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Guardare senza agire: l’effetto spettatore

Guardare senza agire: l’effetto spettatore

Immaginiamo di camminare per strada quando, ad un certo punto, sentiamo qualcuno urlare e chiedere aiuto. Cosa facciamo? Alla maggior parte di noi piace pensare che sicuramente interverremmo o, almeno, chiameremmo le forze dell’ordine. Questo, però, non sempre accade.

Cosa è l’effetto spettatore?

L’effetto spettatore (bystander effect, oppure bystander apathy) è il nome dato ad un fenomeno di psicologia sociale che descrive il caso in cui gli individui non offrono alcun tipo di aiuto ad una persona in difficoltà. In particolare, uno studio svolto nel 2014 suggerisce che più è grande il numero di persone presenti, minore è la probabilità che qualcuno venga ad aiutare. L’avvenimento che ha dato inizio allo studio di questo fenomeno è l’assassinio di Catherine Susan Genovese, detta Kitty, avvenuto nel quartiere residenziale del Queens nel 1964, tanto che questo effetto viene definito anche “Sindrome Genovese”.

Il fatto

È il 13 marzo del 1964, Kitty Genovese sta tornado a casa dal lavoro. Gestisce un bar a Hollis e chiude il locale sempre tardi. Sono le 3:15 di notte, Kitty parcheggia la sua auto a circa 30 metri dal portone d’ingresso. Mentre si dirige verso casa, la donna viene aggredita da un uomo, Winston Moseley, che la pugnala alle spalle. La ragazza urla e qualcuno si affaccia alla finestra, intimando Moseley di lasciarla. Kitty si trascina piano verso l’androne di un palazzo ma, pochi minuti dopo, viene raggiunta nuovamente dal suo carnefice che l’accoltella ancora, la violenta, le ruba alcuni dollari e l’abbandona a terra, in fin di vita. L’intera aggressione è durata trenta minuti, in tutto questo tempo ben 38 persone hanno assistito alla scena senza fare nulla.

Martin Gansberg, giornalista del New York Times, ha così descritto la scena nella prime righe del suo articolo: “Per più di mezz’ora 38 cittadini per bene, rispettosi della legge, hanno osservato un killer inseguire e accoltellare una donna in tre assalti separati a Kew Gardens”.

Perché nessuno è intervenuto aiutando la ragazza?

L’assassinio di Kitty Genovese generò molto scalpore, tanto che gli psicologi Latané e Darley studiarono il risvolto psicologico alla base del comportamento dei testimoni e condussero tutta una serie di ricerche sulla diffusione della responsabilità, arrivando a descrivere il cosiddetto “Effetto spettatore”.

Gli esperimenti furono condotti in laboratorio e si prese in esame il comportamento di un gruppo di persone o di un singolo soggetto durante le situazioni di emergenza, variando ogni volta il numero delle persone presenti. Il campione preso in esame era un gruppo di studenti universitari, che dovevano compilare un questionario all’interno di una stanza in cui potevano essere soli o in compagnia. Mentre i partecipanti erano concentrati nella compilazione del questionario, da una fessura sotto la porta veniva fatto entrare del fumo, come fosse divampato un incendio. I risultati di questo esperimento furono i seguenti: se gli studenti si trovavano da soli nella stanza, ben il 75% di loro fuggiva subito dal luogo e dava immediatamente l’allarme, se invece vi era un gruppo di persone insieme al partecipante, solo il 26% di loro si allontanava e segnalava il pericolo.

Questi studi suggerirono che, in caso di emergenza, quando le persone sono in gruppo sono meno propense o più lente ad intervenire per aiutare una vittima, perché credono che qualcun altro se ne prenderà la responsabilità. Inoltre, durante le situazioni di pericolo, le persone vivono una condizione fortemente ambivalente. Nel 1964, gli psicologi Milgram e Hollander scrissero un articolo in riposta a quello del New York Times sull’assassinio di Kitty Genovese e spiegarono che, durante le emergenze, la situazione può apparire poco chiara, confusa e se da un lato le persone si sentono obbligate ad intervenire, dall’altra temono le possibili conseguenze del loro intervento.

Diffusione della responsabilità

Un fenomeno collegato all’effetto spettatore è la diffusione di responsabilità. Questa si verifica quando all’interno di un gruppo di persone si deve svolgere o meno un’azione: il senso di responsabilità di ogni singolo individuo diminuisce considerevolmente.

Un esempio tipico di questo fenomeno lo possiamo osservare nel bullismo. Infatti, in questa situazione, non sono coinvolti solo il bullo e la vittima ma anche gli spettatori, che pur non essendo coinvolti direttamente nelle azioni di bullismo, sono comunque a conoscenza del fenomeno.

Questi possono essere “neutrali”, quindi sono consapevoli di ciò che accade ma non intervengono per paura di diventare a loro volta vittime del bullo; “gregari” ossia amici del bullo, lo sostengono e lo incitano. Infine, anche se rari, i “difensori della vittima”,  coloro che segnalano gli episodi di bullismo agli adulti di riferimento. Lo stesso accade anche all’interno delle gang che compiono atti criminali: anche in questo caso l’assunzione di responsabilità diminuisce al crescere delle persone all’interno del gruppo.


Per approfondire: Corso online: Conoscere il Bullismo


Come prevenire gli atti delinquenziali e contrastare l’effetto spettatore?

Gli studi condotti su questi fenomeni dagli psicologi sociali hanno permesso di approfondire e analizzare gli atti criminosi commessi e le varie personalità coinvolte, hanno fornito delle strategie utili di intervento, ad esempio negli USA è stato istituito il numero unico di emergenza 911, e hanno consentito di organizzare progetti di prevenzione e di pronto intervento.