Ho 40 anni e credo ancora a Babbo Natale.
Non nel senso canonico ovviamente, ho purtroppo dovuto fare pace con il fatto che nessun vecchietto passi attraverso i camini di tutto il mondo e arrivi guidando una slitta trainata da renne scintillanti in una sola notte già da qualche anno.
Ma quello che mi è rimasto è il credere in una notte magica e meravigliosa.
Il pensiero magico del bambino
In questi giorni si fa un gran parlare del fatto se sia o non sia corretto creare questa credenza fantastica nei nostri bambini, qualche genitore teme infatti di nuocere in qualche modo ai propri figli, tradendo la loro fiducia perché, prima o poi, essi scopriranno tristemente che la realtà è ben diversa.
In realtà ciascun bambino, fra i 6 e gli 8 anni, imparerà senza dubbio che si tratta di una fiaba, ma questa scoperta non cancellerà il più delle volte il suo legame con tale figura.
Da un punto di vista psicologico, il pedagogista Jean Piaget definì il concetto di “pensiero magico”, collocato in linea temporale nella fase pre operatoria (2-6 anni): si tratta di una normale fase dello sviluppo che insegna ad usare simboli immagini e parole per rappresentare qualche altra cosa. Secondo lo psicologo Wilhelm Wundt esso ha una connotazione prettamente emotiva di protezione, fornendogli uno strumento per affrontare le situazioni nuove e che possono generare paura.
L’importanza di Babbo Natale
Sempre in questa fascia di età si sviluppa anche la cosiddetta “psicologia del desiderio” che permette al bambino di analizzare il suo vissuto in relazione ai propri desideri, in parallelo al “pensiero delle credenze” secondo cui più si crede in qualche cosa più quella avrà possibilità di avverarsi.
I bambini credono ciecamente nelle favole, tra esse anche quella di Babbo Natale, ed è essenziale sia così per il loro corretto sviluppo psichico.
Sarà poi, con naturalezza, la contrapposizione fra il pensiero magico e quello logico e razionale che vedranno usare dagli adulti a generare in loro una dissonanza cognitiva che li faccia interrogare sulla veridicità della propria credenza e, verso i 9 anni, quasi tutti i bambini arrivano da soli alla conclusione che Babbo Natale non esiste. In questa fase è necessario che il genitore assecondi le domande del figlio, lasciando che sia poi lui a trarne le debite conseguenze.
Babbo Natale e la sua magia
Credere a Babbo Natale è una piccola magia che ciascun bambino merita. Sta poi ai genitori, alla cultura familiare dare un significato specifico alla Festa, a Babbo Natale come simbolo, ai doni stessi. E questa diventa una scelta soggettiva, ritagliata sui valori di ciascuno di noi.
Qualcuno punterà sulla riunione familiare, sugli affetti, sul calore che almeno una volta all’anno e a prescindere dagli eventi degli altri 364 giorni tornerà a scaldare i cuori di ciascun partecipante.
Qualcuno metterà l’accento su un Babbo Natale “buono” in senso assoluto e che dispensa i suoi doni in maniera incondizionata e senza pretendere nulla in cambio. Sulla mancanza di giudizio di un vecchietto che non ci chiede ma ci da.
Altri ancora, e credo questo sia uno degli aspetti più belli, sulla magia dell’attesa, ricca di suggestioni e aspettative che ci ricordano quanto sia magica la trepidazione di quei momenti. Mi viene in mente la volpe de “Il piccolo principe” quando spiegava al bambino l’importanza della ritualità, indispensabile per permetterci di preparare il cuore ad un evento atteso e che certamente si verificherà.
Ecco, personalmente credo che ciascun bambino, ma anche ciascun adulto, debba poter avere il suo Babbo Natale. Il suo Natale e la sua magia.