Ancora oggi, la maternità è oggetto di pregiudizio e discriminazione nel mondo del lavoro perché sulla donna preme l’esclusività di occuparsi della famiglia sacrificando il proprio lavoro mentre, la paternità è ancora poco rilevante all’interno della cura familiare.
La maternità nel mercato del lavoro attuale
In riferimento alla condizione del mercato lavorativo attuale, oltre all’età e al titolo di studio, l’occupazione è definita anche dalla differenza di genere.
Al fine di riconoscere la parità professionale, è importante pensare a vari strumenti che permettono alle donne di non rientrare nei c.d. luoghi comuni. Ad esempio, durante i colloqui di selezione vengono poste domande illegali che violano l’Art. 27 del D.lgs. 198/2006 del Codice delle Pari Opportunità: queste domande riguardano argomenti come la razza, l’età, il sesso, la religione, lo stato civile, la disabilità e l’orientamento sessuale. Oppure, domande che violano l’Art. 8 dello Statuto dei lavoratori, secondo cui il datore di lavoro non può indagare sugli orientamenti politici, religiosi o sindacali dei candidati poiché non sono rilevanti ai fini dell’assunzione.
Politiche di conciliazione a sostegno della maternità
Negli ultimi decenni sono susseguiti cambiamenti nel mercato del lavoro, sia culturali sia normativi, incrementati anche a causa della pandemia da COVID-19. Questo perché, dagli studi empirici sono emersi dati che segnano una maggiore percentuale di disoccupazione femminile (e dimissioni di donne madri) dovuta alla mancanza di strumenti a sostegno della conciliazione famiglia-carriera.
In Italia
Per favorire e garantire tali sostegni sono state introdotte nuove misure nella politica del lavoro, come lo Smart working, il telelavoro, il contratto part-time e il congedo parentale (aumentato da sei a nove mesi con la Legge n. 105/2022). Richiamando il quadro normativo a tutela della genitorialità, vengono prese in considerazione in particolare, la L. 1204/1971 a tutela della maternità e la L. 162/2021 a garanzia della parità salariale di genere. A contribuire a questa evoluzione nel mondo del lavoro è stato sicuramente il COVID-19: le aziende, infatti, dovendo cercare soluzioni rapide e concrete per garantire la continuità dell’impiego ai suoi dipendenti e il prosieguo della propria attività, hanno dovuto necessariamente far uso delle tecnologie digitali che hanno permesso la flessibilità occupazionale generando al contempo, una maggiore produttività nei lavoratori.
Varie aziende hanno una politica parentale a sostegno dei lavoratori-neogenitori con programmi che consistono nell’accompagnare la donna nel periodo pre, durante e post gravidanza sino al suo rientro a lavoro, supportandola anche psicologicamente con l’aiuto di professionisti.
In Unione Europea
È importante però che, anche l’Unione Europea contribuisca a creare una politica che considera la figura della donna madre lavoratrice come una risorsa indispensabile da non perdere e non come un ostacolo da arginare. Il periodo della gravidanza deve essere vissuto con serenità e armonia, e con la sicurezza per la donna di ritrovare, al suo rientro, il proprio posto di lavoro senza essere sostituita e/o abbandonata, poiché questa incertezza rappresenta uno dei fattori che portano al fenomeno della denatalità.
Per questo motivo, si ritiene essere fondamentale il mantenimento delle suddette misure a sostegno della conciliazione famiglia-carriera e l’incremento dei programmi aziendali a tutela della genitorialità, cercando sempre più di disegnare una società in cui uomini e donne siano liberi di perseguire le proprie scelte di vita e di avere pari opportunità di realizzazione.