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“Non si poteva fare diversamente”. Questa è la frase identica ripetuta come un mantra dalle madri a cui le figlie hanno chiesto ragione dei loro comportamenti abusivi. Spaventosamente, è la stessa frase per tutte, come un’egregora.
Si tratta, tuttavia, di una scusa, perché la scelta esiste sempre, anche nelle condizioni più estreme. È mancata la volontà e forse è stata complice anche la falsa aspettativa che, assecondando un certo sistema sociale, si sarebbe state ripagate della rinuncia della propria libertà individuale.
Non è mai così.
Madri maltrattanti e figlie non credute
Il motivo per il quale questa condizione piuttosto frequente non viene alla luce dipende da due fattori fondamentali: la maschera che queste madri indossano di fronte al resto del mondo, per il quale sono l’incarnazione della perfezione, e la vergogna che provano le figlie, non credute da nessuno, a dire che le madri le maltrattano. Non ci sono prove, se non le parole e le descrizioni dei maltrattamenti, perché quasi mai la violenza lascia tracce fisiche visibili.
Passare da figlie ingrate e non riconoscenti è un attimo. La dinamica è la stessa delle violenze subite da parte degli uomini, quelle psicologiche, economiche e fisiche, per chi sa dove colpire. Le maschere che queste persone indossano sono talmente perfette all’esterno da rendere inaccettabili le accuse mosse da chi le subisce.
È solo nel confronto fra donne nelle stesse condizioni che si realizza quanto il fenomeno sia diffuso e sommerso in egual misura. Chi direbbe mai che mammina è un mostro?
Diverse forme di violenza
Vediamo quali sono le violenze, anche indirette, che si riscontrano in questi casi.
Molto diffusa è la violenza verbale: insulti, minacce, denigrazioni, aggressioni, urla e diffamazioni sono all’ordine del giorno.
Può verificarsi anche la violenza “conto terzi”, quando la figlia subisce violenza o molestie da altri e la madre, pur essendone perfettamente a conoscenza, non interviene.
La violenza passivo-aggressiva si manifesta con l’uso massiccio della manipolazione per generare profonda insicurezza nella figlia e averne il controllo, per cercare in qualche modo di vivere attraverso di lei quello che non si è potuto vivere in prima persona. Da qui il tentativo, spesso riuscito, di far seguire un certo percorso di studi, eccellere in uno sport, fare un determinato lavoro. In pratica, viene annullato il riconoscimento della figlia come individuo.
La violenza economica, trasposizione e proiezione della propria, dove nessun aiuto in termini economici è concesso ad una figlia in difficoltà, perché magari non riesce a uscire a sua volta da una relazione disfunzionale. Lì si manifesta perfino la vendetta, più o meno conscia, “Se non ne sono potuta uscire io, non ne esci nemmeno tu”.
Dal punto di vista fisico, come descritto dal Dott. De Tata e come riscontrato in altri studi clinici, queste disfunzionalità genitoriali possono sfociare negli anni in disfunzioni tiroidee, le quali non sempre sono dovute a cause fisiche ma vengono predisposte già in utero, per poi manifestarsi in età adulta.
Come intervenire
Potrà sembrare spaventoso e inverosimile, ma sono tutte testimonianze dirette di persone che hanno subito abusi e violenze e a cui nessuno ha creduto, tranne chi le aveva subite a sua volta, perché ha riportato gli stessi traumi.
La cosa peggiore è non essere credute, vedere queste madri ricoperte di gloria e onore mentre si è considerate delle carogne, dopo aver passato una vita a sopportare violenze incontrollate senza nessuna difesa.
Il confronto con altre donne nella stessa condizione, la condivisione e il sostegno reciproco possono aiutare, ma di certo l’ammissione da parte della società tutta di una situazione tanto pesante e controversa sarebbe di grande conforto e soprattutto di riscatto di una condizione di vita immeritata e dolorosa, perché non si può credere ancora che le madri siano sempre perfette.
L’ammissione e la verifica di determinate condizioni psicologiche è doverosa, anche in termini legali, così come lo è il sostegno che si offre alle vittime di violenza conclamate, almeno finché le figlie sono ancora in vita e le madri ancora perseguibili.