Dallo studio condotto dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) emergono nuovi elementi importanti su disturbi cognitivi (soprattutto difficoltà di attenzione e di memoria), oltre che complicanze di tipo neurologico e cardiaco nei pazienti che hanno avuto il Covid.
Covid e conseguenza neurologiche
Le conseguenze neurologiche del Covid sono state analizzate dallo studio multicentrico ‘Neurocovid‘ patrocinato dalla SIN e presentato in occasione del Congresso nazionale SIN a Milano.
L’indagine ha coinvolto 38 reparti di Neurologia italiani, distribuiti nelle differenti regioni, con la partecipazione anche di San Marino, reclutando quasi 3.000 pazienti affetti da complicanze neurologiche, quasi 2.000 dei quali ospedalizzati e un migliaio seguiti a domicilio, nel periodo tra il primo marzo 2020 sino al 30 giugno 2021, con un follow-up dei casi fino al 31 dicembre 2021.
Carlo Ferrarese, direttore del Centro di Neuroscienze dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e della Clinica neurologica dell’Ospedale San Gerardo di Monza, spiega che le complicanze neurologiche più frequenti, riscontrate nei pazienti, sono:
- encefalopatia acuta, che si manifesta con delirium o disturbi di coscienza (25% dei casi),
- disturbi dell’olfatto o del gusto (20% dei casi),
- ictus ischemico (18% dei casi),
- disturbi cognitivi (14% dei casi).
“L’esordio dei sintomi – ha evidenziato – si manifestava soprattutto nella fase iniziale di malattia, ed in molti casi si è assistito a un persistere dei segni fino ad oltre 6 mesi dall’infezione”. Tra le complicanze neurologiche a distanza, che rientrano nel cosiddetto Long Covid, prevalgono i disturbi cognitivi, caratterizzati soprattutto da difficoltà di attenzione e concentrazione (mantenimento del “focus” attentivo su “compiti” che richiedono “una prestazione” cognitiva mirata e di memoria).
Molecular mimicry
Bisogna evidenziare il fatto che questo virus (e in generale anche altri virus) utilizzano il meccanismo di “molecular mimicry” per evadere il sistema immunitario e quello neurologico.
Tale meccanismo si basa sul fatto che questa molecola “mimicry” vada a “mimare” alcune molecole del nostro corpo, dando origine ad errori del sistema immunitario e dunque generando autoimmunità o degenerazione neuropatica e/o neurocgnitiva. Ecco perché il rischio collegato allo stato infiammatorio dato dall’infezione e dalla Spike è quello di alterare la risposta del sistema immunitario, provocando reazioni anomale, di tipo infiammatorio, autoimmuni, deregolazione o deficit immunologico e complicazione psico-neuro-cognitive.
Covid e complicanze cardiache
L’infiammazione cronica colpisce anche i cardiomiociti, portando a miosite e morte cellulare. Le disfunzioni del sistema nervoso autonomo cardiaco (oltre alle disfunzioni neurologiche), possono portare ad alterazioni del ritmo: tachicardia, sindrome tachicardica posturale ortostatica, disfunzione neurovegetativa caratterizzata da un incremento della frequenza cardiaca (in assenza di cali significativi della pressione arteriosa).
L’infiammazione prolungata porta ad un aumento della secrezione di molecole della matrice extracellulare e di collagene da parte dei fibroblasti, generando fibrosi. Le modificazioni fibrotiche sono accompagnate da aumento dei fibroblasti, mentre il danno alle proteine del desmosoma determinano una riduzione dell’adesione cellulare (destrutturazione).
Ecco che è importante riconoscere i possibili danni neurologici e cardiaci per attuare le corrette cure mediche ed eventualmente lavorare “in prevenzione” con accertamenti clinici mirati, che prevedano altresì l’uso delle nuove ricerche in ambito PNEI e della medicina funzionale.
Covid e sindrome influenzale
Il virus è responsabile di una sindrome influenzale che, in certi casi, si può complicare, come nei casi di grave sindrome respiratoria acuta, sindrome da distress respiratorio acuto, necrosi della milza e dei linfonodi, vasculite sistemica, necrosi e trombosi fibrinoide delle piccole vene, degenerazione e necrosi dei parenchimi con complicanze epatiche, renali, cardiovascolari (tromboembolie) cerebrali, insufficienza renale, miocardite, sindrome coronarica acuta, embolia polmonare, ictus, aritmia, shock cardiogeno e CID (coagulazione intravasale disseminata).
Le tromboembolie, in particolare, sono generate dall’azione lesiva del virus sugli endoteli e dall’eccessivo aumento del “Tumor Necrosis Factor”, una citochina secreta dal sistema immunitario, responsabile dell’ipercoagulazione.
L’infezione, talvolta, può dare sintomi gastroenterici (in un terzo dei casi). L’intestino esercita un ruolo basilare nella patogenesi, per tale ragione è essenziale ripristinare la corretta eubiosi dell’ecosistema intestinale.
Da ricordare, inoltre, che i coronavirus hanno proprio come sede primaria l’intestino: qui il virus si replica efficacemente, soprattutto se la persona è affetta da disbiosi (il virus colonizza i batteri intestinali con un meccanismo simile a quello dei batteriofagi, ciò conferma l’efficacia di dati antibiotici in caso di infezione conclamata, come l’azitromicina).
La fascia di popolazione più anziana è più suscettibile alle complicazioni da Covid-19 anche a causa di una maggiore frequenza di disbiosi intestinale, dovuta all’invecchiamento e/o all’uso continuativo di farmaci che modificano il microbiota e ad una dieta scorretta, in particolare negli anziani lungodegenti in comunità. Inoltre le differenze sessuali nel microbioma intestinale sono parzialmente guidate dagli ormoni sessuali, che a loro volta contribuiscono alle differenze nell’immunità e nella suscettibilità a una moltitudine di infezioni e malattie croniche o neurodegenerative.