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I neuroni specchio, tra apprendimento ed empatia

I neuroni specchio, tra apprendimento ed empatia

Attraverso gli studi della scienziata inglese Christine Temple, autrice del libro Il nostro cervello, possiamo fare un accenno alla classe generica dei neuroni. Il sistema nervoso è formato proprio da circuiti neuronali, da un insieme di unità morfo-funzionali fondamentali: i neuroni.

La cellula nervosa o neurone concorre a formare il tessuto nervoso, ed è costituita da un corpo cellulare che elabora l’attività nervosa; quindi, riceve integra e trasmette impulsi nervosi.

I neuroni sono tra loro connessi a formare una ricca rete e comunicano mediante segnali nervosi elettrici: la trasmissione sinaptica, ovvero l’impulso nervoso che può viaggiare da una cellula all’altra. Le cellule nervose non sono mai in contatto diretto, perché tra l’una e le altre vi sono dei piccolissimi spazi vuoti, chiamati spazi sinaptici. Gli impulsi nervosi sono trasmessi da un neurone all’altro proprio attraverso questi spazi.

La scoperta dei neuroni specchio

Il merito della scoperta dei neuroni specchio va a un neuroscienziato italiano, Giacomo Rizzolatti, che ne ha rilevato la centralità sia nell’apprendimento per imitazione, sia nel fenomeno dell’empatia a metà degli anni Novanta, presso il dipartimento di neuroscienze dell’Università di Parma. I suoi studi sono riportati nel dettaglio nel libro Nella mente degli altri, scritto a quattro mani assieme a Lisa Vozza, biologa divulgatrice scientifica.

Il tema è stato approfondito negli anni anche da altri importanti autori, come Marco Iacoboni, neuroscienziato e Professore in psichiatria, autore del volume I neuroni specchio.

L’esistenza di tali neuroni è stata rilevata utilizzando, come soggetti sperimentali, dei macachi. Proprio Giacomo Rizzolati, insieme ad alcuni ricercatori dell’Università di Parma, osservò che alcuni gruppi di neuroni venivano in attività non solo durante delle azioni generiche, ma soprattutto quando avveniva una sorta di imitazione di altre azioni. Anche solo guardando altre azioni, si attivava un meccanismo di apprendimento di quest’ultime.

In questo modo, è stato, quindi, possibile studiare sperimentalmente alcune emozioni primarie. Infatti, quando osserviamo negli altri una manifestazione di disgusto o di dolore, si attiva il medesimo substrato neuronale collegato alla percezione, in prima persona, dello stesso tipo di emozione.

Così è stata dimostrata ed assodata l’esistenza di neuroni specchio anche nell’encefalo dell’uomo: questa tipologia di cellule nervose è sita nelle aree motorie, corteccia premotoria, nell’area di Broca, quindi nel lobo frontale, oltre che nel lobo parietale inferiore e nel solco temporale posteriore.

Empatia: “specchiarsi nell’altro”

La classe di neuroni, quindi, che è strettamente connessa con l’empatia (sapersi mettere “nei panni dell’altro”),  è quella dei neuroni specchio: essi governano la capacità di cogliere, percepire sentimenti altrui e di comprenderne le intenzioni. Infatti, questi tipi di neuroni permettono di spiegare, fisiologicamente, la nostra capacità di porci in relazione con gli altri, sottolineando la funzione sociale e comunicativa delle emozioni.

Ricordiamo, attraverso i testi sull’intelligenza emotiva dello psicologo e giornalista statunitense Daniel Goleman, che uno stato emozionale ha due componenti: una componente che potremmo chiamare “corporea”, che è la caratteristica della sensazione fisica che proviamo durante un’emozione (rossore, mimica facciale, incrinarsi della voce, postura corporea, ecc.) ed una “cosciente”, ossia la consapevolezza di stare provando una determinata emozione.

L’attivazione dei neuroni specchio avviene non solo “attraversando“ e percependo le medesime emozioni di un altro, ma anche osservando le azioni compiute da un nostro simile. Si attivano, quindi, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi stessi poi a compiere quell’azione.

Capiamo le azioni degli altri, ovvero riusciamo a percepire un’azione e comprendere il significato, perché ciò equivale a simulare quello che osserviamo, al nostro interno. I neuroni specchio implicano l’esistenza di un meccanismo che consente di comprendere immediatamente il significato delle azioni altrui e persino delle intenzioni ad esse sottese, senza porre in atto alcun tipo di ragionamento. Quindi, l’osservatore utilizza le proprie risorse per penetrare il mondo dell’altro individuo, mediante un processo che ha i connotati proprio di un meccanismo inconscio, automatico e prelinguistico di corrispondente simulazione motoria.


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Quando lo specchio si rompe

Una notazione importante possiamo inserirla descrivendo ciò che accade quando ci sia un ridotto funzionamento di taluni neuroni: non si riuscirebbe ad entrare in sintonia con il mondo che ci circonda e, di conseguenza, non si verrebbero a comprendere gesti e significati delle altrui azioni.

Questo avviene in alcuni soggetti detti alessitimici, persone con severe difficoltà nell’individuare quali siano i motivi che li spingono a provare emozioni. Non hanno capacità introspettive e non sanno interpretare emozioni altrui, poiché non riescono ad elaborarle cognitivamente.

Si tratta, quindi, di un insieme di deficit della competenza emotiva ed emozionale che impediscono di descrivere i propri stati emotivi ed i sentimenti altrui. Letteralmente, “non avere parole per le emozioni”.