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Il Gioco a Scuola: Un Ponte tra Educazione e Crescita

Il Gioco a Scuola: Un Ponte tra Educazione e Crescita

Il gioco è considerato come una delle grandi manifestazioni della personalità. Esso consiste in un’azione immaginativa, creativa, spontanea e libera, attraverso cui il fanciullo diventa il “protagonista” attivo dell’azione ed è in grado di prendere coscienza della realtà circostante, modificandola secondo i propri desideri.

Il gioco, in generale, prende avvio da un bisogno interiore che motiva il bambino ad agire, a muoversi, a creare e, quindi, ad esprimersi liberamente, passando dal piano del reale a quello dell’immaginazione e della fantasia.

Il Gioco: da Platone al Dibattito Contemporaneo

Fin dall’antica Grecia, Platone considerò l’attività ludica come “una forma più giusta della vita”, “giusta” in quanto connessa ad una alta espressione creativa. Il gioco, anche se a volte sembra svolgersi senza una immediata utilità, tuttavia non è mai svolta senza uno scopo.

Nel dibattito pedagogico contemporaneo, il tema del gioco mantiene una rilevanza centrale in quanto strumento educativo capace di favorire lo sviluppo globale del bambino. Sebbene riconosciuto da molti programmi didattici, esso continua a essere relegato a una dimensione secondaria, spesso separata dalle attività considerate “formative” in senso stretto. Una simile separazione, tuttavia, appare in contrasto con i fondamenti teorici della psicologia dello sviluppo e della pedagogia attiva, che riconoscono nel gioco una funzione mediatore tra esperienza, apprendimento e crescita individuale.

La Funzione del Gioco

Diversi sono i punti di vista sulla funzione del gioco e molte, pertanto, le teorie.

La psicologia cognitiva ha individuato, a tal proposito, nel gioco uno spazio di attività che permette al bambino un’assimilazione dell’esperienza agli schemi mentali già posseduti, con l’obiettivo di adattarsi all’ambiente. Il contributo è tra i più significativi dato dagli studi svolti da Jean Piaget (1951). Egli ipotizzò diversi tipi di attività ludica che si snodano dal gioco percettivo-motorio al gioco con regole. Rientrano in questo tipo di attività il gioco di esercizio legato alla funzione sensomotoria; il gioco simbolico (fondamentale per l’assimilazione e la rielaborazione della realtà), ed, infine, il gioco con regole (collegato allo sviluppo del pensiero logico e sociale). Il gioco è una modalità attraverso cui il bambino struttura la propria conoscenza del mondo.

In un’ottica socio-culturale, Lev Vygotskij (1934) concluse come, all’interno del gioco, il bambino agisce “come se” avesse già raggiunto un livello superiore di competenza, sostenuto dall’interazione sociale e dalla mediazione dell’adulto o del pari più competente.

Maria Montessori (1912) diede al gioco (“lavoro del bambino”) un valore di esercizio intenzionale. L’ambiente preparato e i materiali autocorrettivi favoriscono l’autonomia e la concentrazione, consentendo al bambino di apprendere in modo attivo, libero ma ordinato. La ripetizione spontanea dell’attività ludica diventa così veicolo di costruzione della mente.

John Dewey (1938) considerò il gioco come un processo attraverso il quale il soggetto interagisce con il contesto e attribuisce significato all’esperienza. Sottolineando l’importanza dell’attività ludica come strumento per promuovere l’apprendimento attivo, critico e riflessivo.

Il Gioco Durante l’Apprendimento

In ambito educativo il gioco assume una funzione fondamentale durante l’apprendimento. Il diritto al gioco è espressione dell’essenza del bambino stesso. L’inserimento del gioco nella programmazione curricolare, pertanto, implica un ripensamento delle metodologie didattiche.

Il gioco, infatti, assumendo molteplici forme (libero o guidato, simbolico o strutturato, cooperativo o competitivo) attiva specifiche competenze come la creatività, la rielaborazione delle esperienze, il pensiero logico, il rispetto dell’altro, l’empatia, la collaborazione, lo sviluppo psicomotorio e l’autoregolazione.

Nel contesto dell’educazione ludica, l’insegnante è un mediatore attivo dei processi di apprendimento e facilitatore del gioco. Egli osserva, propone contesti, guida le interazioni, supporta la riflessione metacognitiva e valorizza il potenziale educativo dell’esperienza ludica. Può anche cogliere stili di apprendimento, dinamiche relazionali, competenze emergenti, individuare bisogni specifici, raccogliere informazioni preziose sui processi cognitivi, emotivi e sociali in atto, stimolare apprendimenti trasversali e favorire una valutazione autentica, centrata sul processo e non solo sul risultato.

Pianificare il Gioco a Scuola

Il gioco come metodologia didattica richiede una pianificazione intenzionale di attività ludiche coerenti con gli obiettivi educativi, nonché la predisposizione di spazi e materiali che stimolino la curiosità, la cooperazione, l’interazione tra pari e l’autonomia. L’insegnante può facilitare momenti di verbalizzazione e condivisione, rendendo consapevoli i bambini dei processi messi in atto durante il gioco. Questo approccio integra il fare con il pensare, rendendo il gioco non solo esperienza, ma anche conoscenza.

Il gioco è uno strumento elettivo per la crescita cognitiva, emotiva e sociale, un linguaggio privilegiato dell’infanzia e un potente strumento educativo. Favorisce uno sviluppo equilibrato e una didattica realmente centrata sul bambino permette di riconoscere il valore del gioco come attività in grado di promuovere un’educazione partecipativa, creativa e inclusiva.

Un tale contesto educativo riconoscerà il gioco come un linguaggio educativo fondamentale, un ponte tra la spontaneità dell’infanzia e la costruzione del sapere.