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Educazione: Le origini della parola nella cultura classica e le rivoluzioni del Novecento

Educazione: Le origini della parola nella cultura classica e le rivoluzioni del Novecento

Innanzitutto, partiamo col dire che la parola educazione deriva dal latino, educere “tirare fuori”. Plutarco, storico e filosofo greco, affermava a tal proposito: “La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma piuttosto, come legna, necessita di una scintilla che l’accenda e vi infonda l’impulso alla ricerca e un amore ardente per la verità”.

Educazione e pedagogia

Se vogliamo tradurre la parola educazione con il termine pedagogia, questa di derivazione greca, PAIS (fanciullo) e AGOGHEO (condurre per mano), scopriamo nuovamente come il mondo della Grecia antica, attraverso un altro, insieme a Plutarco, dei suoi più grandi maestri e filosofi, Socrate, cominciasse a diffondere una idea di  educazione come base fondamentale per la crescita di un fanciullo: “condurre per mano il fanciullo”, ovvero educazione come sollecitazione dello sviluppo di tutte le capacità psico-fisiche dell’essere umano.

L’essenza del messaggio sull’educazione di Socrate si evince benissimo in alcune pagine del libro I quattro maestri, del noto autore Vito Mancuso, teologo e filosofo, attualmente docente del master in Meditazione e Neuroscienze dell’Università degli Studi di Udine; con stima ed ammirazione, Mancuso ci parla del filosofo Socrate, da sempre dedito all’impresa educativa, una  missione a lui affidatagli da Dio come un compito, un lavoro raffinato e sopraffino di un pioniere dell’educazione nel senso più umano, vero ed intimo del termine, uno dei primi in assoluto.

Virtù ed anima concetti, per Socrate, racchiusi e fondanti la parola educazione: senza questi due capisaldi non si concepisce la missione educativa, Socrate quindi come maestro di vita, istruttore di anime e virtù. Dalle parole di una altra nota filosofa e storica, Hannah Arendt, ecco rappresentato e veicolato il senso più veritiero di educazione: “Socrate voleva portare alla luce la verità che ognuno potenzialmente possiede”.

Spostandoci dall’antica Grecia e arrivando ai primi del Novecento, ci troviamo all’inizio di una nuova fase per quello che riguarda il termine “educazione” (cfr. Educazione per un mondo nuovo, Maria Montessori) e per ciò che questa parola contiene in sé; senza modificare il concetto che Socrate diffonde prima, ora un nuovo faro viene illuminato sui qui sacri ideali di un tempo, uno scopo necessario e sentito viene ad affacciarsi nella società moderna.

L’educazione per i poveri: nasce la “Casa dei Bambini” di Maria Montessori

Maria Montessori, pedagogista famosa e pioniera del suo noto “metodo Montessori”, nel 1907 fonda a Roma, nel quartiere malfamato di San Lorenzo, la primissima CASA DEI BAMBINI di cui parla nel suo libro La scoperta del bambino: una casa davvero speciale, un ambiente creato appositamente per accogliere i bambini del quartiere,  soprattutto i bambini delle classi più povere, disagiati. San Lorenzo è infatti il quartiere dei poveri, dove vivono lavoratori umili, operai mal retribuiti; vive anche chi ozia, è disoccupato o uscito di prigione, in cerca di un riscatto sociale.

Ecco che qui nasce questa dimora per i bambini poveri, finalmente una loro “casa”, dove poter ricevere la giusta accoglienza e la più onesta guida alla crescita. Finalmente un diritto acquisito, ottenuto con grande soddisfazione. Così questa casa s’apre ai bambini che sono in strada, buttati qui e là senza protezione, in cui le mamme possono tranquillamente lasciarli ancora prima dell’età della scuola primaria, con grande sollievo e la sicurezza che lì potranno ottenere le cure più calde e amorevoli. Il bambino trova un ambiente dove esprimere tutto il suo potenziale in maniera libera, disincantata e serena, si ritaglia uno spazio nella comunità, apprendendone gli aspetti fondamentali.

Dunque, Maria Montessori pone le basi di quella che poi diverrà una educazione inclusiva, “educazione per tutti”.


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Don Milani e la sua rivoluzione sociale: l’educazione per tutti fa il suo ingresso nella scuola

Se Maria Montessori pone le basi di una “educazione per tutti”, portando avanti il fulcro del concetto di educazione che Socrate, nella cultura classica, aveva diffuso, ora siamo nel 1967, in un contesto di rivoluzione sociale, alle soglie dell’epoca sessantottina, Don Lorenzo Milani, con la sua LETTERA A UNA PROFESSORESSA, della scuola Barbiana, annuncia nuovi tempi in arrivo: una scuola per tutti, una scuola democratica.

L’editorialista del “Corriere della Sera”, Ernesto Galli Della Loggia, nel suo testo L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola, affronta la tematica posta in rilievo da Don Milani, spiegando come quest’ultimo abbia avuto il merito di dar voce alle classi più povere, molto spesso escluse dalla scuola italiana.

Lettera a una professoressa”, infatti, descrive ragazzi di campagna respinti da una scuola e una cultura elitaria, una scuola scevra dai loro saperi, più incentrati al saper pratico che teorici della letteratura e delle materie umanistiche; perciò, la conseguenza della polemica innestata ha portato alla fine della scuola per pochi agiati, ricchi e di famiglia borghese, dando il via alla “scuola inclusiva-democratica” ad un’“educazione scolastica per tutti”, valorizzando saperi e valori del mondo rurale e più modesto.

Nel contempo, però, il noto editorialista ci apre lo sguardo verso ciò che, la “vittoria sociale” ottenuta, nel tempo, pian piano, arrivando fino ai giorni nostri, ha contribuito ad innescare, ovvero il via alla trasformazione della funzione centrale dell’Istituzione Scolastica: la trasmissione dei contenuti delle materie letterarie ed umanistiche, tacciati di appartenere a dei saperi troppo “alti” per essere di tutti, è andata impoverendosi, lasciando sempre più spazio alla primaria e troppo prematura acquisizione delle competenze, soprattutto tra i più giovani.