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Giustizia Riparativa in pillole (Parte 1)

Giustizia Riparativa in pillole (Parte 1)

La Restorative Justice, o giustizia riparativa, è un metodo di composizione del conflitto derivante da un reato tra l’autore e la persona offesa, con l’aiuto di un terzo neutrale e si è diffusa a partire dagli anni Ottanta come realtà che si affianca, senza sostituirsi, al processo e all’esecuzione penale.

Tale forma di riparazione che esisteva già nelle società primitive in forma primordiale, spesso consistente in un risarcimento economico, persegue molteplici finalità: offre ristoro alla vittima; serve a responsabilizzare il reo rispetto alla condotta delittuosa; riduce il ricorso alle controversie giudiziarie, la cosiddetta deflazione giudiziaria.

Nell’ambito del sistema penale ha inaugurato una realtà innovativa rispetto alle tradizionali concezioni di pena, caratterizzate da una natura afflittiva, retributiva o rieducativa.

Ma qual è la funzione delle pene?

Sin dal loro esordio le scienze penalistiche hanno cercato di definire quale sia la funzione delle pene. Per la Scuola Classica, influenzata dai principi illuministi che esaltano la ragione e ritengono l’uomo responsabile delle proprie azioni, le pene hanno una funzione retributiva ed afflittiva: il criminale deve essere punito per avere “scelto” di commettere un reato.

La Scuola Positiva ritiene invece che il comportamento del criminale non sia del tutto libero, ma sia condizionato da fattori biologici, sociali o culturali, fattori che la pena deve eliminare attraverso una funzione speciale preventiva, di rieducazione (G. di Gennaro, R. Breda, G. La Greca, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione).

Le due posizioni confluiscono infine nella cosiddetta Terza Scuola che sancisce la polifunzionalità della pena, secondo cui l’agire umano è senz’altro influenzato da cause oggettive, ma il soggetto ha delle responsabilità soggettive che non possono essere trascurate. Il sistema penale, dunque, è finalizzato alla punizione del colpevole, ma nello stesso tempo gli offre la possibilità di rieducarsi e reinserirsi nelle società: l’art. 27 comma 3 Costituzione stabilisce che “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”.

A partire dagli anni Ottanta la crisi del Welfare State e la scarsità di risorse da destinare ai fenomeni di devianza e alla rieducazione del condannato; l’emergenza del sovraffollamento carcerario; l’aumento della delinquenza, che evidenzia i limiti di un modello inadeguato a ridurre la recidiva; il dilagare della criminalità dei colletti bianchi, per la quale è improprio parlare di rieducazione, inducono a ricercare modelli penali alternativi. In tale scenario si afferma un nuovo paradigma, la giustizia riparativa, la cui diffusione è ancorata altresì alla necessità di garantire maggiore riconoscimento e centralità alle vittime del reato, spesso trascurate dai sistemi penali moderni (cfr. www.altrodiritto.unifi.it, centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità).

Cos’è la Restorative Justice o Giustizia Riparativa?

Con la Restorative Justice si restituisce alle parti, reo e vittima, il potere di discutere dell’azione delittuosa e di trovare delle forme di riparazione adeguate: tale modello si prefigge obiettivi di cura e riparazione e non di punizione, è orientato al risarcimento del danno al fine di rispondere alle aspettative delle vittime, ma anche al senso di sicurezza collettivo, leso dalla commissione del reato. Si sposta il focus dell’esecuzione penale dagli aspetti prettamente custodiali e punitivi a quelli relazionali, dal carcere alla comunità, all’inclusione, alla partecipazione.

A differenza dei contenuti risarcitori tipici del diritto civile, la riparazione perseguita dalla giustizia riparativa ha un carattere morale, etico e non materiale, tende a responsabilizzare il reo rispetto alle azioni delittuose e all’aspetto lesivo della propria condotta; a tal fine è necessario che egli acquisisca consapevolezza del danno provocato alla vittima, riconoscendola come soggetto portatore di bisogni e di sofferenze generati dall’azione delittuosa (G. Mannozzi Problemi e prospettive della Giustizia riparativa in Rassegna Penitenziaria e criminologica, consultabile su  http://www.ristretti.it/areestudio/cultura/libri/riviste/2000_).

La giustizia riparativa, infine, non rappresenta una forma autonoma o alternativa di giustizia, ma un paradigma da affiancare a quelli tradizionali, e pertanto non può prescindere dall’accertamento giudiziario della responsabilità del reo. Purtuttavia essa concorre all’efficienza della giustizia penale in vario modo: agevola la riparazione del danno e la tutela dei beni offesi dal reato; incentiva la remissione della querela; facilita il percorso di reinserimento sociale del condannato; riduce i tassi di recidiva e il rischio di reiterazione del reato nei rapporti interpersonali, rappresentando un valido strumento per le politiche di prevenzione della criminalità (RIFORMA DEL PROCESSO E DEL SISTEMA SANZIONATORIO PENALE (D.LGS. 10 OTTOBRE 2022, N. 150), Ciclo di webinar a cura del Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura).

Quali sono gli strumenti della giustizia riparativa?

Gli strumenti della giustizia riparativa sono elencati dettagliatamente dall’ONU nella Risoluzione sui principi base sull’uso dei programmi di giustizia riparativa in materia criminale dell’Onu (Economic and Social Council delle Nazioni Unite n. 2000/14 del 27/07/2000):

  • Mediazione reo-vittima;
  • Mediazione con vittima a-specifica;
  • Community/Family Group Conferencing (mediazione allargata a gruppi parentali);
  • scuse formali attraverso lo strumento della lettera (apology);
  • community restorative board (dove gruppi di cittadini incontrano l’autore del fatto per predisporre un percorso riparativo);
  • community sentencing/peacemaking circles (la comunità viene coinvolta nel predisporre un programma sanzionatorio corrispondente agli interessi di tutti i soggetti coinvolti);
  • community/neighbourhood/victim impact statements (una modalità che viene utilizzata soprattutto nei reati senza vittima individuata per sottolineare le conseguenze sociali del crimine);
  • victim/community impact (scambi comunicativi di piccoli gruppi di vittime e di autori).

La Mediazione Penale è stata riconosciuta come il modello migliore in assoluto, quello anglosassone ispirato al metodo sistemico relazionale diffuso da Jacqueline Morineau che utilizza la logica del lavoro di rete e l’approccio olistico.

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