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Uomini violenti: segni e segnali per riconoscerli

Uomini violenti: segni e segnali per riconoscerli

Saper riconoscere un uomo violento non è sempre così facile come possiamo immaginare. Spesso gli individui violenti indossano una maschera che cela la loro vera indole. Solitamente, nella vita sociale, al lavoro e nelle loro relazioni amicali, appaiono come persone cordiali e disponibili, salvo cambiare improvvisamente il loro comportamento quando sentono di perdere il controllo sulla propria partner o su un loro familiare.

L’atteggiamento violento si manifesta in varie modalità, fisiche e psicologiche, ed è importante riconoscere i segni ed i segnali premonitori di questi comportamenti aggressivi per stroncarli sul nascere ed evitare di trovarsi in situazioni di estrema pericolosità che possono portare a danni fisici e psicologici, anche permanenti.

In ambito psicologico e criminologico, questi segni e segnali vengono definiti “eventi sentinella”, ovvero tutti quei comportamenti e quelle situazioni interpersonali che deviano da un normale e civile, anche se conflittuale, dialogo relazionale e che tendono a prevaricare, sottomettere, umiliare la propria partner.

Valutazione dell’uomo violento

Come dicevamo, non è facile riconoscere un uomo violento, soprattutto nelle prime fasi di una relazione affettiva, dove “lui” farà di tutto per apparire come il principe azzurro attuando un’attenta e perversa strategia manipolativa per abbattere ogni difesa della donna oggetto del suo desiderio, per poi aggredire il suo corpo e la sua mente senza alcuna pietà.

E l’aggressione, difatti, altro non è che una risposta comportamentale voluta che mira a prevaricare uno o più individui e spesso include desideri di dominanza e controllo.

Il 90% delle aggressioni è preceduto da sentimenti di rabbia o rancore, ma solo il 10% degli individui che prova rabbia manifesta atteggiamenti aggressivi o, meglio, riconoscibili come tali.

Un uomo pericoloso può presentarsi come socievole, divertente, intelligente, affascinante. Come è vero anche il contrario: un uomo, sostanzialmente pacifico, può manifestarsi come asociale, scontroso, antipatico, ecc.

Il linguaggio del corpo dell’uomo violento

Di fronte ad un comportamento subdolo ed ingannevole diventa di fondamentale importanza l’abilità nel leggere il linguaggio del corpo di chi abbiamo di fronte, per cogliere i segni premonitori di un’aggressione. Riassumiamo qui i più importanti:

1. Pupille dilatate e mobili

Nell’imminenza di un attacco, nell’aggressore avviene il rilascio di una certa dose di adrenalina. Questo comporta nella sua percezione visiva un fenomeno noto come “effetto tunnel”, ovvero la perdita della visione periferica. Tale effetto comporta la necessità di muovere gli occhi a destra e a sinistra per contrastarlo e percepire, quindi, l’arrivo di eventuali testimoni e/o soccorritori.

2. Pallore e sudorazione eccessiva

Il viso dell’aggressore può apparire pallido, sudato, le orecchie al contrario possono essere arrossate, per via del maggior afflusso di sangue.

3. Mimica facciale inespressiva e rigidità nei movimenti

Nell’imminenza di un attacco, è anche probabile che si manifesti una mimica facciale inespressiva e tesa, nonché una leggera rigidità nei movimenti, nel tentativo di nascondere il tremito da adrenalina delle mani o delle braccia.

4. Voce alterata, tremolante, balbettante

Anche la voce può subire alterazioni, ed è probabile che subito prima di colpire, l’aggressore ammutolisca improvvisamente o risponda a monosillabi.

5. Mani non in vista o volutamente nascoste

Se l’aggressore porta con sé un’arma, cercherà di tenerla nascosta fino all’ultimo momento.

In questo caso, la mano che impugna l’arma sarà nascosta, in tasca o dietro la schiena. Se una o entrambe le mani dell’aggressore non sono visibili, quindi, fare attenzione.

Alcuni aggressori non nascondono le mani, ma ruotano il palmo all’indietro in modo da nascondere un coltello, oppure, sempre allo stesso scopo, tengono la mano armata vicino alla coscia per nascondere la lama.

La percezione dell’altro

Spesso i media riportano notizie di assassini, aggressori, stupratori, mostrando foto (solitamente in bianco e nero) in cui l’individuo è immortalato con espressioni lugubri e a dir poco terrificanti, con esaltazione dei tratti somatici tipici del “delinquente nato” di lombrosiana memoria.

La teoria del delinquente nato venne elaborata, per l’appunto, da Cesare Lombroso, psichiatra e antropologo forense vissuto tra il 1800 e il 1900, che riteneva possibile individuare elementi specifici della personalità del criminale attraverso lo studio delle sue anomalie fisiche, quali malformazioni o anomalie dello scheletro, del cranio e del viso (come orecchie grandi, fronte alta, zigomi sporgenti, naso storto, sopracciglia folte, alto tasso di pigmentazione della pelle) e comportamentali, come, ad esempio, assenza di rimorso, mancanza di moralità, uso di espressioni gergali, presenza di tatuaggi, crudeltà, vanità, precocità nel piacere dei sensi, epilessia (malattia introdotta nell’ultima stesura).

Nonostante le critiche avanzate dai suoi colleghi scienziati, poi smentite dalle statistiche criminali, il modello lombrosiano ebbe grande successo ed ha influito sullo sviluppo della criminologia, non solo italiana ma anche europea.

È, quindi, un preconcetto atavico dell’essere umano porsi in posizione di difesa di fronte a chi appare ai nostri occhi “brutto e cattivo”: nel mentre la nostra mente ci fa percepire negatività e pericolo in individui con tratti somatici alterati e aggressivi, ponendoci in un atteggiamento diffidente e difensivo, siamo invece portati a non considerare pericolosi soggetti di bell’aspetto e gentili, facendoci così abbassare la guardia ed esporre al rischio di rimanere vittima di un orco travestito da principe azzurro.


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Le parole non dette… e quelle che uccidono

E poi ci sono i silenzi assordanti, gli sguardi sprezzanti e pieni d’odio, le frasi pronunciate a mezza bocca, le critiche feroci, gli insulti palesi e quelli velati di sarcasmo. Tutti segnali che indicano che abbiamo di fronte un uomo violento, portatore di una violenza più feroce di quella fisica, perché subdola e strisciante: la violenza psicologica. In un perverso gioco di montagne russe dell’orrore, l’uomo violento e manipolatore, alterna dolcezza a crudeltà, portando la propria vittima sull’orlo del baratro per poi fingere di salvarla, minandone giorno dopo giorno l’autostima e distruggendo in lei ogni sicurezza nelle proprie capacità di reazione.

L’aggressività, fisica e relazionale, la mancanza di rispetto e di empatia contraddistinguono l’uomo violento, ne segnano i comportamenti e ci segnalano il pericolo, campanelli d’allarme che dobbiamo saper ben riconoscere per non rimanere vittime degli orchi del ventunesimo secolo.