GUARDA I NOSTRI CORSI GRATUITI >>> ISCRIVITI SENZA IMPEGNO

Violenza ostetrica: dai giudizi agli atti estremi di violenza durante il parto e la perinatalità.

Violenza ostetrica: dai giudizi agli atti estremi di violenza durante il parto e la perinatalità.

DEFINIZIONE DI VIOLENZA OSTETRICA

Per violenza ostetrica si intende ogni forma di violenza fisica e verbale, interventi di medicalizzazione eseguiti senza consenso sulla donna durante il parto, abuso verbale o umiliazione, assenza di informazioni complete e esaurienti, e qualsiasi forma di discriminazione economica, religiosa, etnica e anche fisica, ma anche insufficienza di attrezzature mediche e strutture inadatte, come sostiene l’OMS. Tutte le possibili forme di violenza ostetrica nascono a partire dal concepimento fino al momento del parto e le prime ore di nascita del bambino, provocando nella mamma una depressione post-partum o disturbo post traumatico da stress.

Qual è la situazione in Italia? Si stima che su 3981 soggetti che hanno affrontato il travaglio, circa il 78% non ha potuto essere assistito dal partner, mentre il 39% ha subito interventi medici senza consenso, il 24% non è stato trattato con dignità e il 12,7% ha subito abusi.

VIOLENZA OSTETRICA: I GIUDIZI DEL PERSONALE SANITARIO

SULL’ETÀ

I giudizi partono già dal desiderio del concepimento della donna, a partire dall’età: solitamente una donna è giudicata qualora abbia superato i 35- 40 anni. Il giudizio spesso non è diretto, ma vi è spesso una tendenza dei professionisti sanitari (ginecologi, ostetriche) a fare terrorismo psicologico sull’eventualità di possibili problematiche del futuro nascituro, a causa dell’età materna più elevata, come la possibile incidenza di sindromi genetiche (le famose trisomie 21, 18, 13) e altre problematiche della donna, come la ripresa post-parto. Alcune future mamme, inoltre, sono esposte a battute poco piacevoli (“ti sei divertita fino a ora”, “hai pensato troppo alla carriera”, “puoi fare la nonna“).

Eppure in Italia mediamente l’età in cui una donna cerca o ha una gravidanza è intorno ai 35 anni, ed è l’età in cui la donna è maggiormente consapevole delle sue scelte e più felice, condizioni che permettono di vivere serenamente la gravidanza e spesso dare alla luce figli perfettamente sani, dimostrando come la biologia si adatta perfettamente allo stile di vita di questi tempi.

Il giudizio per quanto riguarda l’età della futura mamma è talvolta rivolto anche a giovani donne, che scelgono di avere un figlio sotto i 25 anni: alcuni, infatti, ritengono che la scelta di avere un figlio non sia consapevole e desiderata, ma frutto del divertimento della giovinezza.

SULLA SALUTE

Altri giudizi riguardano la salute della donna, spesso riferendosi al peso: sottopeso, sovrappeso, obesa. I professionisti sanitari consigliano una dieta, spesso senza avere competenze nell’ambito della nutrizione. La futura madre, così, inizia la gravidanza con l’avere dubbi sulla sua capacità di essere madre, che sembra dipendere dal suo stato fisico.

Il sovrappeso e l’obesità rappresentano un problema generale per la persona, e non nello specifico solo per la futura madre, che dovrebbe seguire uno stile di vita sano, e seguire in maniera specifica unicamente le norme igienico-sanitarie sul cibo e evitare alcool e fumo.

INTERVENTI NON NECESSARI ESEGUITI SENZA CONSENSO

Fra gli interventi che vengono praticati alla donna dai sanitari per facilitare il parto vi sono l’episiotomia, ovvero un taglio eseguito alla fine del parto, per facilitare la fuoriuscita del feto, e la manovra di Kristeller, una manovra pericolosa e sconsigliata dall’OMS che consiste nell’applicare pressione con il proprio corpo appoggiandosi sul ventre della partoriente per fare uscire il feto, o ancora un’induzione del travaglio forzata tramite ossitocina e/o altre sostanze. Tutte queste pratiche sono spesso eseguite senza il consenso della donna, oppure con un consenso “debole”, ovvero facendo pressione psicologica alla donna affinché accetti le pratiche.

Altre forme di violenza sono rappresentate da quella verbale, ovvero umiliazione o derisione, insulti e minacce, obbligare la donna a partorire solo sdraiata, anziché nella posizione più comoda, vietare l’assunzione di cibo e bevande, rendendo così la donna disidratata e debole. La nascita del bambino spesso non migliora la situazione: c’è una promozione aggressiva al rooming-in, dell’allattamento al seno senza che la puerpera possa avere sostegno dal personale sanitario, incomprensione dello stato psico-fisico della neo-mamma.

VIOLENZA OSTETRICA E ALLATTAMENTO

Nell’allattamento al seno, che è fortemente raccomandato dall’OMS per almeno 6 mesi e oltre i 2 anni, o finché mamma e bambino lo desiderano, a volte la donna può incontrare delle difficoltà, e nonostante si raccomandi alla mamma di attaccare al seno quanto più possibile il neonato per stimolare la produzione di latte, spesso si dà per scontato che l’attacco sia corretto, che non ci siano problemi fisici nella donna o nel neonato. L’allattamento diventa così una delle parti più difficili della cura del neonato, la donna riceve spesso consigli non adeguati, provando un senso di frustrazione e inadeguatezza.

Sarebbe dunque utile per la futura mamma frequentare i corsi di preparazione al parto, informarsi sui possibili aiuti e i suoi diritti. D’altra parte, è compito del personale sanitario, come ginecologi, infermieri e ostetriche, oltre a continuare a formarsi, cercare di sviluppare una sensibilità circa la gravidanza, il parto e la perinatalità, sostenere le donne senza giudizio, e soprattutto, educarsi a richiesta del consenso.

Leggi anche: PERINATALITÀ ED UMANIZZAZIONE DELLE CURE