere la sua sopravvivenza.

Anche Alberto Oliverio, Professore di psicobiologia all’università di Roma La Sapienza, nel suo libro “Il cervello che impara”, ci spiega come il cervello impieghi moltissimi anni per raggiungere una completa maturità, proprio perché le sue strutture corticali necessitano di un lento sviluppo. Una su tutte, la corteccia frontale che, da come si evince da molte ricerche effettuate tra i ragazzi dai 12 ai 20 anni, impiega molti più anni di altri parti del cervello a definirsi e maturare. La corteccia frontale è infatti la parte della corteccia cerebrale che ci permette di predisporre delle seguenti facoltà cognitive, quelle che richiedono maggior sforzo:

  1. L’autocontrollo.
  2. La concentrazione e la riflessione.
  3. La capacità di modulare i comportamenti e gli istinti.
  4. La capacità di pianificare e organizzare.
  5. L’importantissima facoltà di indurci ad avere prudenza e valutare gli eventi e le loro conseguenze.

Pensiero rapido e pensiero lento

Se il pensiero rapido è per natura contraddistinto dalla risposta rapida e dal riflesso automatico veloce e più facile, il pensiero lento, differente per capacità di razionalità, porta al dubbio al ragionamento e quindi si pone con un carico più pesante e faticoso, ma è più affidabile e meno predisposto all’errore; si prende il tempo per la consapevolezza e la presa di coscienza.

Maffei parla di ragione e razionalità come una qualità dell’uomo da non sottovalutare e da non far passare in secondo piano, rispetto alla volubilità degli istinti e delle passioni leggere e veloci. Nel mondo dominato dal digitale, che permette una rapida soluzione a tutto e una sempre costante e repentina modalità di comunicazione, la lentezza dei meccanismi cerebrali viene quasi a sembrare un difetto e qualcosa da correggere. Bisogna invece considerare la meravigliosa sostanza del loro essere, un infinto insieme di collegamenti e strutture che hanno portato in passato, e tutt’ora conducono, ad una evoluzione umana intellettiva ed emotiva continua.