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Janusz Korczak: vita e opere (prima parte)

Janusz Korczak: vita e opere (prima parte)

È una bella fatica nascere e imparare a vivere. Mi rimane un compito molto più facile: morire. (…) È l’ultimo anno, o mese, o ora. Vorrei morire lucido e consapevole. Non so cosa direi ai bambini per congedarmi. Desidererei dir loro molte cose: che hanno piena libertà di scegliersi la propria strada (Diario del ghetto , 1997)

Solo poche righe per dare l’idea dello spessore culturale e pedagogico del “vecchio dottore”. Vita e opere che chiedono a ciascun adulto di ritrovare il piccolo bambino che si è stati e che ancora si è.

A loro, i bambini, Korczak consacrò tutta la sua vita.

La famiglia e i primi studi

Janusz Korczak nasce in una agiata famiglia ebrea, in Polonia, nel 1878 (o 1879). Il suo vero nome è Henryk Goldszmit, figlio di Josef Goldszmit, noto avvocato, che morì quando Henryk aveva solo 17 anni. Il nonno era un chirurgo di provincia: fatto particolarmente eccezionale per un ebreo polacco del XIX secolo.

La famiglia, pur non rinnegando le origini ebraiche, si mostrava liberale, integrata, patriottica e poco dedita alla religione.

Dopo la morte del padre, al termine di una lunga malattia mentale che aveva prosciugato le economie della famiglia, Henryk si trova ad impartire lezioni private per aiutare la madre e sostenere la sorella Anna.

Nel 1899 inizia gli studi di medicina iscrivendosi alla facoltà di medicina dell’Università Imperiale e nello stesso momento inizia a partecipare a diversi concorsi letterari, dando così spazio e riconoscimento alla sua passione: la scrittura. Nel suo primo concorso utilizza lo pseudonimo di Janusz Korczak (nome del protagonista di un romanzo storico di J.J. Kraszewski, autore polacco). Il suo dramma ottiene una menzione d’onore.

Dal 1900 inizia un vero e proprio impegno in favore dei bambini e delle bambine che si esplica sia attraverso la scrittura di saggi, articoli e romanzi sia attraverso l’osservazione dei quartieri poveri di Varsavia, delle interviste ai poveri che vivevano per strada.

I primi romanzi di Janusz Korczak e la chiamata al fronte

Nel 1901 compare il suo primo romanzo a episodi (Bambini della strada) in cui si raccontano proprio le condizioni materiali e morali dei bambini poveri dei quartieri degradati di Varsavia. Nello stesso anno, Korczak si sposterà a Zurigo per conoscere meglio l’opera pedagogica di Pestalozzi.

Inizia in questi anni il suo lavoro nell’Ospedale per bambini di Berson e Bauman.

Pubblica anche il romanzo “Il bambino da salotto” dove sottolinea le difficoltà della vita dei bambini, al di là delle differenze sociali ed economiche.

Appena ottenuta la laurea in medicina, il giovane Janusz viene chiamato dall’esercito russo in estremo oriente come medico di campo. Anche qui però trova il tempo di approfondire il sistema scolastico del luogo e le condizioni sociali anche dell’infanzia.

Tornato a Varsavia nel 1906, continua la collaborazione con diverse riviste. Gli introiti di questa attività gli permetteranno di continuare a sostenere economicamente la famiglia.

La passione per l’educazione e l’arresto

Pur oramai affermatosi come medico di indiscussa fama, continuò ad essere una persona schiva e riservata dedita agli studi di pedagogia, attento alla condizione sociale dell’infanzia e al sistema scolastico del tempo.

Pubblica “Una settimana di iella”, “Joski, Moszki e Srule” e diversi articoli per riviste.

Le sue idee politiche a favore dell’Indipendenza polacca lo condussero in carcere nel 1909, dove conobbe il famoso sociologo socialista polacco Ludwik Krzywicki.

Quando uscì di prigione, si dedicò alla costruzione di un orfanotrofio per bambini ebrei orfani di Varsavia. La struttura e l’organizzazione sarebbero stati del tutto conformi ai principi pedagogici di cui si era fatto portavoce in diverse forme e già precursori dei più moderni princìpi sociali e didattici. Contestualmente prende la decisione di non avere figli : “Uno schiavo non ha il diritto di avere dei bambini. Io, ebreo polacco sotto l’occupazione zarista (…) ho scelto di servire il bambino e la causa…” (Lettera a M. Zybertal, 1937).

La Casa dell’orfano di Korczak

Dopo sette anni di impegno come medico, Korczak si stabilisce definitivamente nella Casa dell’orfano con Stefania Wilczynska – educatrice responsabile – per divenirne direttore a titolo gratuito. Da questo momento la sua vita e quella di Stefania, furono per sempre legate all’orfanotrofio, fino al tragico epilogo.

La Casa dell’orfano vede la sua solenne inaugurazione il 27 febbraio 1913. Qui il “vecchio medico” organizza una società di bambini organizzata secondo i principi di giustizia, democrazia, fratellanza, uguaglianza neo diritti e nei doveri. Crea, così, un sistema in cui ogni bambino sia allo stesso tempo “padrone di casa, lavoratore, dirigente”.

All’interno dei due orfanotrofi da lui diretti per trent’anni (dal 1912 al 1942), «Nasz Dom» (La nostra casa), di cultura cattolica, e «Dom Sierot» (Casa degli orfani), orfanotrofio ebraico, si svilupperanno relazioni egalitarie fondate sulla responsabilizzazione e sull’autogoverno. Secondo l’educatore polacco, bisogna trattare i bambini come esseri capaci di comprendere la necessità di rispettare dei limiti, di sottomettersi alla legge, di accettare e rispettare le regole in vista di un fine comune. (Il progetto educativo di Janusz Korczak: un’educazione alla resilienza | Rivista Scuola IaD)

Continuano intanto le sue pubblicazioni cui si aggiungono libri per bambini sotto forma di romanzi e racconti.

La prima guerra mondiale

Con lo scatenarsi del primo grande conflitto mondiale, il medico fu richiamato al fronte come medico vice primario dell’ospedale della divisione. Stefania Wilczynska si incaricherà della direzione dell’orfanotrofio.

Durante la guerra si preoccuperà di lavorare in ricoveri per bambini ucraini, vicino Kiev e continuerà a raccogliere informazioni e osservazioni in merito all’infanzia.

Tornerà nel 1918 in Polonia riportando dal fronte una opera pedagogica di particolare valore: “Come amare un bambino” (oggi le sue opere sono pubblicate da Luni Editrice ).

Appena un anno dopo sarà costretto a rivestire l’uniforma, stavolta come ufficiale dell’esercito polacco, per tornare a lavorare nell’ospedale delle malattie infettive a Lodz.

Nel 1920 perde la madre, colpita da tifo esantematico dopo essersi presa cura del figlio ammalatosi proprio in ospedale.