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Aggressività e sport

Aggressività e sport

L’aggressività riguarda la naturale tendenza di ogni comportamento umano al  superamento, più o meno violento, di ostacoli ambientali, compresi quelli collegati con i soggetti, percepiti come rivali.

L’aggressività, che rappresenta, dunque, il modo di essere della razza umana, è stata ampiamente dibattuta da filosofi e studiosi nel campo della neuropsicologia, della psicologia sperimentale, della psicologia sociale, della psicanalisi, della psichiatria, ecc..

Un tema centrale, in questo senso, è rappresentato dal fenomeno del conflitto interpersonale che genera nell’essere umano pulsioni incontrollate, le quali si trasformano, spesso, nelle varie forme di attacco e di violenza nei confronti dell’altro da sé, concepito come pericolo e come minaccia.

Memorabile, a tale proposito, è l’affermazione di Thomas Hobbes (1588-1679), sulla natura egoistica dell’uomo, quando, nel sostenere la sua la sua tesi, utilizza la  famosa definizione: “Homo homini lupus” (l’uomo lupo per l’altro uomo).

Per sua natura l’uomo ha, quindi, bisogno dell’opposizione dei “nemici” da affrontare e superare, al punto che se i “nemici” non esistono, l’uomo li sente come esigenza e, perciò, li cerca e li crea.  

Questo non significa che egli abbia bisogno di eliminarli e di ucciderli, ma di misurarsi con loro, di considerarli avversari necessari con cui gareggiare, lottare e competere per garantire la personale sopravvivenza.

ln sintesi, l’aggressività nasce da una tendenza innata di ogni essere umano a padroneggiare la vita e ad impadronirsi del suo ambiente.

Il conflitto competitivo, perciò, serve all’affermazione della personale identità e a una realizzazione del sé individuale, pur mantenendo legami di amicizia o rapporti interpersonali corretti, anche tra avversari nella vita o nel campo sportivo.

Sono tipiche le amicizie tra avversari politici e tra persone appartenenti a diverse culture o squadre sportive, ma sono anche frequenti nelle controversie tra persone appartenenti alle stesse associazioni, fondate sulla condivisione o sulla comunanza di interessi ed idee.

Il ruolo dello sport

Calando il discorso sul tema sportivo, il confronto/scontro nelle competizioni individuali o a squadre risulta una costante, in cui il “nemico” è costituito dall’avversario col quale confrontarsi agonisticamente, ma può essere determinato, anche, dalla forza della natura, quando l’alpinista o il navigatore cercano di sfidarla e dominarla.

L’aggressività vincitrice che, nell’attività sportiva, risulta sublimata e socialmente accettata, caratterizza l’elemento fondante dello sport, che bisogna interpretare e concepire in una dimensione valoriale e in termini eticamente corretti.

Secondo Lorenz,Lo sport educa gli uomini a un cosciente e responsabile controllo del proprio comportamento combattivo. Pochi errori dell’autocontrollo vengono puniti con la stessa immediatezza e severità come quelli che si commetto nono durante un incontro di boxe(Lorenz, 1990).

Non si tratta, dunque, di combattere lo spirito aggressivo dell’essere umano e di annientarne l’energia vitale, in quanto tale operazione sarebbe, inevitabilmente, pericolosa e controproducente. Non si può pensare, infatti, ad una società idealizzata, in cui dominino le costrizioni imposte e le convenzioni sociali; infatti “se la società è in pericolo non è a causa dell’aggressività dell’uomo, ma dalla repressione dell’aggressività personale”.

Lo sport come strumento di gestione dell’aggressività

Lo funzione dello sport è quella di gestire in modo equilibrato la regolazione emotiva degli atleti, in modo tale che gli aspetti istintuali dell’aggressività assumano la forma di un’aggressione ritualizzata e controllata, senza provocare alcun danno fisico o psicologico all’avversario.

È bene sottolineare, quindi, che la tendenza congenita dell’uomo di affermare una forma di egemonia personale e di conquista di un suo spazio vitale d’azione, legata ad una pratica magica per la conservazione della vita, non può generare nell’atleta una incondizionata ipertrofia dell’Io, finalizzata al record e alla vittoria, intesi come conquista, incondizionata, del successo a tutti i costi.

L’aspirazione alla performance prestigiosa, in questo caso assume forma, significato e valore, se non prevede, come è stato sottolineato, la demolizione degli altri protagonisti dell’evento sportivo, ma il confronto rispettoso e leale, per superarli nella conquista del territorio, senza danneggiarli intenzionalmente o provocare danni fisici o psicologici per loro.

Tutti gli sport agiscono, dunque, per la conquista di un territorio:

  • negli sport di squadra, i giocatori di una squadra aggrediscono i giocatoti dell’altra squadra per conquistare il territorio avversario;
  • i lanciatori di peso e giavellotto cercano di conquistare un territorio limite, lanciando l’attrezzo il più lontano possibile;
  • il volteggiatore sul cavallo e sulle parallele cerca di conquistare un territorio addirittura spaziale;
  • il pugile cerca di conquistare il territorio sul ring, ecc.

Lo sport come “conquista del territorio”

La consapevolezza che ha l’uomo della propria debolezza, lo spinge a cercare qualsiasi occasione per dimostrare la propria forza e aggressività: il territorio sportivo dell’uomo è analogo al territorio di gioco del bambino, popolato di cowboy e indiani, da guardie e ladri, da personaggi dei vari videogiochi, ecc.

L’uomo, come il bambino, usa in modo diverso le vecchie “armi giocattolo” dell’infanzia, aggiornate alle sue esigenze aggressive, in cui, comunque, dovrebbe dominare il fair play, il confronto leale e non la lotta armata del campo di battaglia o l’esplosione di impulsi, incontrollati, socialmente censurabili e, quindi, inaccettabili e vietati.

Nel mondo contemporaneo alcuni eventi sportivi manifestano, purtroppo, un potenziale violento, che sembrerebbe contrastare la spinta civilizzatrice della moderna cultura sportiva, alimentando fenomeni di violenza, aggressione, sopraffazione, ecc. (comportamenti incontrollati e irrazionali in campo, da parte degli atleti, teppismo dei tifosi, ecc.).

Su questo argomento particolarmente appropriata è l’affermazione di Luciano Gallino (1978), relativa al significato della violenza: “la violenza è una forma estrema di aggressione materiale, compiuta da un soggetto individuale o collettivo, consistente vuoi nell’attacco fisico, intenzionalmente distruttivo, arrecato a persone  o a cose che rappresentano un valore, per la vittima o per la società in generale, vuoi  dall’imposizione mediante l’impiego della forza fisica o delle armi, di compiere atti contrari alla propria volontà”.

Come nota conclusiva, sarebbe utile sottolineare che bisogna coltivare la speranza che l’attività sportiva si presenti come occasione di crescita, maturazione e sviluppo, per le nuove generazioni, nella prospettiva di creare una società più umana e umanizzante.