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Diritto all’oblio: testata giornalistica responsabile del mancato o ritardato aggiornamento delle notizie giudiziarie

Diritto all’oblio: testata giornalistica responsabile del mancato o ritardato aggiornamento delle notizie giudiziarie

La vicenda

Un imprenditore viene coinvolto in una vicenda giudiziaria e di ciò ne dà notizia un quotidiano con ampia pubblicità e visibilità (in questo caso negativa). Successivamente l’uomo viene assolto e dichiarato completamente estraneo al procedimento penale nel quale era stato coinvolto. Chiede così al giornale di aggiornare l’articolo pubblicando l’esito del giudizio. Si rivolge anche al Tribunale per ottenere un risarcimento del danno, in quanto la pubblicazione della notizia con titoli a caratteri cubitali aveva, a suo dire, generato dubbi sui lettori, incidendo sulla sua reputazione. Il Tribunale e la Corte di Appello danno ragione alla testata giornalistica e rigettano le richieste dell’uomo. Questi ricorre quindi alla Suprema Corte.

La sentenza della Cassazione

I Giudici della Suprema Corte hanno confermato che non vi fu diffamazione a mezzo stampa in quanto l’articolo rispettava i requisiti della verità della notizia e dell’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti.

La Corte, però, si è parzialmente espressa in favore del ricorrente, e contro il quotidiano, relativamente ad un altro aspetto: la tempestività dell’aggiornamento della notizia.

I Giudici hanno preliminarmente evidenziato che la persistenza di una notizia non “aggiornata” su un sito web non può costituire fonte di responsabilità risarcitoria. È impensabile che la redazione di un giornale sia gravata dall’onere di seguire e dare conto, autonomamente e di propria sponte, degli sviluppi delle notizie precedentemente fornite, a maggior ragione se a distanza di tempo considerevole.

Pertanto, la permanenza nel sito web di una testata giornalistica della risalente notizia del coinvolgimento di un soggetto in un procedimento penale – pubblicata nell’esercizio legittimo del diritto di cronaca, ma non aggiornata con i dati relativi all’esito di tale procedimento – di per sé non integra un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria. Tuttavia, il soggetto cui la notizia si riferisce ha il diritto di attivarsi per chiedere l’aggiornamento della notizia stessa, con la conseguenza che l’ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare del sito è idoneo a comportare il risarcimento del danno patito successivamente alla richiesta.

Nel caso che ci riguarda, la testata giornalistica si è attivata solo dopo che l’imprenditore ha adito le vie legali, nonostante prima di ciò avesse sollecitato l’aggiornamento tramite plurime diffide. Tale circostanza obbliga quindi i Giudici a verificare se l’aggiornamento sul sito sia avvenuto velocemente e tempestivamente, ovvero sia stato eseguito soltanto successivamente all’inizio del giudizio, e se tale ritardo abbia provocato danni all’immagine e reputazione dell’uomo.

Diritto all’oblio

Il ricorso presentato dinanzi alla Suprema Corte è pertanto risultato parzialmente fondato sulla base dall’articolo 7 D. Lgs. 196/2003 e dell’articolo 17 Regolamento UE n. 679/2016 (cd. GDPR), ma anche alla stregua di precedenti sentenze di legittimità in materia di diritto all’oblio, ed in particolare le sentenze emesse dalla S.C. numero 5525/2012 e numero 13161/2016.

Per quanto precede, con l’ordinanza numero 6116 depositata il 1° marzo 2023, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha rinviato gli atti alla Corte di Appello di competenza invitandola ad eseguire una nuova valutazione per accertare se la notizia venne aggiornata tempestivamente o meno, e se tale ultima circostanza, qualora verificatasi, abbia provocato danni al soggetto che aveva richiesto la rimozione/aggiornamento della notizia.

Il bilanciamento dei diritti contrapposti

La Cassazione ha quindi nuovamente affrontato l’indispensabile bilanciamento tra il diritto di informazione e diritto alla riservatezza. La narrazione di un fatto giudiziario è cosa buona e giusta. L’eliminazione degli articoli è una eventualità che non è possibile prendere in considerazione, in quanto le testate giornalistiche devono, nell’interesse di tutti, mantenere la memoria di un fatto storico.

Gli interessati possono però richiedere che gli articoli siano aggiornati, ottenendo che sia evidenziata l’evoluzione a loro favorevole del procedimento penale in cui sono stati coinvolti. Su tale circostanza si era già espressa la Suprema Corte con la sentenza numero 2893, depositata lo scorso 31 gennaio. Ancora una volta i Giudici hanno confermato come sia possibile equilibrare due diritti così tanto in contrapposizione come quello all’informazione e alla riservatezza.