La parola “BULLISMO” deriva da termine inglese “bullyng“, “to bull“, e significa maltrattare, intimidire e/o intimorire. Il bullismo viene definito come un comportamento aggressivo e di prepotenza operato da un soggetto (il bullo) che viene considerato più forte psicologicamente o fisicamente nei confronti di un altro soggetto (la vittima), la quale viene invece considerata più debole.
Il bullismo è un fenomeno che viene attuato generalmente nei luoghi in cui il rischio di essere visti dalle persone adulte è minimo (per esempio nei bagni della scuola o ancora all’uscita scolastica). Infatti esso viene tipicamente manifestato all’interno del contesto scolastico, ma può anche manifestarsi all’interno del contesto lavorativo (in questo caso si parla di mobbing).
Quello del bullismo è anche un fenomeno che comporta varie conseguenze di natura emotiva e anche neuropsicologica (come ansia, depressione e dissociazione), sia nel bullo che nella vittima.
Molte sono state le ricerche che hanno parlato di questo fenomeno nella seconda metà del secolo scorso in molti Paesi europei. In Italia le ricerche sul fenomeno sono iniziate a partire dal 1995 ad opera di Ada Fonzi.
Un altro fenomeno, legato a quello del bullismo, è il cyber bullismo. Esso compare negli ultimi anni ed è dovuto al forte sviluppo della tecnologia e in esso il bullo può trarre vantaggio dalla sua condizione di anonimato.
Molto importante è dunque non trascurare l’importanza di questo fenomeno, ma, al contrario, attuare degli interventi che mirano ad arginare questa condizione di prepotenza. I primi interventi hanno preso in considerazione solo il bullo e la vittima, ma solo in seguito si è capito che, per arginare un fenomeno di tale portata, bisogna lavorare sull’intero gruppo classe e/o facendo in modo che vengano proposte delle tecniche di socializzazione da parte dei compagni di classe.
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I protagonisti del bullismo
Ci possono essere varie tipologie di bullo e di vittima: per quanto riguarda il bullo, si parla di bullo dominante, di bullo gregario passivo e di bullo-vittima; mentre per quanto riguarda la vittima, si parla di vittima passiva e di vittima provocatrice.
Il bullo dominante è una persona con alta autostima, con un buon rendimento scolastico e con una elevata popolarità. Il bullo gregario passivo è invece una persona con una bassa autostima, con alcuni problemi scolastici e che cerca di eseguire gli atti di prepotenza ideati dal bullo dominante, colmando in tal modo la scarsa popolarità di cui egli gode. Infatti, egli viene considerato l’esecutore passivo del bullo dominante.
La vittima passiva è la persona che subisce le angherie, non ribellandosi e quindi ha bassa autostima e ha scarsi risultati scolastici, mentre il bullo-vittima è un bullo che, oltre ad eseguire gli atti di prepotenza, li subisce e può essere messo sullo stesso piano della vittima provocatrice.
Altri protagonisti del fenomeno del bullismo possono essere gli altri membri del gruppo classe che coprono il ruolo di spettatori, in quanto essi incoraggiano gli atti di prepotenza (per esempio con risate o incitamenti) o li sostengono semplicemente con la loro silenziosa presenza.
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Cosa succede nel cervello del bullo e della vittima
Ultimamente, molte ricerche hanno anche provato a spiegare cosa succede nel cervello del bullo e della vittima. Infatti alcuni ricercatori inglesi sono arrivati alla conclusione che più una persona segue la massa, meno i suoi neuroni lavorano, questo per spiegare l’atteggiamento tipico del bullo.
Nel cervello della vittima, a volte si hanno come conseguenza di questo fenomeno, anomalie del corpo calloso e può avvenire anche la morte di alcuni neuroni nell’ippocampo e questo spiega la difficoltà di concentrazione dei soggetti vittimizzati.
Il fenomeno del bullismo viene considerato anche un fenomeno che può comportare un dolore sociale, il quale viene paragonato al dolore fisico e che può attivare vari circuiti, che comprendono la corteccia dorsale cingolata anteriore, la quale provoca dei sintomi internalizzanti, come l’ansia o la depressione.
Un’altra possibile spiegazione del fenomeno del bullismo riguarda il meccanismo della ricompensa, quel meccanismo per il quale dopo aver fatto qualcosa di piacevole, il cervello della persona che attua comportamenti di prepotenza tende a ricercare quel comportamento.
Il meccanismo della ricompensa , legato per esempio alla fame, è stato molto studiato ed è legato soprattutto alle strutture dei nuclei ventro-mediali dell’ippotalamo, all’amigdala e ai circuiti limbici, invece, è stato meno indagato il meccanismo della ricompensa legato all’aggressività: alcuni studi lo hanno ricercato trovando che le strutture coinvolte sono quelle comprese tra il prosencefalo basale e l’habedula laterale.
Vari studi quindi sono stati messi a punto per tentare di arginare questo fenomeno e ripristinare quindi il corretto funzionamento cerebrale dei soggetti in esso coinvolti.
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Analisi caratteriale di bulli e vittime
Il bullismo è un fenomeno che parte dall’educazione che i genitori impartiscono ai propri figli. Infatti, un soggetto che si sviluppa nell’ottica “del più forte che vince sul più debole” sarà in un prossimo futuro un soggetto che potrà attuare comportamenti di prepotenza. Si può inoltre dire che i bulli sono soggetti che molto frequentemente hanno avuto uno stile genitoriale permissivo nel periodo dell’infanzia, mentre le vittime sono solitamente soggetti che hanno avuto uno stile genitoriale iper-protettivo.
Dan Olweus ha distinto fondamentalmente due tipologie di bullismo:
· Il bullismo diretto, ovvero quello che si manifesta con spintoni, calci e pugni (quindi aggressioni fisiche), il quale è maggiormente tipico dei maschi;
· Il bullismo indiretto, ovvero quello che si manifesta con isolamento e/o maldicenze, il quale invece è maggiormente tipico delle femmine.
I bulli sono anche fortemente caratterizzati da una propensione alla deumanizzazione, ovvero quel meccanismo sociale che porta un soggetto a non considerare il male che un altro soggetto gli provoca.
Le vittime invece sono dei soggetti che non riescono a difendersi, in quanto sono cresciuti in un’ottica iper-protettiva.
È dunque fondamentale non trascurare gli episodi di bullismo, ma, al contrario, proporre sempre nuovi interventi che mirino a lavorare sull’empatia dei soggetti coinvolti nelle dinamiche di bullismo.