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Studio italiano: l’aspirina come guardia del corpo contro il cancro al colon-retto

Studio italiano: l’aspirina come guardia del corpo contro il cancro al colon-retto

L’utilizzo prolungato e quotidiano dell’acido acetilsalicilico sembra potenziare la risposta immunitaria. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che al momento non esistono indicazioni ufficiali sull’uso di questo farmaco per la prevenzione dei tumori.

Anche il sistema immunitario sembra svolgere un ruolo nell’effetto protettivo dell’aspirina contro il cancro del colon-retto. È quanto emerge da uno studio italiano appena pubblicato sulla rivista “Cancer“, edita dall’American Cancer Society. Secondo i risultati, l’uso quotidiano di acido acetilsalicilico è associato a una maggiore risposta delle cellule immunitarie e a una minore diffusione del tumore nei pazienti operati per carcinoma colorettale. Esaminiamo più nel dettaglio questi interessanti risultati.

L’aspirina e il colon-retto: un effetto ben noto

L’associazione tra l’aspirina e una riduzione del rischio di sviluppare il tumore del colon-retto è nota da oltre 30 anni. Numerosi studi sono stati condotti su questo argomento, principalmente di tipo osservazionale e condotti su popolazioni che già assumevano acido acetilsalicilico per motivi cardiovascolari. Tuttavia, nonostante le evidenze accumulate nel corso degli anni, le indicazioni per l’uso di questo farmaco non sono state modificate. È importante ricordare che, l’aspirina può causare effetti collaterali che devono essere attentamente valutati nel rapporto tra rischi e benefici.

Microambiente immunitario nel tumore del colon-retto

Il nuovo studio condotto dall’Università di Padova insieme all’Azienda Ospedale Università di Padova fa parte del progetto multicentrico Immunoreact. Questo progetto, che si concentra sul microambiente immunitario nei tumori del colon-retto, comprende una serie di studi focalizzati su questo argomento.

Abbiamo voluto investigare se e in che modo l’assunzione giornaliera di aspirina influisca sul microambiente immunitario del tessuto sano circostante il tumore nei pazienti”, spiega Marco Scarpa, autore principale dello studio. Si tratta quindi di uno studio osservazionale condotto in tre fasi.

  • Nella prima fase, sono stati analizzati campioni di neoplasia di circa 240 pazienti sottoposti a intervento chirurgico tra il 2005 e il 2019. Al fine di comprendere eventuali differenze tra coloro che assumevano aspirina (il 12% del campione) e coloro che non la assumevano. “Abbiamo osservato – continua Scarpa – che coloro che assumevano aspirina presentavano meno metastasi ai linfonodi, indicando una minore diffusione della malattia, e una maggiore infiltrazione delle cellule immunitarie all’interno del tumore”.
  • Nella seconda fase dello studio, i ricercatori hanno esaminato il comportamento delle cellule immunitarie prelevate dai tumori del colon-retto e coltivate in presenza di aspirina. È emerso che queste cellule hanno mostrato un aumento dell’espressione di molecole di co-stimolazione che attivano i linfociti T, con particolare riferimento alla proteina chiamata CD80.
  • Nella terza fase, Scarpa e il suo team sono ritornati ai tessuti sani circostanti le neoplasie dei pazienti. Hanno confermato che anche in questo caso nel gruppo che assumeva aspirina vi era un’incrementata espressione di CD80. Come conseguenza, vi era una maggiore presenza di linfociti T infiltranti il tumore.

Rivelazioni sulle azioni pro-immunitarie dell’aspirina

“Il fatto che l’aspirina possa potenziare la risposta immunitaria a livello gastroenterico era atteso”, continua il ricercatore. “È ben noto, infatti, che nei pazienti con patologie gastrointestinali come la colite ulcerosa, l’aspirina può causare un aumento della risposta immunitaria, un effetto indesiderato in tali condizioni autoimmuni. Abbiamo quindi ipotizzato che questo effetto collaterale potesse diventare un vantaggio in presenza di cellule che mostrano mutazioni, poiché potrebbe aiutare il sistema immunitario a riconoscerle come estranee.”

“Sembra esserci, quindi, un effetto complementare di sorveglianza pro-immunitaria dell’aspirina, che potrebbe funzionare in modo più efficace nella fase iniziale della carcinogenesi. Alcuni studi hanno confermato un’azione protettiva dell’aspirina nelle persone con poliposi intestinale familiare. Tuttavia, è importante considerare molti aspetti: questo approccio non sempre fornisce gli stessi risultati in tutti i casi, quindi al momento non è possibile trasferirlo nella pratica clinica.”

È essenziale sottolineare che in questo studio non sono state apportate modifiche alle terapie esistenti e non si possono trarre raccomandazioni sull’uso dell’aspirina.

Serve prudenza

“Attualmente, nella pratica clinica, non possiamo raccomandare l’uso dell’acido acetilsalicilico come farmaco preventivo per il cancro del colon-retto: non esistono linee guida che lo supportino”, conferma Nicola Silvestris, segretario nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e Professore Ordinario di Oncologia presso l’Università di Messina. “I dati nella letteratura scientifica riguardanti la sua correlazione con la riduzione dell’incidenza e delle recidive di questa neoplasia, così come di altre prevalentemente del tratto gastroenterico, sono molto interessanti. Tanto che questa possibile relazione è stata annotata anche in una nota dell’Agenzia Italiana del Farmaco nel 2018. Tuttavia, è fondamentale interpretare questi dati come il riconoscimento del potenziale effetto protettivo dell’acido acetilsalicilico, e non come un’approvazione per il suo utilizzo nella prevenzione di questo tipo di tumore.”

“È essenziale chiarire che il farmaco non ha questa indicazione e che possono verificarsi effetti collaterali correlati alla sua attività antiaggregante piastrinica, i quali devono essere presi in considerazione. È cruciale essere molto cauti nel modo in cui si comunica questo messaggio. Detto ciò, il nuovo studio fornisce nuove e importanti informazioni per una migliore interpretazione dei dati epidemiologici osservati da 25 anni nei pazienti con malattie cardiovascolari, e che potrebbero essere utilizzate nel futuro.”

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