Il termine nonviolenza è la traduzione dal sanscrito ahimsā, “assenza del desiderio di nuocere“. Gandhi, promuovendo la lotta per l’indipendenza coloniale dell’India dal governo britannico, ne divenne teorico e strenuo sostenitore attraverso la disobbedienza civile, il boicottaggio e la resistenza nonviolenta.
Dopo di lui altri politici, scrittori ed attivisti hanno fatto della nonviolenza la propria bandiera, primo tra tutti Martin Luther King.
Osservando la situazione geopolitica attuale sembra che ci sia ancora molto da fare per il Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta (DCNAN). Il Comitato è stato istituito in Italia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con DPCM del 18 febbraio 2004 con le seguenti finalità:
- prevenzione dei conflitti (conflict prevention).
- edificazione della pace (peace making).
- mantenimento della pace (peacekeeping).
- assistenza umanitaria (humanitarian aid).
- consolidamento della pace (peace building).
DOVE PROMUOVERE LA NONVIOLENZA?
Uno studio condotto da ricercatori italiani in ambito scolastico ci suggerisce di guardare a questo ambito con grande attenzione. Ferrara et al. (2019) riportano che i livelli di violenza nei confronti dei bambini sono allarmanti e si stima che oltre un miliardo di bambini tra i 2 ed i 17 anni abbia subito un qualche tipo di violenza.
Lo studio ha rinvenuto 78 casi di violenza scolastica in Italia tra il 2016 ed il 2019, evidenziando un aumento costante del numero di episodi. La distribuzione geografica mostra come il 30% degli episodi siano stati riscontrati al Nord, il 25% al Centro ed il 45% al Sud. Sembra un fenomeno prevalente in provincia (65%), rispetto ai centri urbani (35%).
I ricercatori descrivono diverse forme di violenza: aggressione fisica, psicologica, sessuale e bullismo.
Si parla di violenza fisica riguardo ad ogni forma di aggressione accompagnata dall’intenzione di nuocere, perpetrata sia da adulti che da altri bambini. Rientrano in questa categoria le punizioni corporali volte a causare un certo grado di dolore o disagio al fine di migliorare una performance o correggere un comportamento scorretto.
Per violenza psicologica intendiamo ogni forma di abuso verbale ed emotivo: isolare, rifiutare, ignorare, insultare, diffondere notizie false, attribuire nomignoli, ridicolizzare, umiliare e sbeffeggiare.
Per violenza sessuale si intende ogni forma di intimidazione di natura sessuale, molestie, contatti fisici non graditi, fino alla coercizione ed allo stupro.
Le conseguenze per chi subisce una violenza in ambito scolastico possono essere gravi. In particolare, affermano gli autori, i bambini che hanno esperito una qualsiasi forma di violenza a scuola, possono sviluppare disordini nell’attaccamento, una scarsa attività fisica, sovrappeso o obesità, diabete, attitudine al tabagismo, all’ abuso di sostanze alcoliche, scarsa cura di sé, cancro, disturbi cardiaci e respiratori.
PERCHÉ PROMUOVERE LA NONVIOLENZA?
La natura ci insegna che sopravvive il più forte. Al di là di ogni considerazione etica, perché dovremmo promuovere una cultura della nonviolenza?
Una risposta interessante a questa domanda emerge da uno studio longitudinale condotto da Pardini et al. (2012). Gli autori riportano, infatti, i risultati di una ricerca iniziata sul finire degli anni Ottanta su oltre 500 ragazzi tra i 12 ed i 18 anni a Pittsburgh e terminata con un follow up ben 12 anni dopo.
In generale, i risultati mostrano quanto siano numerosi i fattori di rischio e di protezione in gioco. In particolare, avere una attitudine negativa nei confronti della violenza durante la pre-adolescenza costituisce un fattore protettivo nel compiere atti violenti negli anni successivi, mentre percepire una scarsa probabilità di essere scoperti a compiere atti violenti è associato ad un maggior rischio di compiere atti violenti in adolescenza.
Questo studio suggerisce che sostenere l’attuazione di programmi che promuovano un atteggiamento contrario alla violenza possa essere particolarmente efficace nel prevenire atti di violenza in adolescenza sollecitando la creazione di una coscienza nonviolenta nei più giovani.
IL RUOLO DELLA SCUOLA E DELL’INSEGNANTE
Numerose sono le iniziative che mirano alla creazione di una cultura della nonviolenza applicata al mondo scolastico che si affiancano ai programmi di educazione emotiva, civica e prosociale.
Tra questi troviamo il programma presentato in Italia da Haim Omer e Daniele Piacentini nel testo “Insegnanti Coraggiosi”. Proponendo una “Nuova Autorità”, gli autori applicano i principi della Resistenza Non Violenta (NVR, Non Violent Resistence) al mondo della scuola ed alla figura dell’insegnante: sostituendo le credenze legate ai modelli tradizionali come la distanza, il controllo, la gerarchia e la reazione istantanea con la presenza, l’autocontrollo, il supporto reciproco e la persistenza.
L’obiettivo è quello di aumentare la partecipazione di tutti gli adulti alla vita scolastica affinché tornino ad esercitare un ruolo di guida attenta e gentile per bambini, favorendo la costituzione di un ambiente positivo sia per l’apprendimento sia per lo sviluppo di competenze sociali.
Mentre i media ci espongono sempre a nuovi esempi e nuove forme di violenza, attraverso giochi, video, app etc., la ricerca mostra quanto sia importante coltivare una contro-cultura incentrata sulla nonviolenza soprattutto verso i soggetti che sono in formazione e più facilmente vi sono esposti senza filtri.
“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso.” (Hannah Arendt)