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Una lettura su cause ed effetti del mobbing

Una lettura su cause ed effetti del mobbing

L’esperienza del mobbing è stata classificata come una sorgente di stress sociale sul lavoro e come il problema più paralizzante e devastante per i lavoratori rispetto a tutte le altre fonti di stress collegate al lavoro.

La reiterazione e il protrarsi nel tempo della molestia morale e psicologica comportano nella maggioranza dei casi la riduzione dello stato di salute e di benessere complessivo della persona vessata.

Cos’è il mobbing

Mobbing deriva dal verbo inglese “to mob“. È l’aggressione sistematica posta in essere dal datore di lavoro, dal suo preposto o dal superiore gerarchico, oppure anche da colleghi o compagni di lavoro con chiari intenti discriminatori e persecutori tesi ad emarginare progressivamente un determinato lavoratore dall’ambiente di lavoro e ad indurlo alle dimissioni.

Le forme che il mobbing può assumere sono molteplici e vanno dalla semplice emarginazione alla diffusione di maldicenze, dalle continue critiche alla sistematica persecuzione, dall’assegnazione di compiti dequalificanti alla compromissione dell’immagine sociale nei confronti di clienti e superiori.

Nei casi più gravi si può arrivare al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali.

Lo scopo del mobbing è sempre quello di eliminare una persona che è o è divenuta in qualche modo scomoda, distruggendola psicologicamente o socialmente, in modo da provocare il licenziamento o le dimissioni.

Il termine fu introdotto dall’etologo Konrad Lorenz nel 1961 per rappresentare una tipologia di comportamenti osservabili nel mondo animale, tesi ad escludere un membro del gruppo.

Come riporta il CIAM (Centro Italiano Anti Mobbing), Leymann, invece, definisce il mobbing come una “comunicazione ostile e contraria ai principi etici perpetrata in modo sistematico da una o più persone principalmente contro un singolo individuo che viene spinto in una posizione di impotenza e impossibilità di difesa da continue attività ostili“.


Per approfondire: CORSO ONLINE: Conoscere il Mobbing – Disagio relazionale a lavoro


Le fasi del mobbing

Leymann per spiegare il fenomeno del mobbing propone un modello a quattro fasi:

  1. Fase dei segnali premonitori. Si basa sul presupposto che il conflitto nasce normalmente in tutti i posti di lavoro, a causa di scontri di carattere, di opinioni ed di abitudini diverse, a causa di invidia o competizione. Tale conflitto è latente perché non viene ancora esplicitato da nessun azione o frase. Esso diviene mobbing solo se non viene risolto e se comunque diviene continuativo per almeno sei mesi
  2. Fase conclamata. Prevede l’inizio del mobbing vero e proprio e del terrore psicologico; il conflitto quotidiano matura e diviene continuativo. Si definiscono e cristallizzano i ruoli di vittima e di mobber. Quest’ultimo agisce in modo sistematico e intenzionale, con strategie persecutorie, e il soggetto mobbizzato subisce la stigmatizzazione collettiva.
  3. Il mobbing trascende i limiti dell’ufficio in cui è nato e diventa di dominio pubblico. La vittima comincia ad accusare problemi di salute e si assenta ripetutamente dal lavoro per malesseri o visite mediche. Inoltre manifesta un calo di rendimento così da dare il via ad indagini da parte dell’amministrazione del personale, che può arrivare a considerarlo come non idoneo, come elemento dannoso e dispendioso per l’azienda.
  4. La fase terminale, prevede l’esclusione della vittima dal mondo del lavoro o per licenziamento o per dimissioni. Il mobbing ha raggiunto il suo scopo, cioè eliminare la vittima.

Effetti del mobbing

Si può parlare di mobbing quando la comunicazione tra i due soggetti del conflitto è indiretta, distorta, subdola e mette la vittima in una condizione di impossibilità di difendersi in modo adeguato. E’ un’azione sviluppata nel tempo che mira a mettere uno o più lavoratori in una condizione di forte disagio. Può comportare effetti

  • sulla possibilità della vittima di mantenere la sua reputazione personale;
  • sulla salute fisica della vittima;
  • sulla possibilità della vittima di mantenere contatti sociali.

Fenomeni evidenti che si registrano sono:

  • demansionare in modo formale o solo di fatto;
  • marginalizzare il lavoratore fino al punto di metterlo in condizione di totale inoperosità;
  • costruire ad arte incidenti mirati a rovinare la reputazione della vittima;
  • discriminare sulla carriera, sulle ferie, l’aggiornamento, la prestazione del lavoro, il carico e le qualità del lavoro;
  • negare diritti contrattuali;
  • utilizzare atteggiamenti ostili, offensivi o di squalifica fino alla diffamazione vera e propria;
  • isolare dal contatto con gli altri operatori;
  • utilizzare in modo esasperato ed esasperante il potere di controllo e l’azione disciplinare.

Effetti psicologici sul mobbizzato

L’esperienza del mobbing è assimilabile ad un profondo trauma emotivo. Il sovvertimento delle regole implicite o esplicite su cui si fonda la relazione lavorativa, la distorsione della comunicazione, la frustrazione di ogni tentativo ragionevole di sviluppare il conflitto, producono nella vittima un grave vissuto di pericolo e incapacità di processare cognitivamente l’evento.

Il mobbing ha effetti devastanti sulla persona colpita, che viene danneggiata psicologicamente e fisicamente, privata della sua capacità lavorativa e della fiducia in se stesso.

I soggetti mobbizzati mostrano alterazioni dell’equilibrio socioemotivo, alterazioni dell’equilibrio psicofisiologico e disturbi a livello comportamentale. La vittima può andare incontro ad una profonda alterazione della personalità, nonché ad un isolamento sociale progressivo con cui si tenta di evitare il ripetersi degli episodi di vittimizzazione .

