La Tela di Carlotta
Di E.B.White, La Tela di Carlotta è la storia di un maialino di una fattoria, nato troppo gracile per sopravvivere, dunque destinato a essere abbattuto appena venuto alla luce. La figlia del fattore però, la piccola Fern, si oppone alla sua uccisione e il piccolo diventa dapprima il suo animaletto domestico, poi un capo d’allevamento nella fattoria di uno zio, il quale però vuol farne il cenone di Natale. La storia del porcellino Wilbur entrerebbe dunque nella normale routine della vita di campagna, se non fosse per il fatto che tutto da lì in poi viene visto dal suo punto di vista. Wilbur infatti mostra pensieri e sentimenti umani, come umanizzati sono tutti gli animali della fattoria che lo circondano: le sciocche oche, la pecora cinica, l’egoista e opportunista topo Templeton.
La trama di La Tela di Carlotta
Wilbur è spaventato, incapace di comprendere dove sia finito e perché nessuno voglia fare amicizia con lui. Finalmente però appare Carlotta, un piccolo ragno. Carlotta, a differenza degli altri, possiede l’intelligenza del cuore, oltre a quella razionale. Ha capito che Wilbur è spacciato se nessuno lo aiuta, ma ha la geniale intuizione dell’esistenza di due carte da giocare a suo favore: la dolce ingenuità e purezza d’animo del maialino e la stupida suggestionabilità degli uomini. Carlotta inizia allora a creare ragnatele miracolose, nelle quali compaiono scritte inneggianti a presunte rare qualità di Wilbur. Il risultato è che tutti urlano al miracolo e accorrono alla fattoria a guardare il maiale eccezionale e solo poche persone – poche e quindi inascoltate – realizzano che l’eccezionalità appartiene al ragno.
Dopo una serie di scenette in cui ogni debolezza umana viene dipinta a tinte vivaci, Wilbur viene presentato alla grande fiera di paese, dove riesce a vincere il premio del miglior maiale dell’anno, malgrado egli sia sempre rimasto un porcellino gracile e per nulla straordinario. Tutto grazie alla cooperazione dei vari animali della fattoria che, sotto la sapiente guida di Carlotta, organizzano un teatrino perfetto. Carlotta per fare ciò sfrutta ogni caratteristica dei personaggi che ha a disposizione e riesce a far diventare utile perfino la cattiveria del topaccio Templeton.
Mentre Wilbur trionfa, Carlotta depone le sue uova e muore. Il porcellino è triste, ma non si lascia abbattere: è il ciclo naturale della vita a prevedere ciò e, in breve tempo, riesce a farsi forza e a ritrovare gioia di vivere con gli eredi della sua amica ragno.
Il confine tra la fiaba e la realtà
L’opera è presentata con una narrazione ricca e articolata, malgrado il linguaggio sia semplice e fruibile all’ascolto anche dei più piccoli. Grazie a ciò, la vita di Wilbur è inserita in un contesto rurale presentato a tempo stesso come uno scenario perfettamente descritto, come un trattato di scienze biologiche, come uno spaccato di vita contadina. Tutte realtà a cui i bambini di città non sono abituati.
La narrazione immerge dunque i piccoli ascoltatori in un paesaggio in cui il “profumo di pace” è quello del letame misto a paglia. La musica dell’ambiente sonoro è reso da termini come cicaleccio, gloglottare e da molte altre onomatopee raffinate; l’umanizzazione dei personaggi inoltre porta a descrivere con termini tecnici il timbro di ognuna delle loro voci. Quando poi si passa alla descrizione delle piante o della corporatura del ragno, i termini botanici e anatomici sono presentati con una tale scorrevolezza da entrare a far parte del pensiero del bambino con un inconsapevole e spontaneo approccio scientifico.
In tutto questo sono inserite le vicende degli uomini, con tutte le loro emozioni e contraddizioni. Gli animali della fattoria hanno caratteristiche umane riscontrabili nella realtà, per non parlare poi della società umana impazzita all’interno della vicenda.
La Tela di Carlotta come esperienza multisensoriale
Ne viene uno spaccato di realtà multistrato che offre agganci didattici a volontà, mentre gli alunni si entusiasmano e si commuovono seguendo le sorti del maialino.
