GUARDA I NOSTRI CORSI GRATUITI >>> ISCRIVITI SENZA IMPEGNO

L’eredità filosofica del pensiero antico sulla saggezza come regola di vita (Parte 1)

L’eredità filosofica del pensiero antico sulla saggezza come regola di vita (Parte 1)

Una delle riflessioni più autentiche sul senso della vita comporta, inevitabilmente, un’attenta analisi sulle condizioni esistenziali dell’uomo attuale e del suo modo di essere-nel-mondo. Si tratta di una questione molto complessa, che investe il piano etico e che meriterebbe uno spazio d’intervento più approfondito e sistematico, rispetto a quello qui presentato, per cui si rimanda al supporto di trattazioni specifiche di autorevoli pensatori e studiosi, a partire dagli antichi filosofi, che hanno elaborato importanti teorie e precisi indirizzi di pensiero su questo problema. Il presente contributo si propone di offrire alcuni spunti di riflessione sul tema della saggezza, che comunque, è sempre dibattuto, non dagli esperti del pensiero, ma anche da ogni essere umano, che si pone precisi interrogativi sul senso della vita.

La saggezza come regola di vita

La regola del saper vivere deve essere oggetto di attenzione, soprattutto, in ogni tipo di attività didattico-educativa della scuola, che, come si sa, è impegnata quotidianamente nel tentativo non solo di istruire ma di educare le nuove generazioni a gestire, in modo positivo, un loro personale progetto esistenziale.

Ne deriva, perciò, l’esigenza fondamentale, per i soggetti impegnati nel campo dell’educazione, di tracciare alcune linee di condotta eticamente fondate e orientate che aiutino i bambini, i ragazzi e i giovani, a dare senso, significato e valore alla vita, immaginando e prospettando una modalità di vivere in cui il bene predomini sul male e in cui la gioia di vivere prevalga sulla fatica di vivere (il dolore dell’Io). Condizione, quest’ultima, che si configura sempre più, nei nostri giorni, come una sorta di “canto agonico”, di fronte alla percezione della cultura del nulla e della morte.

Per questo motivo, una morale sull’esistenza va ricercata, onorata, rispettata e perseguita, soprattutto in un momento come questo, in cui l’uomo, sempre più smarrito, ha la necessità di cambiare la sua visione del mondo e di superare la fatica di vivere, con una condotta che, come ci insegnano i filosofi antichi, sia fondata sulla saggezza.

Secondo una definizione, utilizzata, proprio in campo filosofico, la saggezza (dal greco phrònesis) è, in genere, “la disciplina razionale delle faccende umane, cioè, il comportamento umano razionale in ogni campo o la virtù che determina ciò che è bene e ciò che è male per l’uomo”.

Per questo motivo, educare alla saggezza, significa educare alla virtù e alla liberà, come afferma il poeta Orazio (65 – 8 a.C.) nelle Satire ( Libro II, 7) “Solo il saggio è libero, perché padrone di se stesso”.

L’importanza e l’attualità degli antichi filosofi

Il sostegno, nell’impresa, tipicamente umana, di guidare l’esistenza e l’agire, può essere, in questo caso, offerto da quei sistemi filosofici, che si ancorano al senso della vita, come il principio sostenuto, nell’antichità, dai vari filosofi, a partire da Platone (427 – 347 a.C.), secondo il quale la saggezza, accanto alle altre tre virtù (coraggio, temperanza, giustizia), costituisce la base del bene.

Rifacendosi al pensiero di Socrate (470 -399 a.C.), egli sostiene, infatti, che la saggezza rappresenta “la virtù propria della parte razionale dell’anima grazie alla quale è possibile ragionare e dominare la vita istintuale”.

Altro contributo fondamentale sull’argomento è offerto dal concetto espresso da Aristotele (384 – 322) che, nella sua opera Etica Nicomachea, definisce la saggezza: “una disposizione vera, accompagnata dal ragionamento, che dirige l’agire e concerne le cose che per l’uomo sono buone o cattive”. Per lui questa capacità rappresenta, anche, la via giusta per raggiungere la sapienza, che conduce alla felicità.

Seneca

A circa tre secoli di distanza, un altro maestro del pensiero, come Seneca (4 – 65 a.C.), nelle sua opera, di stampo stoicistico, “Le lettere a Lucilio”, afferma, in modo incredibilmente attuale, che bisogna perseguire “la tranquillità d’animo, che deriva dalla capacità di sopportare serenamente e con saggezza, le avversità, che provengono dagli uomini e dal mondo, in genere”.

A completamento di tale importante concetto, egli rimarca che “non è la quantità di tempo a definire l’esistenza, ma il livello di saggezza, che ci permette di gestire il tempo in modo saggio e di evitare che venga disperso e dissipato”. A tale proposito particolarmente significativa risulta la seguente affermazione, nelle sue lettere, riferita a certi comportamenti umani :

“Considera quanto tempo perdano nel fare i conti, quanto nel tramare, quanto nel preoccuparsi, quanto nel corteggiare, quanto nell’essere corteggiati, quanto li tengano occupati gli impegni giudiziari, propri e altrui, quanto i pranzi, che ormai sono obblighi sociali”.

Queste considerazioni portano alla convinzione, del famoso filosofo, che bisogna curarsi degli aspetti autentici della vita. Perciò, secondo lui: “non ille diu vixit, sed diu fuit” (non è vissuto a lungo, ma è stato al mondo a lungo), affermazione che sottolinea l’importanza della qualità della vita rispetto alla quantità.

In conclusione, quindi, cercando di sintetizzare le teorie espresse dai suddetti filosofi, si può pervenire all’affermazione che la saggezza rappresenta una risorsa morale, che aiuta le persone ad interrogarsi sul mondo e cioè: sulla realtà, sulla verità, sulla vita, sulla giustizia, sulla società e, soprattutto sulla mente umana.

Leggi la seconda parte dell’articolo