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“La Pelle di Foca”: il Ritorno a Sé nel Percorso Educativo e Femminile

“La Pelle di Foca”: il Ritorno a Sé nel Percorso Educativo e Femminile

“Quando una donna ha vissuto troppo a lungo senza la propria pelle, si ammala.
Quando dimentica il mare da cui proviene, smette di respirare in profondità.”

(Clarissa Pinkola Estés)

Introduzione

Nel mondo dell’educazione, si parla spesso di cura dell’altro, di ascolto, di accompagnamento.
Ma cosa accade quando chi educa si allontana da sé stessa?
Quando, per rispondere ai bisogni altrui, perde il contatto con la propria autenticità?

La fiaba della “pelle di foca”, narrata magistralmente da Clarissa Pinkola Estés, ci offre una metafora potente per riflettere sul rischio della disconnessione interiore — e sulla necessità, urgente e vitale, di tornare a sé. Non è solo una questione simbolica: è una chiamata concreta, pedagogica, esistenziale.

L’Archetipo della Pelle Perduta

La pelle di foca rappresenta ciò che siamo nel nostro stato più originario: istinto, libertà, profondità.
Nella fiaba, la donna-foca viene privata della sua pelle e costretta a vivere lontana dal mare, dalla sua vera natura.
Solo quando riesce a recuperare quella pelle — dopo anni di silenzio e adattamento — può finalmente tornare a respirare e a vivere pienamente.

Molte donne vivono una condizione simile.
Educano, sostengono, amano… ma nel farlo, spesso, rinunciano a sé.
Perdono la pelle che le proteggeva, che le identificava, che custodiva la loro voce.

Pedagogia come Ritorno a Casa

Ritrovare la propria pelle non è un capriccio.
È un dovere verso se stesse.
È il fondamento per educare con autenticità e radicamento.

La pedagogia del ritorno a sé è una pedagogia della soglia:

  • della soglia tra dare e ricevere,
  • tra accudire e custodire,
  • tra stare nel mondo e abitare la propria interiorità.

Solo chi si riconosce può farsi riconoscere.
Solo chi ha dimora in sé stessa può offrire davvero uno spazio sicuro all’altro.

La Voce che Chiama

La voce interiore non è un mito astratto.
È quella sensazione di svuotamento, quella stanchezza cronica, quel senso di smarrimento che tante donne provano.
È il momento in cui qualcosa ci dice: “Torna a casa. A te.”

È la pelle che manca.
È la foca che aspetta.

Attività Pratiche per Donne in Ricerca

1. Scrivi alla tua pelle
Ogni mattina, per sette giorni, scrivi una lettera alla tua pelle perduta.
Cosa le diresti? Dove si è nascosta? Cosa ti manca di lei?

2. Riconnettiti con il mare
Non serve essere in riva all’oceano.
Ascolta suoni marini, immergiti in acqua, cammina scalza.
Il mare è dentro: basta ricordarlo.

3. Crea un rituale di ritorno
Un profumo, una musica, un oggetto che tenga viva la connessione con la tua pelle.
Un piccolo gesto quotidiano per dirti: “Io ci sono. Non mi perdo più.”

4. Riappropriati del tempo
Scegli un’ora alla settimana solo per te. Non per “fare”, ma per essere.
Perché ritrovare la pelle significa anche imparare a non essere sempre disponibili.

Nota Autobiografica

Questo articolo nasce da un ascolto profondo.
Il mio, prima di tutto.
Sono una pedagogista, un’educatrice professionale socio-pedagogico, una donna che ha scelto ogni giorno di mettersi al servizio della crescita dell’altro.
Ma nel tempo ho capito che non si può educare davvero se si è sradicate da sé.
La mia pelle di foca l’ho ritrovata dopo averla persa, in silenzio, tra progetti, doveri, aspettative.

Oggi so che tornare a sé è un atto educativo e politico.
Ed è per questo che scrivo. Per me. Per chi si è persa. Per chi vuole tornare.

Bibliografia

  • Estés, C. P. (1992). Donne che corrono coi lupi. Frassinelli.

  • Montessori, M. (1950). La mente del bambino. Garzanti.

  • Morin, E. (2001). I sette saperi necessari all’educazione del futuro. Raffaello Cortina.

  • Gilligan, C. (1982). Con voce di donna. Feltrinelli.

  • Hooks, B. (1994). Insegnare a trasgredire. Meltemi.