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Della relazione sororale: sorella-sorella (Parte 1)

Della relazione sororale: sorella-sorella (Parte 1)

“La sorella è colei che ti dà l’ombrello nella tempesta e poi ti accompagna a vedere l’arcobaleno.”
(Karen Brown, Governatore dell’Oregon)

La sorella nel Mito e nella Fiaba

L’“ombrello” a Filomela l’ha dato sua sorella Procne, entrambe personaggi della mitologia greca.

Filomela e Procne

In breve: Procne sposa Tereo e vive a corte in Tracia; qui si annoia, così invita la sorella Filomela, bella e ingenua fanciulla. Tereo conduce la ragazza dalla sorella. Al termine del viaggio, Tereo violenta Filomela e per paura che la ragazza possa raccontar, le taglia la lingua. Alla moglie racconta che la sorella è morta nel viaggio. La fanciulla ammutolita improvvisa un telaio e tesse la storia della violenza subita, poi fa portare la tela alla sorella. Procne capisce la situazione e corre a prenderla, la salva e la porta a palazzo.

Un’altra bellissima storia di “ombrello” salvifico è quella raccontata nella Fiaba dei Fratelli Grimm “Occhietto, Dueocchietti, Treocchietti”.

Occhietto, Dueocchietti, Treocchietti

In breve: La secondogenita Dueocchietti è emarginata e derisa dalla altre due sorelle; la trattano male e non le danno da mangiare. Un giorno va a pascolare la capretta e, affamata, si mette a piangere. D’improvviso, appare una Maga che le insegna due frasi magiche da dire alla capretta e, così, ogni volta può saziarsi a volontà. Le sorelle capiscono che c’è qualcosa di strano e a turno la seguono. Occhietto non vede nulla perché si addormenta, ma a Treocchietti il terzo occhio rimane sveglio e vede tutto. Per punirla uccidono la capretta e così Dueocchietti è di nuovo affamata e piange. Nuovamente le appare la Maga che le dà istruzioni e così fuori dalla porta di casa in una notte cresce un albero pieno di pomi d’oro e di rami d’argento. Nessuno riesce a cogliere i frutti se non Dueocchietti. Passa un cavaliere e porta via Dueocchietti per salvarla dalla cattiveria della madre e delle sorelle e la sposa. Dopo tempo, al castello bussano tre povere donne affamate per chiedere l’elemosina. Dueocchietti le riconosce e le accoglie con amore.

Storie da due mondi “magici”, quello del Mito e quello della Fiaba, magari meno note di tante altre, queste storie permettono di osservare tratti importanti: quello dell’invidia e quello dell’amore presente in entrambe le narrazioni.

Di questi due temi si tratterà nell’ottica psicoanalitica, prendendo come esempio situazioni di ordine generale sicuramente possibili nelle realtà della relazione sorella-sorella ma che non hanno la pretesa di essere esaustive né ermeneuticamente uniche.

Invidia tra sorelle

L’invidia è il sentimento della mancanza e si differisce dalla gelosia che, invece, è il sentimento della perdita.

Come facile intuire, la parola ha a che fare con il vedere; infatti, significa “non vedere bene”, “vedere male”, “non di buon occhio”.

Il paradigma di base, abbastanza superato, vuole essere quello dell’invidia del pene da parte della bambina, la quale si accorge che i bambini hanno qualcosa in più: ne avverte la mancanza e in lei si insinua il tarlo di essere “meno”. Una vasta letteratura, probabilmente derivata dalla psicologia del senso comune o ingenua, vorrebbe che a partire da questa sensazione di “mancanza” le donne, per colmarla, si impegnino in professioni, sport, look e quant’altro maschili.

Che nuove coscienze e nuovi comportamenti derivino da questo sentimento è tutt’altro discorso, da un punto di vista fenomenologico. Vasta rilevanza, invece, riveste il concetto di dolore mentale e di trauma.

La sorella invidiosa

La ragazza che vede la sorella più bella, più corteggiata, più realizzata, più tutto rispetto a lei non può non provare una folle invidia che si manifesta in comportamenti cattivi rivolti alla sorella e, a livello mentale, in un suo dolore a volte insostenibile.

Non meno dolore mentale prova la sorella vessata, ma il suo non è per invidia, bensì per ciò che potremmo chiamare l’esperienza di sentirsi vittima. Entrambe se ne devono fare qualcosa del loro dolore che, pur per differenti cause, non è meno forte; in altre parole, devono comprenderlo e gestirlo, cosa non facile.

L’antagonismo è una delle formule maggiormente messe in campo per neutralizzare il dolore; si scende nell’agone e l’attacco di una corrisponde alla difesa (se c’è) dell’altra.

Da un punto di vista della psicopatologia, in questa tentata soluzione avvengono almeno due tratti patologici: quello del circuito sadismo-masochismo e quello della caduta depressiva. Il trauma è insito in entrambe.

La sorella invidiata

Avere una sorella più bella produce una ferita narcisistica rispetto a sé. Ma altrettanto è una ferita narcisistica per la sorella bella, perché il suo bisogno di essere amata non è soddisfatto, ma bensì tradito. Questo sentimento può mettere in scacco la capacità difensiva e indurre in una posizione di sottomissione psicologica di masochismo per umiliazione. Tale posizione è facilmente associabile alla caduta depressiva, in quanto nella situazione di dolore mentale si può perdere il rispetto di sé e provare invece sentimenti di inferiorità.

Entra in scena il tipo di personalità, forse già portata alla poca considerazione di se stessa e quindi la sottomissione è prevista con il guadagno secondario di potersi lamentare con poca propensione alla ribellione.

Infatti, la sorella umiliata non ha quasi mai la capacità di risolvere la situazione da sola; c’è bisogno dell’intervento di qualcuno. Nel caso di Dueocchietti, è stata aiutata dalla Maga e dal Principe. Insomma, un ”ombrello” c’è sempre.

Risolvere il conflitto

A volte, la situazione si risolve nella chiusura della relazione: entrambe le sorelle si stancano di dover lottare e subire e quindi non si parlano e non si vedono più. In una soluzione riparativa, invece, la sorella invidiosa potrebbe pensare ad una sana diversificazione dell’aggressività su un oggetto altrettanto competitivo ma di possibile risultato, tipo gare di qualcosa. Per l’altra, potrebbe essere una deviazione del senso di vittimismo e di masochismo su azioni che portino ad una maggiore comprensione di Sé e degli altri, tipo attività di gruppo.

Però, come in alcune situazioni spiacevoli, anche l’invidia può contenere in sé un’accezione positiva, perché la mancanza molte volte può funzionare come sprone della motivazione ad agire per la conquista di qualcosa.

Nel caso delle sorelle, il lato positivo potrebbe portare la sorella invidiosa a ripararsi sotto “l’ombrello” della motivazione ad essere come la sorella, a prenderla ad esempio e ad impegnarsi a fare di necessità virtù in nome della sorellanza, mentre la sorella umiliata potrebbe saggiamente facilitare tale processo.

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