È un’ottima occasione per proporre alla classe un modo multisensoriale e creativo di apprendere una grande quantità di nozioni: capita certamente infatti che molti alunni si attivino, spinti dall’entusiasmo, a cercare nel mondo esterno conferme di tutto ciò che vengono a conoscere attraverso il libro. A quel punto portano a scuola materiali, testimonianze, ricerche e osservazioni, diventando parte attiva del loro apprendimento. Il confine ristretto della fiaba viene dunque oltrepassato per trasformarsi in una ricerca che è un compito di realtà a tutto tondo.
La scuola di emozioni
La vicenda di Wilbur può definirsi quasi un trattato di psicologia e di sociologia portato al livello dei piccoli. Ascoltando la storia del maialino infatti, i bambini osservano le varie sfumature dei rapporti umani: amicizia, fiducia, paura, diffidenza, delusione. Imparano anche a conoscere aspetti particolarmente negativi, quali la cattiveria, l’opportunismo, l’apparenza ingannevole, la tentazione di rifugiarsi nelle maschere per poter essere accolti da chi oppone rifiuto.
Carlotta insegna a Wilbur a non scoraggiarsi di fronte a niente, perfino a trasformare in opportunità i difetti delle persone che non lo amano. Sarà infatti l’ingordigia egoista del topo Templeton, adeguatamente sfruttata con un onesto patto di mutuo interesse, a salvargli la vita.
Si crea qui la possibilità di affrontare il tema delle emozioni e delle relazioni con dibattiti in cui i bambini facilmente si aprono, dandosi occasioni di crescita personale e di gruppo e fornendo all’insegnante informazioni preziose per gestire la classe. Perfino un tema delicato come quello della morte qui è proposto in maniera utile, perché si unisce la visione scientifica del naturale ciclo della vita alla reazione costruttiva di Wilbur, il quale riesce ad accogliere il dolore come un fatto fisiologico e a costruire del buono intorno al vuoto, grazie ai doni lasciati dall’amica scomparsa.
Particolarmente divertente, oltre che istruttivo, è l’aspetto della suggestione di tutta la popolazione di fronte alle parole scritte sulla ragnatela. I bambini sanno bene che Wilbur non ha nulla di straordinario, ma durante l’ascolto hanno occasione di scoprire quanto invece straordinaria sia la mente umana, che si lascia condizionare dalle circostanze al punto di non vedere le evidenze che ha davanti agli occhi. Un tema complesso, che apre la strada alla sorpresa e alla curiosità prima, alla riflessione e al pensiero critico poi. La storia crea dunque uno scenario in cui ogni bambino si può riconoscere nel gioco delle interazioni e delle scelte responsabili in situazioni sociali difficoltose.
L’ambiente di apprendimento (classe consigliata: II o III della scuola primaria)
L’aula è sempre organizzata come ambiente d’apprendimento i cui elementi – dalla disposizione degli arredi al materiale esposto o messo a disposizione – svolgono una funzione specifica in tal senso. La lettura in classe fornisce sempre validi spunti per creare fisicamente un’atmosfera che faccia entrare in una dimensione più coinvolgente, così da facilitare il raggiungimento di obiettivi e l’acquisizione di competenze. La Tela di Carlotta offre una varietà infinita di spunti che possono essere concertati nella riproduzione in classe di un ambiente rurale, o almeno nella disposizione scenografica di elementi simbolici o reali che ad esso richiamino. La ricchezza di dati sensoriali delle descrizioni può suggerire di decorare l’aula con immagini di piante, alberi, frutti o anche di metterne di veri.
Gli alunni stessi si renderanno facilmente disponibili a procurare in qualche modo spighe, castagne, rami e quant’altro. I cartelloni esposti ai muri, se contenenti gli elementi della storia, diventano molto più efficaci non solo per la memorizzazione, ma soprattutto per la presa di coscienza di ciò di cui talune nozioni rendono l’alunno competente.
Su una tela che Carlotta sta tessendo, ad esempio, possono comparire concetti matematici, oppure le regole ortografiche possono essere evidenziate nei fumetti che escono dalla bocca di Wilbur, o ancora un’immagine della fattoria può contenere la nomenclatura in inglese di ogni suo elemento e via dicendo. Molto spesso, se l’insegnante è un buon osservatore, sono i bambini stessi che suggeriscono inconsapevolmente idee e strategie per creare l’ambiente di apprendimento ottimale. Entrare in classe a quel punto equivale a camminare su quel confine tra fiaba e realtà che gli alunni stessi di giorno in giorno arricchiscono e integrano con le loro esperienze.