Il concetto di “mindfulness” deriva dagli insegnamenti del buddhismo, dello zen e dalle pratiche di meditazione yoga; ma solo negli Stati Uniti degli anni Settanta, per opera di un medico del Massachusetts, il dott. Jon Kabat-Zinn, questo modello è stato assimilato e utilizzato come metodo autonomo in alcune discipline mediche e psicoterapeutiche europee e d’oltreoceano. Una nicchia all’interno del mondo della mindfulness si è dedicata all’applicazione del metodo sull’alimentazione umana, dando vita al “mindful eating”, termine tradotto in italiano come alimentazione consapevole.
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Cos’è il “Mindful Eating”?
Questo approccio, in cui si applicano all’atto del nutrirsi i principi della mindfulness – come l’attenzione al momento presente, il non giudizio e l’ascolto dei cinque sensi – ha avuto successo, innanzitutto, nel trattamento dei comportamenti alimentari disfunzionali, in particolare quelli con tendenze all’alimentazione incontrollata (ovvero con abbuffate).
Si stima che il 50-60% della popolazione manifesti un qualche comportamento alimentare disfunzionale, rientrando nella categoria di quella che comunemente prende il nome di “fame nervosa” o “fame emotiva”. A quattro anni e mezzo dalla conclusione di una dieta, mediamente, le persone mantengono una perdita di soli 3 kg, ovvero il 3,2% della riduzione del peso iniziale. La percentuale di persone che hanno mantenuto la perdita di peso, dopo 4 anni, varia da meno del 3%, se consideriamo il mantenimento del 100% della perdita di peso, al 28%, se consideriamo un mantenimento di meno del 10% della perdita del peso iniziale.
Quindi come si può ottenere un risultato che duri nel tempo?
I benefici dell’alimentazione consapevole
La combinazione di una maggiore consapevolezza nell’alimentazione con la masticazione completa degli alimenti aumenta la sensazione di sazietà e, perciò, influenza indirettamente l’assunzione di energia, limitando gli eccessi calorici e migliorando lo stile alimentare del soggetto. L’aspetto più importante di questo metodo è che non si vietano nemmeno i cibi più calorici e che il cambiamento nei confronti del cibo diventa pian piano un’abitudine che può permanere tutta la vita, a differenza dei risultati ottenuti con le diete. Tali interventi evitano la riduzione estrema delle calorie orientata alla perdita di peso e favoriscono l’appagamento e la degustazione mirata del cibo. In caso di dipendenza da zuccheri e/o glicemia sopra la norma, il mindful eating può contribuire, oltre ai già citati effetti sulla perdita di peso, anche alla regolarizzazione del consumo di dolci e, di conseguenza, dei livelli di glucosio nel sangue.
Gli obiettivi principali del mindful eating sono:
- Imparare a distinguere i diversi tipi di fame e di sazietà;
- Mangiare con consapevolezza tutte le tipologie di cibo senza dividerlo in buono o cattivo;
- Imparare a fare scelte di cibo consapevoli;
- Riuscire a trarre piacere anche da piccole quantità di cibo;
- Essere consapevoli delle qualità non nutritive di alcuni cibi.
Non si tratta, quindi, di un percorso che ha come meta finale il dimagrimento, ma il miglioramento nel rapporto con il cibo e con il proprio corpo. Tuttavia, è proprio questo miglioramento che spesso porta con sé, involontariamente, la perdita di peso, se in eccesso, e la nascita di nuove abitudini alimentari più sane.