Nel secolo scorso, a partire dagli anni ‘70, abbiamo assistito ad un forte ampliamento del campo di indagine sul tema dell’insegnamento, che hanno prodotto una serie di proposte innovative, sulle metodologie e sullo stile di conduzione dell’attività didattico-educativa, finalizzate a guidare gli alunni ad essere consapevoli del proprio stile di apprendimento e di guidarli, conseguentemente, ad autoregolare e controllare l’esecuzione dei propri compiti mentali.
In questa prospettiva, si configurano, attualmente, una serie di teorie innovative delle didattiche attive, elaborate da importanti studiosi, di cui offriamo una breve e limitata rassegna riassuntiva, riguardante, in particolare : la didattica metacognitiva, la didattica multimediale, la didattica interdisciplinare , la didattica dell’errore, la didattica speciale, la didattica della peer education, la didattica interculturale, la didattica laboratoriale.
La didattica metacognitiva, il cui indirizzo determina il superamento del concetto, che imparare voglia dire, soltanto, acquisire un certo bagaglio di conoscenze (secondo il concetto bancario di cultura e secondo la tecnica idraulica del travaso), per acquisire competenze allargate e potenziate, finalizzate ad acquisire la consapevolezza, da parte del soggetto, dei propri processi cognitivi, della selezione di strategie appropriate e della verifica del proprio livello di conoscenza, che prevede, tra l’altro, anche, la correzione dei propri errori.
Questo nuovo orientamento comporta che venga sviluppata, come sostiene A. L. Brown, la competenza dell’imparare ad imparare , attivando processi di progettazione, controllo, verifica, revisione, che rispondano alle domande “dei che cosa, dei perché, della destinazione del percorso,
delle modalità operative, dei tempi da rispettare” (what ?, why?, where ?, whow ?, when ?).
Diventare esperti significa, perciò, acquisire le necessarie conoscenze relative a motivazioni, regole, strategie e obiettivi, necessari per una prestazione efficiente.
Ne deriva che, secondo lo studioso sopra citato, imparare ad imparare implica , per il soggetto, la possibilità di accedere a forme di abilità o comportamento, che non riguardano solo situazioni in cui sono state apprese, ma possono essere utilizzate anche in situazioni diverse, vale a dire, al di fuori del loro ambito specifico. In questo modo, l’alunno acquisisce una serie di tecniche, che lo aiutano a capire, comprendere, ricordare, applicare, in modo produttivo ed efficace, un certo materiale di apprendimento nei vari campi del sapere.
La didattica multimediale, la nuova tecnologia si presenta come una opportunità di riconsiderare i propri modelli, obiettivi di apprendimento e traguardi di sviluppo tradizionali, per disegnare, tramite gli strumenti telematici (televisione, smarthphone, internet, ecc.), quelli che R. Maragliano (n. 1946) definisce “apparati di conoscenza nuovi, basati sulla flessibilità sulla contaminazione e sull’ interattività”.
La didattica interdisciplinare, indica un argomento, una materia, una metodologia, che abbraccia competenze di più settori scientifici o di più discipline di studio. Essa esamina, quindi, una pluralità di contenuti della realtà, in tutti i suoi elementi, compresi le interazione tra loro, secondo un concetto di armonia e unitarietà dei saperi.
La didattica dell’errore riguarda una tendenza poco praticata, in quanto l’errore generalmente concepito come una caduta, un incidente di percorso, una caduta rovinosa, una dèfaillance grave, che determina, inevitabilmente, un intervento sanzionatorio, punitivo e spesso umiliante, da parte dell’educatore.
L’errore, quindi, non gode di una buona reputazione presso gli insegnanti, i quali sono, talvolta, orientati verso la qualità della prestazione e dei risultati attesi. Eppure è cosa nota a tutti che è impossibile non commettere errori, per cui è necessario essere consapevoli che bisogna affrontarli per correggersi.
A tale proposito, ammoniva Confucio (551 a.C – 478 a.C.), sulla necessità di “non correggersi dall’errore: ecco l’errore”. Inoltre, nella scienza, come nella vita, come sostiene K. Popper (1902-1994), vige il metodo di apprendimento per prove ed errori, cioè di apprendimento dagli errori.
La didattica speciale si basa sul concetto che la disabilità non si presenta come uno scarto dalla normalità, ma come una realtà da valorizzare , con la messa a punto di strategie personalizzate, in cui è necessaria un’attenzione educativa speciale più impegnativa, complessa e delicata, in cui l’insegnante deve esplorare una pluralità di percorsi (che non sono mai lineari), spesso mediante una comunicazione empatica facilitante, che valorizzi i linguaggi non verbali, collegati ai linguaggi verbali.
La didattica della peer education è un metodo che coinvolge direttamente i ragazzi nel contesto scolastico, con l’obiettivo di modificare i comportamenti specifici e di sviluppare le life skills, cioè, quelle abilità di vita quotidiana socializzanti , in cui si confrontano alla pari, in modo collaborativo, le esperienze di ogni singolo alunno.
La didattica interculturale, il termine “interculturale”, apparso, per la prima volta, a livello scolastico, nella Circolare n. 205 del 26 luglio 1990, riferita all’inserimento degli alunni stranieri, all’interno delle classi, indica, di fatto, la necessità di individuare, all’interno della scuola, principi comuni, con il riconoscimento della pari dignità e importanza di tutti i componenti della comunità scolastica, a prescindere dall’etnia, dalla cittadinanza, dalla cultura, dalla lingua, dalla religione, ecc.
Al fine di un inserimento a pieno titolo all’interno dell’istituzione scolastica è necessario creare, al suo interno, un ambiente favorevole di accoglienza, in cui si preveda una forma di conoscenza dei soggetti provenienti da realtà geografiche e politiche diverse e l’attivazione di una cura particolare dell’accettazione e dell’accoglienza, favorendo, soprattutto, un tipo di comunicazione empatica (basata sul dialogo affettivo), necessaria ad attivare ogni processo d’integrazione, nell’ambito del gruppo classe.
La didattica laboratoriale è una metodologia, ispirata all’attivismo pedagogico di John Dewey (1859 -1952), che privilegia l’apprendimento attraverso un fare ragionato, consapevole e responsabile (imparare facendo = learning by doing), che esalta il protagonismo degli alunni, sviluppando, in modo significativo, la scoperta personale, la ricerca, le capacità creative, l’azione, nonché il loro atteggiamento critico sulle esperienze vissute e sul risultato del proprio lavoro.
Questa metodologia consente, infatti, di passare , come sottolinea Fabbroni (1935 – 2024), dal vecchio schema della ri-produzione dei saperi, alla logica della “ri-costruzione, e reinvenzione delle conoscenze”.
Questo importante indirizzo consente alla nuova scuola di passare da un modello chiuso, centrato sui saperi formali (closed skills), verso un modello basato sull’apprendimento flessibile e aperto (open skills), attraverso l’elaborazione/costruzione di compiti e progetti da realizzare, capaci di coniugare il sapere teorico (saperi dichiarativi), col saper fare e col saper essere (saperi procedurali).
È il caso di rimarcare, come nota conclusiva, che la scuola moderna, per garantire a tutti gli alunni, la qualità del suo intervento, in termini di efficienza ed efficacia, ha bisogno di creare, al suo interno, un ambiente stimolante, coinvolgente e accattivante, in cui gli alunni siano in grado di dare un senso e un orizzonte di significato al loro processo di apprendimento, per sviluppare, tramite la costruzione personale della conoscenza, la loro identità e un loro progetto di vita socialmente utile ed eticamente produttivo.