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Giustizia Riparativa in pillole (Parte 2)

Giustizia Riparativa in pillole (Parte 2)

Leggi qui la prima parte dell’articolo

La definizione di giustizia riparativa nella riforma Cartabia

Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», noto come Riforma Cartabia, definisce la Giustizia Riparativa come «ogni programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore», in linea con la Direttiva in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato (2012/29/UE) – e con la Dichiarazione di Venezia adottata dalla Conferenza dei Ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa il 13 dicembre 2021, durante il semestre di Presidenza italiana.

Da tale definizione emergono gli elementi fondamentali della Giustizia riparativa:

  • la volontarietà;
  • l’equa considerazione di vittima e offensore;
  • il coinvolgimento della comunità.

Le fonti normative

Nel nostro ordinamento penale la diffusione di strumenti di carattere riparativo deriva principalmente dall’istituto della Messa alla Prova, sperimentato per la prima volta nel settore minorile, in ottemperanza agli artt. 28 e 29 del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, recante «Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni», ispirato ad alcuni principi fondamentali delle convenzioni internazionali, con cui è introdotto il processo penale minorile, la cui ratio è orientata al preminente interesse della persona di minore età.

La giustizia riparativa, in tale contesto, riveste una spiccata funzione pedagogico-rieducativa attraverso la quale, alle pretese punitive delle istituzioni, si privilegia l’aspetto dialogico e relazionale basato sul confronto tra imputato e vittima.

Fatte queste premesse il procedimento penale minorile è orientato ad una finalità del tutto costruttiva; la commissione di un reato non è considerata soltanto la violazione di una norma penale, ma indica altresì la rottura di un equilibrio sociale tra l’individuo e la comunità e, in tal senso, rappresenta l’occasione per realizzare un percorso riabilitativo: l’incontro del reo con la sua vittima e con il suo portato di sofferenza è finalizzato ad un processo di revisione critica ed è la base da cui ripartire verso orizzonti nuovi, sani, evolutivi, finalizzati al suo reinserimento sociale (Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di Giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato (maggio 2019), Ministero della Giustizia, DGMC).

L. 67/2014: Messa alla Prova per Adulti

La Messa alla Prova per Adulti è stata introdotta con la legge 28 aprile 2014 n. 67 «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili», che ha previsto, per i casi disciplinati dall’art. 168 bis del Codice penale “condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa” all’interno del programma di trattamento.

Si tratta di un istituto molto complesso, ove emerge un carattere negoziale, un intento di deflazione ed una componente innegabilmente afflittiva. Esso è stato introdotto in un contesto successivo alla sentenza Torreggiani del 2013, una sentenza pilota della CEDU, che rappresenta uno spartiacque nel nostro ordinamento, in quanto stigmatizzando il sovraffollamento nelle realtà carcerarie italiane ha indotto il nostro legislatore a trovare rimedi alternativi e ad introdurre nuovi benefici di legge, tra cui la Messa alla prova per adulti.

L. 354/1975

Nel settore degli adulti, sono contemplate prescrizioni riparative altresì nell’art. 47 della legge 26 luglio 1975 n.354 «Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative della libertà», ove è previsto che il Tribunale di Sorveglianza, ammettendo un condannato all’affidamento in prova al Servizio Sociale, possa imporgli di adoperarsi in favore delle vittime del reato; a tal proposito l’art. 27 comma 1 del DPR. 230/2000 prevede “possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato”, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa.

Con il nuovo millennio si prospettano orizzonti complementari innovativi; con il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», tra gli obiettivi prioritari è annoverata l’esaltazione del principio di rieducazione e,  per la prima volta nel nostro ordinamento, la giustizia riparativa è disciplinata in modo organico.

La rivoluzione culturale promossa dalla riforma Cartabia

È incontrovertibile la tendenza della Riforma ad enfatizzare il ricorso alla giustizia riparativa, alla quale è dedicata un’intera sezione, orientata non soltanto all’autore del reato ma soprattutto alla vittima, e definita dalla Prof.ssa Cartabia come «la possibilità di un sistema giudiziario in grado di domare la rabbia della violenza e di ricostruire legami civici tra i cittadini».

La Riforma Cartabia preannuncia altresì una rivoluzione culturale in quanto, per la prima volta al mondo, la materia della giustizia riparativa, che altrove è distribuita in modo frammentario, viene sistematizzata in maniera organica ribaltando il principio fondante del sistema penale, quello retributivo, per cui ad ogni sanzione corrisponde una pena e nel quale l’unico protagonista è il reo, ed instaurando il paradigma riparativo che cambia la fisionomia della penalità: adesso i protagonisti sono  l’autore del reato, la vittima e la comunità.

Se a partire dagli anni Ottanta con la giustizia riparativa si era data voce ai diritti delle vittime dei reati, che non avrebbero avuto riconoscimento se non attraverso la costituzione di parte civile, oggi si va oltre, si guarda alle relazioni e alla comunità in senso allargato, formalizzato; la Riforma prevede l’istituzione di un Centro per la giustizia riparativa presso ogni Ente locale e, per ciascun distretto di Corte d’Appello, la Conferenza locale per la giustizia riparativa (Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, art. 63), con l’obiettivo di diffondere questo tipo di cultura e di orientarsi verso strumenti alternativi nella soluzione dei conflitti.

La Riforma, in tal senso, istituzionalizza le pratiche risarcitorie e riparative; la Restorative Justice assume la caratteristica della stabilità, dell’organicità, della diffusione capillare: la giustizia riparativa oggi è considerata un’opportunità di rinascere che dev’essere data a tutti.