Inizialmente gran parte del disagio sia emotivo che fisico è dovuto allo stato di confusione in cui il soggetto viene a trovarsi e alla progressiva scomparsa dei punti di riferimento che prima regolavano la loro vita all’interno dell’azienda. Ne consegue uno stato di incertezza, paura di sbagliare, bisogno di aumentare i controlli che dall’inizio fanno sentire la persona non più adeguata e all’altezza della situazione,

Questo stato di confusione si proietta anche all’esterno dell’azienda, in particolare in ambito familiare, con conseguente deterioramento dei rapporti interpersonali all’interno della famiglia.

Si tratta, quindi, di una forma di fallimento che potrebbe essere evitato se, da un lato, i modelli di organizzazione favorissero lo sviluppo di competenze relazionali e se dall’altro gli individui acquisissero più consapevolezza e competenza nella gestione della dimensione emotiva. Ed è qui che entra in gioco il ruolo delle organizzazioni stesse.


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Ruolo delle organizzazioni nel favorire od ostacolare il mobbing

In ogni scenario organizzativo si muovono due rappresentazioni: una è legata alle finalità aziendali e ai ruoli che si richiede di perseguire, l’altra è legata alla storia e alle dinamiche di relazione degli attori che rivestono e interpretano i ruoli. All’interno di ogni struttura organizzativa e delle sue regole finalizzate, obiettivi, ruoli, risorse, procedure e tecnologie informatiche, si muovono inevitabilmente le passioni relazionali degli operatori.

Roberto Vaccari parla di copione aziendale e copione antropologico. Se il copione aziendale prende significato ultimo dalla finalizzazione dei ruoli, competenze professionali, risorse, regole organizzative e rispetto della promozione di veni e servizi, il copione antropologico sollecita prevalentemente le intelligenze emotive, e trae significato dalle dinamiche di convivenza vissute all’interno dell’organizzazione. Tali dinamiche sono cariche di valenza e maturano non necessariamente in coerenza con i ruoli assegnati dall’organizzazione. Il copione antropologico non si declina sulla logica degli obiettivi di mercato, delle competenze, dei manuali organizzativi, dell’efficacia e dell’efficienza. Si incarna sulle dinamiche relazionali.

È da questa consapevolezza che nasce l’attenzione al clima relazionale, allo spirito di appartenenza, il tentativo di conciliare copione aziendale e copione antropologico.

Come conciliare copione aziendale e copione antropologico?

Nelle aziende che riescono a soddisfare tale obiettivo esiste un’implicita prevenzione dei problemi di mobbing legati al clima di trasparenza, al sistema relazionale aperto e negoziale, all’esplicitazione e gestione dei conflitti personali e professionale.

Quando in un sistema organizzativo prevale il copione aziendale a scapito del copione antropologico, le prestazioni complessive risultano professionalmente adeguate ma vuote di energia vitale e motivazionale. Inoltre bisogna tenere conto del fatto che tutte le diverse tipologie di relazione nelle organizzazioni lavorative, evolvono anche tramite processi relazionali di tipo informale, inconscio e irrazionale su cui è importante lavorare.

Un corretto approccio al problema si basa sull’ascolto finalizzato alla comprensione dei bisogni in una ridefinizione complessiva di tipo umanistico dell’organizzazione, in grado di gestire la complessità e sensibilità dell’aspetto emotivo attraverso la capacità di gestire le emozioni.

Informazione, prevenzione, formazione sulla gestione del mobbing e del conflitto devono essere promosse e rese più funzionali. Le azioni preventive dovrebbero essere parte integrante del governo delle risorse umane, oltre che rientrare nelle strategie di gestione dei rischi psicosociali.

Acquisire una conoscenza approfondita della situazione e del suo evolversi, così come avviare una fattiva collaborazione tra le parti in causa, sono azioni indispensabili per l’agire organizzativo. Giungere a percepire il punto di vista dell’altro non più come minaccia ma come opportunità di crescita e di arricchimento personale costituisce un ottima strategia.

Conclusioni

Il “ruolo” promosso dal copione aziendale consente il riconoscimento dell’individuo nell’ambito della struttura sociale, ciò che gli altri si aspettano da lui e definiscono la sua collocazione nella scala gerarchica. Il ruolo definisce i limiti entro cui muoversi, e i compiti a cui ci si deve attenere per svolgere la funzione richiesta. Le definizioni di ruolo sono molto utili socialmente, regolano i nostri rapporti di lavoro e le interazioni più superficiali.

Ma la nostra dimensione umana è spesso molto diversa dal ruolo che siamo costretti a rivestire e che pure è indispensabile per svolgere alcune funzioni sociali.  Ciò che si perde è l’identità personale, e si comprime la propria ricchezza umana nei limiti di un’etichetta.

Solo la comunicazione, la rottura del guscio vuoto può permettere di comprendere anche le motivazioni dell’altro.

Il modo migliore per affrontare il problema è parlare, entrare in contatto con l’altro, raccontare i propri vissuti. Karen Blixen scriveva: “tutti i mali del mondo possono essere sopportati se li mettiamo in una storia, se ne raccontiamo una storia, perché ciò che rende la comprensione possibile è il pensiero che riconcilia con la realtà, così come è il pensare insieme che dà un senso alla sofferenza“.

Questa trasformazione può avvenire solo come un’esperienza di condivisione con una lettura di gruppo dove possono crearsi le condizioni per sperimentare la nascita di un pensiero che ci permetta di capire le nostre dinamiche emotive.