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L’educazione e il pensiero pedagogico

L’educazione e il pensiero pedagogico

La parola educazione deriva dai termini latini “educare” (che significa nutrire) ed “educere” (che significa portare fuori e quindi fare esprimere al fanciullo le proprie potenzialità). L’educazione può essere considerata come l’oggetto del pensiero pedagogico.

La parola pedagogia deriva da due termini greci: pedos, che significa fanciullo e gogos, che significa colui che guida. Perciò il concetto di pedagogia sta ad indicare proprio quell’azione volta a condurre i propri fanciulli al pieno sviluppo di se stessi e alla piena espressione delle proprie potenzialità. Infatti, Émile Durkheim e Auguste Comte hanno descritto la pedagogia come la “scienza dell’educazione dei bambini”.

Il pensiero pedagogico nel corso della storia

Il pensiero pedagogico ha origini molto antiche. Ai tempi di Aristotele (e quindi durante il I secolo a.C) l’educazione era considerata come una qualità che doveva appartenere ai soli cittadini (e quindi ad una certa élite). Nel periodo cristiano, la pedagogia riguardava l’azione di condurre le varie persone verso l’apprendimento e dunque verso la trasmissione dei dogmi cristiani. Nel Medioevo, il pensiero pedagogico veniva tramandato dai monaci all’interno dei monasteri attraverso l’insegnamento della lingua latina.

Sul finire del 1700, un autore importante che diede una svolta decisiva al pensiero pedagogico è stato Jean-Jacques Rousseau, che sosteneva l’importanza della libertà nel processo di apprendimento del fanciullo, il quale era considerato come un individuo buono e quindi in grado di sviluppare liberamente le proprie capacità.

Nel corso del XIX secolo, invece, è sorta una nuova corrente e cioè il positivismo, il cui massimo esponente è stato Auguste Comte. Il positivismo affermava l’importanza del primato della scienza, che veniva considerata come l’unico mezzo per raggiungere la conoscenza.

Nel corso del XIX secolo, nasce una nuova corrente, che esprime un vero e proprio pensiero rivoluzionario: l’attivismo pedagogico.

La pedagogia nel Novecento

Nel corso del Novecento, sono sorte in particolare tre correnti pedagogiche:

La corrente mistica: in essa si trovavano tutti gli autori che riprendevano i concetti di libertà di apprendimento proposti da Rousseau, quali ad esempio Lev Tolstoj, il quale esprimeva queste idee nella sua scuola di Jasnaja Poljana e Semenovyč Makarenko, il quale esprimeva le suddette idee in collaborazione con gli altri. A questa corrente appartenevano anche Maria Montessori e le sorelle Rosa e Carolina Agazzi, che nella loro scuola esprimevano l’importanza dei concetti di ordine e di pulizia;

La corrente scientifica: in questa corrente, troviamo Ovide Decroly, il quale sosteneva che l’apprendimento doveva essere considerato come un bisogno e un processo mentale di soddisfazione e maturazione e Maria Montessori, la quale era considerata esponente di spicco di questa corrente, che proponeva una scuola “a misura di bambino”, in quanto riteneva che un ambiente attrezzato a misura di ogni discente, le facesse esprimere pienamente le sue potenzialità;

La corrente filosofica: in questa corrente troviamo Èdouard Claparède e John Dewey, che è considerato il padre fondatore dell’attivismo pedagogico. L’attivismo pedagogico è una corrente che sosteneva l’importanza del puerocentrismo: per la prima volta, era l’apprendimento il fanciullo ad essere al centro. Ciò si discostava nettamente dalla visione magistrocentrica sino ad allora esistente. Un altro aspetto importante di questa corrente era l’importanza ricopera dall’esperienza. Infatti, secondo il pensiero di Dewey, il bambino poteva apprendere solamente attraverso il fare.

Èdouard Claparède è stato un altro importante esponente di questa corrente e sosteneva che l’educazione dovesse essere funzionale e quindi dovesse partire dai bisogni e dagli interessi del fanciullo.

Naturalmente il pensiero pedagogico che si è sviluppato nel Novecento non si limita a questi autori, ma tutti si riferiscono comunque ad una di queste tre correnti.