L’infrastruttura è ritenuta fondamentale perché, un discorso sulla scuola digitale, non può trovare una concreta applicazione laddove non ci sia, ad esempio, un’adeguata copertura di rete oppure una banda larga. In Italia ci sono diversi piani per l’ampliamento di quest’ultima, per la connessione veloce in tutte le case e in tutte le scuole.
Secondo Mario Pireddu, presidente del Corso di Laurea Magistrale in Informazione Digitale dell’Università degli Studi della Tuscia, di governo in governo in governo questi obiettivi sono stati mancati, cioè non si è arrivati ad un cablaggio reale e veloce di tutte le scuole; quindi spesso manca il discorso di un’infrastruttura che funzioni.
Questo si affianca ad un discorso sulle competenze: la capacità di sviluppare progetti didattici che sappiano sfruttare le caratteristiche delle tecnologie digitali e della rete. Ovvero non la riproposizione in ambienti digitali di metodologie tradizionali di insegnamento ma qualcosa di diverso.
Sempre il professor Pireddu invita a pensare di progettare la didattica intorno alle parole chiave: progettare, lavoro tra pari, passione e gioco. In inglese la parola “gioco” si traduce con “play”, che è un termine dal significato più vasto, ad esempio può essere tradotto anche come “collaborare, cooperare”, “recitare”, “sostenere”. Per Pireddu è proprio questo il senso: progettare attraverso una didattica attiva dei percorsi di apprendimento che coinvolgano gli studenti, in modo da renderli davvero partecipi e non solamente meri ripetitori di informazioni.
La didattica digitale è approfondita in numerosi corsi di formazione rivolti a docenti e aspiranti docenti, disponibili online sulle piattaforma IGEA CPS e CorsoMiur.it. Suggeriamo, ad esempio, il Master di I livello Competenze e metodologie didattiche dell’animatore digitale e i corsi PEKIT riconosciuti dal MIUR con rilascio di punteggio.
La Didattica a Distanza (DAD)
Ci sono diverse soluzioni anche in Italia di quella che è stata denominata con l’acronimo “DAD”, ovvero Didattica a Distanza, ad esempio scuole che hanno avuto dirigenti che da anni hanno lavorato per una transizione digitale della scuola.
Queste soluzioni hanno messo al primo piano l’esperienza dello studente, non la burocrazia, ma la relazione educativa e, soprattutto, il sostegno all’alunno, con il chiaro obiettivo di una didattica funzionante. Ciò è possibile anche grazie alle modalità operative dei singoli docenti, soprattutto di coloro che hanno cercato di lavorare sul diverso spazio-tempo dell’apprendimento digitale. Ecco che allora anche la DAD può diventare qualcosa di diverso da quello che eravamo abituati a vedere in televisione, ovvero la lezione frontale riproposta per 5 ore gli studenti. La DAD può diventare qualcosa che viene progettato diversamente in funzione delle caratteristiche dell’ambiente di rete e specialmente di un alunno che è attivo ed è proprio in questo caso che il professor Pireddu parla di “didattica attiva”, “costruttivismo” e di reale partecipazione dello studente nel percorso di apprendimento.
In sostanza il professor Pireddu incoraggia un modello di suola che non dipenda necessariamente dal digitale, ma che in esso può trovare una concreta applicazione, in particolar modo pensando ai cittadini del XXI secolo.
Il 5G
Il 5G è sicuramente una tecnologia che consentirà, una volta implementata, di avere una quantità di dati e di informazioni più ampia di quella che è disponibile oggi. A tal riguardo si parla anche di “realtà virtuale”, “realtà aumentata”, “immersività” e riunioni a distanza ma non semplicemente in video.
Tutto ciò comporta la necessità di lavorare diversamente su una realtà che già alcune scuole affrontano, che è quella, ad esempio, dell’interazione diretta con l’informazione digitale. Se pensiamo alla realtà aumentata, ci sono diverse scuole in Italia che già lavorano su alcuni progetti che riguardano la chimica, lo studio delle scienze naturali, il racconto, la letteratura, la musica e così via. Chiaramente con una connettività a banda larga o larghissima rende possibile lavorare su tutte queste interessanti iniziative.
Insegnanti e scuola digitale
Secondo il professor Pireddu, il corpo insegnante italiano presenta delle caratteristiche diverse rispetto a quello degli altri paesi europei.
Già nel 2015, con il varo del Piano Nazionale Scuola Digitale contenuto all’interno della Legge n. 107, si faceva presente che l’età media del corpo docente italiano era la più alta d’Europa. Adesso, con le nuove assunzioni, qualcosa sta cambiando, però questo dato resta in linea con l’età media del paese, tra le più alte al mondo. Se andiamo a vedere indicatori come l’Indice dello sviluppo della società e dell’economia digitale in Europa vediamo che l’Italia, che negli ultimi anni si collocava sempre negli ultimi posti, sta compiendo dei passi in avanti, scalando piano piano le classifiche.
L’applicazione che è stata fatta nei primi due anni del Piano Nazionale Scuola Digitale ha consentito a molti docenti di poter “fare rete”, trovare, cioè, altri docenti che potessero lavorare come loro e con loro, supportati da un’iniziativa ministeriale e quindi fare incontri, anche annuali, sull’avanzamento e la condivisione delle pratiche didattiche relative all’inclusione delle tecnologie digitali all’interno del sistema scuola.
Tutt’ora persistono dei moduli e delle iniziative di formazione, ma dal punto di vista del professor Pireddu, si rivelerebbe molto più interessante avere una formazione un po’ più “radicale”. Iniziare a lavorare sullo scardinamento di alcune logiche, che nella scuola la fanno ancora un po’ da padrone, e lavorare in un’ottica più ecologica, senza creare opposizione del tutto arbitrarie tra l’analogico e il digitale, lezione frontale o più partecipata. Si potrebbe lavorare in una scuola che tiene insieme naturalmente la lavagna, la carta, la penna, il libro cartaceo, il libro digitale, le piattaforme di rete e tutto ciò che il multimediale ha da offrire.
In questo senso ecco che anche un’adeguata formazione del corpo docente potrebbe condurre a un diverso tipo di scuola.