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2 Ottobre: Giornata Internazionale della Nonviolenza – Riflessioni

2 Ottobre: Giornata Internazionale della Nonviolenza – Riflessioni

La Giornata Internazionale della Nonviolenza si celebra il 2 ottobre, il giorno della data di nascita di Mahatma Gandhi, leader indiano divulgatore e ispiratore della filosofia e dell’azione nonviolenta.

L’importanza universale della sua celebre citazione “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” diventa motore per un comune interesse orientato a rendere il mondo un posto migliore in cui vivere. E mentre a livello globale siamo chiamati alla lavagna per dimostrare di aver interiorizzato il messaggio di chi ci ha preceduto nell’affrontare condizioni di incertezza, intolleranza, odio e ingiustizia, ora ci viene chiesto un ulteriore sforzo: comprendere se in noi risiede anche il coraggio di metterlo in pratica.

Nonviolenza, una scelta consapevole e la sacralità dell’intenzione

Nel clima di preoccupazione, fragilità e diffidenza con cui sempre più spesso il genere umano trova motivo di confronto vi è un’opportunità: un crocevia che invita a decidere da che parte schierarsi attraverso una scelta di azioni e reazioni utili affinché ciascuno, se disposto, si dia un senso anche attraverso sentimenti condivisi rispetto al mondo che ci ospita in un contesto in cui l’evoluzione non avviene fuori ma dentro ogni persona.

In un panorama più ampio e istituzionale, si potrebbe affermare che nel momento stesso in cui ogni individuo farà delle scelte da essere umano prima ancora che da politico, leader, professionista o manager, avrà preso un impegno in linea con il rispetto della Vita e il raggiungimento di un bene collettivo più grande, che ci coinvolge tutti, nessuno escluso.

E allora chi dovrebbe iniziare il cambiamento di rotta indirizzata alla cooperazione, alla nonviolenza e al senso di responsabilità offrendo uno sguardo ampio al destino comune e non alla realtà del singolo o di pochi? Tutti.

Ognuno può portare il proprio contributo al mondo iniziando a propagare un atteggiamento alternativo di sensibilizzazione in grado di innalzare le coscienze affidandosi ad una consapevolezza condivisa e in crescita che – voglio credere – avrà il potere di influenzare (soprattutto in questo periodo delicato di guerre e conflitti) anche chi è ai vertici.

È una chiamata all’azione che non possiamo ignorare. Ognuno di noi ha un ruolo importante ed è in grado di esercitare potere (inteso come espressione di potere decisionale) su sé stesso, sulla realtà e sul mondo, coltivando piccoli germogli di nonviolenza.

Non è un tema affatto banale, ma un obiettivo ambizioso.

Un complesso di voci e di intenti che possono arrivare lontano, sino ad educare al rispetto e al senso del collettivo coloro che, in una prospettiva inclusiva ed evolutiva, decideranno domani. Questo passaggio nel mondo è un tempo che sfugge, non è eterno ed è in uno scorrere irreversibile. Un tempo che non va sprecato, ma valorizzato e impreziosito.

L’invito, quindi, è di iniziare con una scelta consapevole: schierarsi dalla parte dell’intenzione, farsi portatori del buono e del bello, della gentilezza e della comprensione attraverso un lavoro che ognuno deve fare su sé stesso prima di arrivare come impatto sugli altri.

Ponendo come basi questi principi, i frutti maturati da un percorso di promozione della cultura della pace non solo ci renderanno più virtuosi in termini sociali, spirituali, etici, ma custodiranno quei semi che potranno diventare ispirazione per attivare altri dopo di noi.

Se si sposa il principio della nonviolenza, nella sacralità di quell’intento, in quel circolo virtuoso, non si rincorre il bene individuale, ma il bene collettivo.

Pensiero, Sentimento, Azione

Se, però, il pensiero che anticipa l’agire non viene filtrato dal cuore, può non essere utile.

I pensieri, affinché siano potenzianti, hanno bisogno di passare dai sentimenti prima di andare alle braccia, ovvero prima che si trasformino in atti, e le idee necessitano di essere vagliate da valori universalmente equi ed ecologici.

L’assunto che sta alla base delle indicazioni proposte dal filosofo austriaco Rudolf Steiner rispetto alla pedagogia lo sintetizza – con un processo inverso – molto bene.

Egli suddivide l’età evolutiva in tre fasi di sette anni ciascuna. Si esordisce alla Vita dal 1° al 7° anno, sperimentando, stando nel movimento, nell’istintualità corporea evolvendo con i tempi e le modalità dettate dalla Natura stessa. Il secondo settennio è caratterizzato dal sentire, dall’apertura di una porta sul mondo, dal riconoscere le proprie emozioni, dall’educazione ai sentimenti. Si gettano i primi sguardi interiori alle sensazioni di agio e disagio, e la socialità ha un ruolo rilevante. E solo nel terzo settennio si penetra nel mondo e nelle sue leggi attraverso un pensiero logico-razionale autonomo.

Questi passaggi, nella forza del loro simbolismo, aiutano a comprendere la via maestra da percorrere e dalla quale non si può prescindere se si vogliono abbandonare i confini mentali che illusoriamente ci fanno credere di essere separati dal Tutto.

Solo dopo essere passati dalle mani (dall’agire) e dal cuore (dal sentire) si potrà allora raggiungere un pensiero critico e indipendente.

E se questo tracciato durante la crescita fisica e cognitiva sarà stato evolutivo, avremo degli individui adulti capaci – al contrario, ed è questa la sfida – di pensare, di sentire, e di trasformare spontaneamente in azione un proposito di pace e nonviolenza. Un atto dove aspetto pratico e aspetto umano si compensano e si allineano con gli ideali.