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La gioia come arte di vivere e forma di apertura al mondo

La gioia come arte di vivere e forma di apertura al mondo

La scoperta della plasticità del cervello umano evidenzia che esistono differenti visioni del mondo e di sé stessi, che permettono di vivere diverse interpretazioni della vita, spesso divergenti e contrastanti, con personali capacità adattive, che influiscono sul modo di pensare, sentire ed agire di ogni persona.

La perdita della gioia

Nel corso della vita, nello stesso uomo si susseguono, si alternano e coesistono stati d’animo opposti come, per esempio, la gioia e la rabbia, condizionati, spesso, dalla tipologia delle componenti ambientali. Ne sono un esempio quelle recenti, legate alla pandemia di Coronavirus, che hanno, contribuito, in molti casi, ad alimentare la paura del contatto, della vicinanza fisica e della stessa comunicazione ravvicinata.

In questo caso, sono prevalse situazioni di allarme e meccanismi di difesa, in cui si è persa la gioia che derivava da esperienze esistenziali vissute come attività piacevoli (le attività motorio – sportive, le attività ricreative, gli stessi impegni lavorativi, i rapporti interpersonali efficaci, la comunione e la condivisione di interessi comuni, ecc.).

Tale impoverimento esistenziale si è concretizzato con vari tipi di rinuncia, in cui hanno prevalso sentimenti negativi, come la paura, il panico e la stessa fatica di vivere con gli altri.

Si tratta, ora, di ricomporre la stabilità emotiva compromessa che ha generato l’esperienza esistenziale negativa. Non considerare questa fase di sofferenza come una condizione irreversibile della vita, ma operare interventi mirati a generare condizioni psichiche piacevoli, centrate su due sentimenti fondamentali, come la gioia e la felicità, che rendono la vita degna di essere vissuta.

Gioia e felicità

Tali termini simili, ma non sinonimi, che indicano questi due sentimenti, assumono significati diversi: la gioia (dal latino gaudium = godere, etimologicamente = legame o meglio “reliance” con se stessi e con gli altri) indica una forma di serenità ed un vissuto sentimentale e affettivo interpersonale, un sentire comune, che diventa una “gioia di vivere” legata al senso del “Noi”.

Considerare il “Noi”, infatti, permette di comprendere che ciascun essere umano non è isolato, ma è parte di una storia comune, che aiuta a superare la personale fragilità. Già tre secoli fa Spinoza definiva la gioia come “potenza d’azione, un’energia che va al di là del soggetto per diventare collettiva”

Essa si esprime, anche, come una forma del saper vivere (saggezza del cuore) e può prevedere vari tipi di legame (amore, amicizia, rapporti empatici, ecc.) e, quindi, il rapporto col mondo degli altri. Come afferma Edgard Morin, “il cuore è il luogo dove si ristabilisce il legame con la gioia”.

La felicità (dal latino felix = piacere connesso con la realizzazione di un desiderio), invece, riguarda, il piano del piacere individuale che, collegata, alla sfera personale, rappresenta la risposta dell‘ “Io” ad un determinato stimolo.

Essa è riferita ad un momento preciso, con un specifico orientamento di pratica utilità e, quindi, finalizzato ad un interesse particolare (il riconoscimento sociale, la ricompensa, il successo, il potere, i risultati in campo professionale, ecc.).

La gioia come essenza di vita

La gioia, nel significato sopra descritto, rappresenta un paradigma esistenziale necessario, ad ampio respiro, un’arte di vivere, che sviluppa, nell’essere umano, la coscienza del senso e del significato della propria presenza nel mondo e della sua condizione esistenziale, in genere.

Come afferma Terry Tempest Williams: “a volte la dichiarazione più forte che possiamo fare al mondo è una sfidante espressione di gioia”. Papa Francesco ribadisce tale concetto, quando afferma che “il cristiano è uomo di gioia”.

Si tratta, insomma, di uno stato d’animo, che investe la totalità antropologica della persona, intesa, come abbiamo già sottolineato, come apertura al mondo degli altri, in cui interagiscono componenti di natura biologica, ambientale, sentimentale, filosofica, religiosa, ecc.

