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Polemiche sull’emendamento del centrodestra: associazioni Pro Vita nei consultori sotto accusa

Polemiche sull’emendamento del centrodestra: associazioni Pro Vita nei consultori sotto accusa

La proposta di emendamento all’articolo 44 del decreto legge Pnrr, presentata da Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia, ha suscitato una forte polemica. L’emendamento permette alle Regioni di coinvolgere soggetti del Terzo settore nei servizi dei consultori, incluso il supporto alla maternità, aprendo la strada alle associazioni pro-vita negli ambienti dove si gestisce l’interruzione di gravidanza, scatenando proteste e dibattiti sul futuro della legge 194.

Proteste: in difesa dei diritti delle donne

Le proteste hanno suscitato un coro unanime di opposizione e indignazione, considerando l’emendamento proposto un grave attacco ai diritti delle donne e alla loro autodeterminazione.

I parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Affari Sociali di Camera e Senato hanno espresso la loro ferma condanna verso questa iniziativa, definendola “un’ennesima offesa ai diritti della donna e alla sua autodeterminazione“. Hanno sottolineato come in un Paese in cui il diritto all’interruzione di gravidanza è già in pericolo e l’accesso alla pratica è difficile, questa mossa rappresenti un ulteriore passo indietro. Hanno dichiarato la loro determinazione nel contrastare questa politica e nel garantire che la legge 194 non subisca ulteriori attacchi.

L’assessora regionale alle pari opportunità della Regione Toscana, Alessandra Nardini (Pd), ha espresso solidarietà con le donne che scelgono di interrompere volontariamente una gravidanza. Ha sottolineato che esse devono poter contare esclusivamente su professionisti dei consultori, formati per rispettare e sostenere le loro decisioni, senza essere esposte a polarizzazioni ideologiche. Nardini ha anche condannato il governo per aver posto la fiducia su questa posizione, considerandola un attacco contro i diritti e le libertà delle donne. Ha ribadito la sua determinazione nel contrastare questa deriva e nel difendere i diritti delle donne, sostenendo che le mani dovrebbero essere tolte dalle donne e dalla legge 194.

La proposta in discussione

Mara Carfagna, presidente di Azione, ha evidenziato due errori fondamentali legati alla proposta in discussione. Innanzitutto, ha criticato l‘introduzione di soggetti privati, privi di specifiche qualifiche, in un servizio altamente specializzato che dipende dalle Asl e quindi dalla sanità pubblica. Ha sottolineato il rischio che questo possa trasformare i consultori, presidi della libertà e della salute delle donne, in campi di battaglia tra opposte visioni politiche, con associazioni abortiste che potrebbero richiedere lo stesso libero accesso.

Il secondo motivo di preoccupazione riguarda la protezione del sistema sanitario da movimenti e gruppi privati, che, sebbene perseguano scopi legittimi, non dovrebbero operare all’interno della sanità pubblica. Carfagna ha espresso preoccupazione per il pericoloso precedente che potrebbe essere creato in questo senso.

Inoltre, è stato evidenziato il tempismo dell’emendamento, poiché giunge a pochi giorni dal voto del Parlamento europeo a favore dell’inclusione delle interruzioni di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Questo punto è stato sottolineato da diverse voci di protesta, inclusa Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera.

Applicare la Legge 194: l’emendamento nei consultori

I sostenitori dell’emendamento ribadiscono che esso si basa sulla piena applicazione della Legge 194. Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati per Fratelli d’Italia, afferma che l’emendamento mira a offrire la possibilità di riflessione prevista dalla legge stessa, senza aggiungere oneri per lo Stato. Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, concorda, affermando che l’intento non è di togliere un diritto soggettivo alle donne, ma di applicare la legge nel suo complesso. Egli sottolinea la necessità di rispettare il dolore di ogni donna che si trova nella difficile situazione di interrompere una gravidanza, ma evidenzia anche la volontà di fornire sostegno a coloro che scelgono di portare avanti la gravidanza, in linea con quanto previsto dalla Legge 194. Antoniozzi critica l’idea che l’aborto debba essere considerato un valore universale e ribadisce il suo sostegno alla libertà di scelta individuale sancita dalla legge vigente.

Associazioni in rivolta

Le associazioni si sono pronunciate con fermezza contro l’inclusione delle associazioni pro-vita nei consultori, definendo questa proposta un affronto alla storia e ai diritti delle donne. Antonella Veltri, presidente di Donne in rete contro la violenza (D.i.Re), ha sottolineato che mentre l’Europa riconosce l’aborto come un diritto fondamentale, in Italia il voto di fiducia sul Pnrr viene utilizzato per introdurre il movimento pro-vita nei consultori, una mossa definita inascoltabile e irricevibile.

Veltri ha anche messo in discussione l’efficacia di questa proposta, evidenziando che la denatalità in Italia non è causata dall’aborto e sottolineando l’importanza di potenziare i servizi a sostegno dell’infanzia e di garantire l’applicazione effettiva della legge 194.

Gabriella Marando, del coordinamento delle assemblee delle donne e delle libere soggettività dei consultori del Lazio, ha espresso una forte opposizione all’emendamento al dl Pnrr, avvertendo che l’ingresso delle associazioni pro-life nei consultori minaccia la legge 194. Marando ha sottolineato il ruolo dei consultori familiari come spazi laici per favorire l’affermazione di genere e garantire autodeterminazione e libera scelta sulla maternità e sull’aborto. Ha annunciato la determinazione delle associazioni a protestare davanti a Montecitorio e a dare battaglia contro questa proposta.

La mobilitazione è già iniziata con un sit-in a Montecitorio nel pomeriggio di oggi. Sebbene non ci sia un accordo sulla votazione finale del provvedimento sul Pnrr, che include anche l’emendamento contestato, sono previste dichiarazioni in vista del voto di fiducia e la chiamata per l’appello nominale.

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