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Dono di sé: significato e funzione nella sua dimensione educativa

Dono di sé: significato e funzione nella sua dimensione educativa

Il “dono” rappresenta un elemento fondante di ogni legame educativo che coinvolge, a livello scolastico in particolare, sia il donatore-educante che il donatario-educando, attivando una dinamica relazionale ricca di contenuti affettivo-relazionali e che coinvolge funzioni di tipo conoscitivo e socio-emotivo.

In origine il “dono” non era centrato sull’offerta e sullo scambio di oggetti come avviene oggi: consisteva
nel darsi affettivamente all’altro fino a perdere qualcosa del sé, in una sintesi antropologica del corpo e dell’anima insieme. Ciò determinava anche un’analoga risposta da parte del destinatario e, quindi, una situazione circolare di scambio, simbiosi ed immersione reciproca.

L’importante fenomeno, che dà senso e significato alla dimensione relazionale dell’esistenza, ha avuto una sorta di allargamento e di diffusione a intere comunità nel corso della sua evoluzione, determinando una forma di legame sociale, che costituisce il nucleo fondante di un vero e autentico umanesimo.

ORIGINI DEL DONO

C’è da rilevare che questo tema ha origini antiche. Già Seneca (4 a.C. – 65 d.C.), nella sua opera De beneficiis, sancisce il passaggio etico e politico, inteso come transito dalla cifra dell’utile a cui anche le decisioni governative facevano capo, ad una prospettiva concentrata sull’umano, ridefinendo strutturalmente i fini propri della costruzione dei legami sociali e del loro sviluppo.

A tale proposito, il famoso filosofo afferma che il beneficio non si può toccare con mano: tutto avviene a livello spirituale. Gli oggetti, frammento visibile dell’organismo complesso del beneficio, non possono considerarsi il vero beneficium, ma, semmai sono da intendersi come lo strumento, la parte sensibile al cui interno risiede il bene facere.

L’antropologo Marcel Mauss (1872-1950) sosteneva, nel 1924, che il dono è il principio generatore di ogni comportamento arcaico. Secondo lo studioso, infatti: “accettare qualcosa da qualcuno equivale ad accettare qualcosa della sua essenza spirituale, della sua anima”. Ne deriva che il dono, basato sulla relazione con l’altro, diventa conseguentemente un fatto sociale totalizzante.

Secondo il filosofo Paul Ricoeur (1913-2005), il dono può dirsi tale se viene considerato come un darsi gratuito, fuori dalla logica dell’utile e del misurato. Pertanto, non può ridursi a mero trasferimento di una proprietà o di una qualche forma oggettuale, ma comporta la disponibilità ad abbracciare una dimensione comunitaria, inseribile in un processo di umanizzazione. Altre importanti teorie sul tema del dono e del suo significato umanizzante, possono essere ricavate dalle opere di famosi studiosi, come quella di Jacques Deridda (1930-2004), Jean-Luc Marion (1946) e altri.

L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO E DEL SIGNIFICATO DEL DONO

Nelle varie fasi di sviluppo della natura umana, il valore etico-sociale originario del dono ha perso il suo significato profondo, la sua dimensione arcaica, religiosa e magica. Tale dimensione era fondata sulla combinazione/incontro di due entità che diventavano un’unica realtà, così forte da rendere indelebile e permanente il rapporto. Nella società odierna vige invece una opposta interpretazione del fenomeno, conferendogli il nuovo significato di uno scambio, legato all’interesse e all’individualità egoistica della singola persona.

Infatti, secondo la concezione attuale, ampiamente diffusa, il termine “dono” si concretizza in azioni e comportamenti in cui prende forma e consistenza lo scambio di oggetti fisici, ai quali viene conferito il valore di un legame affettivo più o meno intenso e duraturo fra due persone. Il dono, col tempo, è così degenerato in merce, la cui validità è connessa ad una forma di contratto con implicazioni di tipo finanziario e, perciò, come transazione fondata sull’utilità dei contraenti.

DENARO E SENTIMENTO

Basti pensare, a questo punto, alla tipologia dell’accordo matrimoniale: sancito da una sorta di protocollo d’Intesa che, nonostante renda chiara e pubblica la solenne promessa dell’unione una volta pronunciata la frase di fedeltà “finché morte non ci separi”, di fatto determina una forma di rapporto/contratto che non contempla il suo valore permanente. Esso prevede l’apertura a future e possibili separazioni a media o lunga scadenza, la cui condizione legalmente prevista contiene una serie disposizioni istituzionali, comprese quelle di tipo economico.

La stessa vita sentimentale, intesa come fusione di due identità, può perdere la sua connotazione intima e sacra (scambio del sé autentico), legata alla natura umana dell’anima, per assumere una limitazione alla funzione fisico-prestativa di tipo organico da esibire o come offerta di un “servizio” da comprare, seguendo la logica della prostituzione. Il senso di un Io ipertrofico e il potere economico costituiscono, in questo modo, gli orizzonti di riferimento, orientati alla filosofia del possesso degli oggetti e degli altri, resi possibili e acquistabili tramite il denaro.

UNA NUOVA PEDAGOGIA DEL DONO

Come conseguenza delle riflessioni sopra esposte, si può affermare che la condizione esistenziale attuale assume, sempre più, la connotazione di una vera e propria miseria umana. Si percepisce il suo aspetto disumanizzato e disumanizzante, percepito e sottolineato da tutte le scuole di pensiero attuali impegnate nel campo dell’educazione.

A questo punto è necessaria un’azione di contrasto a tale indirizzo e mettere in atto, attraverso un intervento educativo mirato, un approccio orientato ad una pedagogia del dono. Il suo l’orizzonte di riferimento deve collocarsi all’interno di una prospettiva umanistica, aperta ad un sapere etico. Solo così l’essere dell’individuo può essere considerato come un essere per altri, capace di sfidare l’individualismo e l’atomismo sociale contemporaneo, per espandersi ad un rapporto empatico col mondo esterno.

In questa prospettiva il dono, inteso come atto intenzionale di prendersi cura dell’altro, rappresenta la prima esperienza umana come afferma il filosofo Emmanuel Mounier (1905-1950), la persona non esiste se non in quanto diretta agli altri.

LA STRATEGIA DEL DONO

Occorre, dunque, un progetto educativo da realizzarsi a livello scolastico che, riprendendo le teorie elaborate dagli studiosi sopra menzionati e in sintonia gli indirizzi delle scuole pedagogiche attuali, sia orientato a valorizzare i Traguardi di sviluppo. Tali traguardi devono essere centrati su contenuti relazionali affettivamente intensi e consistere in esperienze didattiche coinvolgenti e personalmente vissute da ogni singolo alunno.

In definitiva, l’organizzazione di strategie d’intervento mirate, in cui siano disegnati linee di principio relazionali del dono inteso come “darsi”, si propone lo scopo di superare la logica dell’avere. Il valore etico del saper essere individuale e sociale (sviluppo dell’intelligenza emotiva e dell’intelligenza sociale, basati su un rapporto interpersonale di tipo affettivo ed empatico) deve essere sempre considerato un riferimento.

In un tale progetto, che si configura come una vera e propria palestra di umanità, la strategia d’intervento programmata andrebbe impostata e gestita seguendo precise linee di indirizzo, che rispondano al valore del dono come un’intima donazione di sé da una parte e come l’offerta tangibile di oggetti-regalo dall’altra, la cui attestazione/dimostrazione concreta è intesa come strumento simbolico visibile e come parte sensibile di un’intensa relazione affettiva.

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