Lo stress, termine spesso associato a tensione e affaticamento, può assumere due forme principali: eustress, che può portare a prestazioni ottimali e benessere, e distress, che, accumulandosi nel tempo, può causare la sindrome di Burnout.
Quest’ultima rappresenta uno stato in cui la persona non riesce più a gestire in modo costruttivo le sfide quotidiane sul lavoro.
La nascita del termine e la sua evoluzione
La storia della sindrome di Burnout inizia negli anni ’70 negli Stati Uniti, quando il termine fu coniato per descrivere un fenomeno comune nelle professioni d’aiuto, come medici e infermieri. Nel 1975, Christina Maslach definì la sindrome di burnout e nel 1981 introdusse il Maslach Burnout Inventory per valutarla. Anche se riconosciuta dall’OMS come un fattore che influisce sulla salute, non è inclusa nel DSM.
Le tre dimensioni della sindrome
Il burnout si manifesta attraverso tre dimensioni:
- Esaurimento: la persona si sente prosciugata, incapace di riposare e di affrontare nuovi progetti.
- Cinismo: si sviluppa un atteggiamento freddo verso il lavoro e i colleghi, spesso come meccanismo di difesa.
- Inefficienza: prevalgono sentimenti di inadeguatezza, bassa autoefficacia e disinteresse verso nuovi progetti.
Le fasi del burnout
Il burnout evolve attraverso quattro fasi:
- Entusiasmo: aspettative irrealistiche e dipendenza dal lavoro.
- Stagnazione: delusione e adozione di un atteggiamento passivo.
- Frustrazione: sentimenti di inutilità e rabbia verso colleghi e superiori.
- Disimpegno: apatia, cinismo e perdita di interesse per il lavoro.
Sintomi e categorie a rischio
I sintomi della sindrome di Burnout sono vari, comprendendo aspetti psicologici, somatici e generici. Professioni ad alto rischio includono quelle sanitarie, manageriali e insegnanti.
Cause e collegamenti
Le cause del burnout possono derivare da fattori ambientali, relazionali o individuali. Il mobbing può collegarsi al burnout, generando scoraggiamento e perdita di motivazione.
Approcci alla cura
La prevenzione è fondamentale, con consigli come stabilire confini tra vita lavorativa e personale, praticare l’esercizio fisico e coltivare hobby. In casi più gravi, è consigliabile il supporto di uno psicologo, con terapie focalizzate sulla consapevolezza, valorizzazione delle risorse personali e comprensione dei legami tra comportamento, vissuto e contesto di vita.
Interventi a livello aziendale
Gli interventi aziendali possono includere il potenziamento delle competenze manageriali, miglioramento delle soft skills dei dipendenti e modifiche organizzative.
Riconoscere la sindrome di Burnout è il primo passo verso la gestione e la cura. Con una combinazione di strategie personali e interventi aziendali mirati, è possibile affro conclusione, promuovere un ambiente lavorativo sano e produttivo richiede un impegno collettivo
Le organizzazioni dovrebbero implementare politiche che favoriscano l’equilibrio tra lavoro e vita, incoraggiando pause regolari e fornendo programmi di supporto psicologico.
La sensibilizzazione e la formazione sui segni precoci del burnout possono contribuire a una cultura aziendale che riconosce e affronta le sfide legate al benessere mentale.
Inoltre, la creazione di spazi di comunicazione aperti può consentire ai dipendenti di esprimere i propri bisogni e preoccupazioni. Investire in programmi di sviluppo personale e professionale può contribuire a mantenere alta la motivazione e a prevenire il sopraggiungere del burnout. Questa sfida è promuovere un ambiente lavorativo sano e produttivo.
Leggi anche:
Test del burnout: scopri se e quanto il lavoro ti stressa
l Burnout secondo la medicina cinese: una nuova prospettiva olistica