La sofferenza e il dolore, intese come situazione di fragilità che non sono presenti nell’ambito della felicità, possono essere, al contrario, compatibili con un sentimento di gioia. La gioia, infatti, può anche essere il risultato finale di una forte tensione emotiva, che, grazie a una forte determinazione, porta a una chiara consapevolezza e al saggio senso di equilibrio, può portare a superare ostacoli, anche di tipo ambientale e sociale.

Basti pensare al campo della fede, in cui la mortificazione fisica e il sacrificio che hanno disegnato la storia della religione, sono state interpretata non come sofferenza, cioè, come una diminutio e un limite dell’esistenza personale, ma come gioia consapevole di credere, che permette, attraverso la carica di una fede profonda, l’elevazione spirituale e, quindi, la vera ed intima comunione con Dio.

Degna di essere sottolineata, a tale proposito, è l’affermazione di Ludwig Van Beethoven, quando sostiene che “i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza”. Particolarmente utile e appropriata è, anche, la raccomandazione di un autore anonimo che recita: “non lasciare la gioia fuori dalla porta soltanto perché il dolore ti ha fatto visita poco prima”.

Un altro aspetto da rimarcare, sul tema della gioia, è lo stato d’animo positivo, che deriva dalla comunicazione empatica di ogni persona con i suoi simili, tramite il linguaggio verbale e non verbale, quando diventa espressione calda, fatta di flussi affettivi intensi, capaci di creare una sorta di permeabilità reciproca di pensieri e sentimenti, che sono generativi di gioia e di ben-essere.

C’è da evidenziare, a questo punto, la complessità e la contradditorietà della società attuale che sta determinando, gradualmente, la perdita della gioia, come capacità di affermazione di sé e di aggregazione umana, soprattutto, quando:

  • sfida le leggi della biologia e della mente umana,
  • ignora la sua dimensione emotiva e sociale,
  • tende ad inaridire la componente umanizzata della bellezza e dell’amore,
  • esalta, come valore attuale di riferimento, l’aspetto produttivo e performante di ogni azione umana.

Il ruolo della scuola

In base al quadro sopra delineato, si pone, ora, il problema di quali sono gli interventi da attivare, a livello educativo, sull’educazione alla felicità delle nuove generazioni.

In questa direzione sono state attivate apposite iniziative sperimentali in alcune scuole del mondo, che hanno fatto registrare ottimi risultati; ma si tratta, purtroppo, di progetti innovativi estremamente avanzati che cozzano, inevitabilmente, con i sistemi di istruzione e di educazione istituzionalizzati, i quali continuano a proporre modelli operativi sedimentati e centrati su cliché disciplinari fissi.

L’ipertrofia burocratica e i conformismi metodologici consolidati in cui si confondono spesso i mezzi con i fini, risultano, oggi, inadeguati ad offrire agli studenti la facoltà di vivere la scuola e, quindi il loro processo di crescita, maturazione e sviluppo, da veri protagonisti, in forma impegnativa, ma, nello stesso tempo, gioiosa e appagante.


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Un’evidente dimostrazione di questa situazione di fragilità è la disaffezione diffusa degli gli studenti per la scuola, che produce, inevitabilmente, il grave fenomeno dell’abbandono che, in base a recenti statistiche, è quantificabile in una media del 14%, ma con picchi elevatissimi, che raggiungono, in alcune realtà, punte del 50%.

In definitiva, si può concludere esprimendo la speranza che le considerazioni sopra esposte, in modo necessariamente limitato, possano offrire alcuni stimoli di riflessione ai soggetti impegnati nel campo dell’educazione (insegnanti, istituzioni scolastiche centrali e periferiche) sulla necessità/urgenza di mettere in campo un’azione mirata a migliorare la qualità dell’offerta educativa.

Occorre, insomma, far circolare aria nuova, che sia in grado di interpretare i bisogni, le attese, gli interessi e le aspirazioni degli studenti.

Ciò sarà possibile nella misura in cui le varie strategie didattico-educative, saranno in grado di offrire agli alunni orizzonti di senso e di significato del loro processo di apprendimento attivo, che possa di alimentare in loro le emozioni, le motivazioni e il necessario entusiasmo.

In questo modo prenderà forma e consistenza una forma di contagio positivo, che li può aiutare a sviluppare, il bisogno, il gusto e la gioia del sapere, istanza, questa, che non ha, ancora, acquisito diritto di piena cittadinanza all’interno delle aule scolastiche e nell’ambito della “cittadella della cultura ufficiale”.