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Privacy e mondo dello spettacolo: Il caso di un presentatore truffaldino

Privacy e mondo dello spettacolo: Il caso di un presentatore truffaldino

Sono dati personali le informazioni che identificano o rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona fisica e che possono fornire informazioni sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica, ecc. (https://www.garanteprivacy.it/home/diritti/cosa-intendiamo-per-dati-personali).

Per il trattamento dei dati personali è quasi sempre necessario il consenso dell’interessato, vale a dire del soggetto cui i dati si riferiscono. Una delle circostanze in cui non è richiesto acquisire il consenso preventivo dell’interessato al trattamento dei suoi dati personali è il diritto di cronaca, che consiste nel diritto a pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico o che accadono in pubblico. Molto spesso, però, ad una notizia è abbinata un’immagine, perché una foto attira il lettore più di un concetto. Lo stesso dicasi per i servizi televisivi, nel corso dei quali sovente il giornalista è una voce fuori campo mentre scorrono delle immagini. Siamo quindi giunti alla vicenda che ci riguarda.

La storia del presentatore

Una nota trasmissione televisiva ha mandato in onda un servizio di cronaca in cui si narrava della possibile e tentata truffa commessa da un attore/presentatore in danno dei Sindaci di due città. L’uomo, vantando conoscenze ed amicizie televisive in quanto appartenente al mondo dello spettacolo, aveva chiesto del denaro ai due “primi cittadini” per assicurarsi che alcune problematiche di interesse collettivo – riguardanti vicende sanitarie nei territori da loro amministrati – venissero trattate nel corso di alcune trasmissioni televisive. Questa è stata la notizia, e sulla stessa non vi è nulla da eccepire. Il servizio giornalistico ha però mostrato anche il volto dell’uomo, associandolo quindi alla news, e rendendolo facilmente identificabile e collegabile alla vicenda.

L’attore/presentatore si è quindi rivolto al Garante per la tutela dei dati personali, lamentando appunto l’utilizzo illecito della sua immagine e attribuendo all’associazione notizia/volto un importante calo dei suoi affari. Il Garante ha riconosciuto l’illecito trattamento dei dati personali dell’uomo da parte della redazione televisiva, con particolare riferimento alla sua immagine, ed ha attribuito la diminuzione del fatturato al servizio televisivo in cui, oltre a fornire la notizia, era stato diffuso il suo volto.

La richiesta di risarcimento

Forte della pronuncia del Garante privacy, il cui ufficio aveva riconosciuto l’illecito trattamento dei dati personali per la indebita diffusione del suo volto, l’attore si è rivolto al tribunale ordinario per vedersi riconosciuto il risarcimento del danno, ed ottenere una importante somma di denaro dalla rete televisiva che aveva mandato in onda il servizio in questione.

Dinanzi ai giudici l’uomo ha evidenziato che la trasmissione televisiva aveva messo in onda, per ben sei puntate, filmati inerenti a un suo presunto tentativo di truffa. Egli avrebbe sollecitato due Sindaci a versargli importanti somme di denaro garantendo che le problematiche sanitarie delle città da loro amministrate sarebbero state affrontate in importanti trasmissioni televisive. La diffusione di tale comportamento “truffaldino” gli avrebbe causato una importante perdita di lavoro consistente nella disdetta di contratti già sottoscritti.

La sentenza che nega il risarcimento

I giudici hanno condiviso il provvedimento del Garante. La foto non era necessaria a soddisfare una esigenza effettiva di informazione della collettività, che sarebbe stata adeguatamente appagata consentendo agli spettatori di formarsi un’opinione sulla vicenda anche solo esclusivamente attraverso i nomi dei soggetti coinvolti, ed astenendosi dalla diffusione dei loro volti in quanto dato personale eccedente rispetto alla finalità di divulgazione della notizia.

La diffusione dell’immagine è quindi avvenuta illecitamente, mentre è stata ritenuta assolutamente lecita la narrazione del fatto in quanto riconducibile al diritto di cronaca.

Il danno subito dall’uomo non è però connesso alla diffusione della sua immagine, bensì la conseguenza della notizia. Vale a dire che la contrazione degli affari subita dall’attore/presentatore è stata la logica conseguenza del suo comportamento, la cui diffusione è rientrata nel diritto di cronaca. In quanto personaggio famoso è stato sufficiente narrare l’evento ed il suo nome per far sì che i suoi contratti venissero disdetti. L’utilizzo del suo volto non ha comportato alcun ulteriore danno. In quanto personaggio famoso la sua foto non ha contribuito a danneggiarlo.

Pertanto, pur riconoscendo l’illecito trattamento del dato personale “fotografia”, i giudici hanno ritenuto che i danni economici siano riconducibili alla diffusione della notizia. Essa però è perfettamente lecita in quanto diritto di cronaca. Il fatto illecito (utilizzo della foto) non ha quindi prodotto danni, che sono stati invece causati dal fatto lecito (diffusione della notizia). Con questo provvedimento (Cassazione, ordinanza numero 2685 del 30 gennaio 2023) la Suprema Corte ha praticamente stabilito che non vi è necessariamente una diretta ed automatica correlazione tra illecito trattamento dei dati personali e risarcimento danno.