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La neurobiologia della gentilezza: Consigli pratici

La neurobiologia della gentilezza: Consigli pratici

“La gentilezza nelle parole crea fiducia, nel pensare crea profondità e la gentilezza nel dare crea amore”. (Lau Tzu)

Essere gentili per sé e per gli altri.

Essere persone gentili significa trattare noi stessi e gli altri con delicatezza, soprattutto dolcezza.

Nell’epoca in cui viviamo, la gentilezza sta diventando un “fenomeno” sempre più raro, ma essa riflette la comprensione di quanto sia preziosa ogni forma di vita e la bellezza dell’imperfezione, oltre a comportare sentimenti di rispetto per tutti. (Drummond, 2006).

In filosofia, la gentilezza è definita come una preoccupazione genuina e profonda per gli altri (Schopenauer, 1840). Come tale, essa deriva da un sentimento di compassione di se stessi e degli altri, di fronte a sofferenze, dolori o fallimenti.

La gentilezza riflette dunque, una particolare sensibilità nei confronti dell’altro, oltre che per se stessi e quindi, dote di amor proprio. Essa innesca veramente un atteggiamento premuroso nei confronti della vita, che crea senso, dà significato e scopi “alti”.

Essa, come abbiamo accennato inizialmente, implica una profonda preoccupazione o compassione sia per l’altro che per sè e quindi, riflette un apprezzamento della dignità di ogni essere vivente. Naturalmente, essere gentili richiede una certa dose di consapevolezza delle emozioni e stati d’animo proprie ed altrui (Malti, 2020).

Perché sensibilizzare alla gentilezza in tempi odierni.

Compiere atti gentili può aumentare la soddisfazione per la vita, aumentare l’umore positivo e favorire l’accettazione fra pari. Può stimolare il rilascio di serotonina, riducendo ansia e paura, le due emozioni negative per eccellenza, che determinano il rilascio di cortisolo, (l’ormone dello stress).

Inoltre, ad oggi ed in un contesto di aumentato disagio psicologico come rilevato dagli psicologi, dopo pandemie e nel pieno di catastrofi climatiche e guerre, per gli adolescenti, che si trovano in una fase della vita di passaggio, “turbolenza” e grandi trasformazioni o cambiamenti interiori soprattutto, essere gentili può migliorare l’autostima e accrescere una visione positiva nella costruzione della propria identità personale e sociale.

E’ davvero importante allora, parlare e sensibilizzare quasi, alla gentilezza perchè, al giorno d’oggi, in un’epoca ahinoi, permeata da due conflitti mondiali quasi, da diverse forme di violenza, essa richiama l’altruismo e l’altruismo, a sua volta, richiama la cooperazione ed un clima pacifico. Inoltre metterci in connessione emotiva soprattutto con gli altri, attraverso atti gentili, ci consente di soddisfare i nostri bisogni psicologici di base di relazione e di appartenenza, come diceva A.

Maslow (1954), psicologo statunitense: Essa, quindi, ha direttamente effetti più che positivi a livello sociale, ma anche a livello personale ed individuale indirettamente.

Basi neurobiologiche della gentilezza

Se, per esempio, ci soffermassimo a ricordare l’ultima volta che abbiamo compiuto un atto gentile, magari anche ad una persona sconosciuta (quindi da cui non avremmo potuto ricevere nulla in cambio), probabilmente sentiremmo una sensazione di benessere, come un “bagliore fioco”, una luce interiore, che accenda come si dice in neurobiologia il “sistema di ricompensa” cerebrale. La gentilezza insomma, lo dice anche la scienza, non solo fa bene, ma ci fa anche bene!.

Anche “osservare” gli altri compiere atti gentili e soprattutto essere gentili verso se stessi può rendere più felici! Atti, come dare la precedenza in fila alle casse del supermarket o alle poste, tenere la porta a qualcuno, cedere il posto a sedere sul tram, portare un caffè ad un collega, accarezzare un cucciolo, ma anche favori più grandi come aiutare un amico in un trasloco, sono azioni che possono avere un impatto sul benessere psicologico (Rowland e Carry, 2019).

I ricercatori dell’Università di Oxford hanno anche scoperto e dimostrato recentemente che i nostri livelli di felicità aumentano sia quando siamo gentili verso persone con cui abbiamo legami stretti (famiglia ed amici) sia quando siamo gentili verso persone sconosciute o conoscenti. Inoltre  essere meno arrabbiati e mostrarsi gentili verso il prossimo e se stessi, fa bene alla salute, perchè oltre ad abbassare la pressione arteriosa, i ricercatori hanno persino scoperto che le persone che hanno compiuto atti di gentilezza, ovvero qualsiasi azione che implichi aiutare, condividere, o prendersi cura degli altri, hanno mostrato miglioramenti nelle difese immunitarie (Nelson, Coffey et al., 2017).

Consigli utili dalla psicoterapia sulla gentilezza nella vita quotidiana ed odierna.

Secondo la psicoterapeuta dr.ssa T. Cousineau, autrice di “The Kindness Cure”, la gentilezza, è un momento di forte connessione umana e lei dà tre consigli utili ai giorni nostri, nel presente, nel qui ed ora:

  • Iniziare da se stessi, in quanto spesso le persone non si rendono pienamente conto di quanto possano essere veramente poco cortesi con se stessi, quando parlano e si tratta della loro vita. La dr.ssa Cousineau dice di prestare attenzione al nostro dialogo interno, perché molto probabilmente se lo ascoltassimo con attenzione non diremmo le stesse parole a qualcuno che invece amiamo, per es. “non sono stata abbastanza brava, intelligente, non sono stata abbastanza…”, ma rimaniamo fermi alle preoccupazioni, rimpianti o delusioni;

  • Il segreto, secondo lei, è di imparare ad essere più gentili con noi stessi e la chiave di ciò risiede nell’auto-compassione, cioè trattarsi con la stessa gentilezza che usiamo per trattare le altre persone, con umanità (cioè, riconoscendo che non si è soli, nella propria sofferenza, che è un’esperienza umana, condivisa), con consapevolezza (cioè mantenendo le proprie esperienze negative e che fanno parte della vita, senza rimuoverle, accettandole, ma non indentificandosi e accentuandole eccessivamente!);

  • coltivare “l’istinto di gentilezza”, significa cioè che alcune persone hanno la tendenza ad essere più empatiche di altre ed, in generale, tutti nasciamo con un istinto alla gentilezza ed alla compassione, che, secondo la dr.ssa Cusineau, è quell’istinto (che nel nostro sistema nervoso si è evoluto per avere una sensibilità molto sintonizzata nel prendersi cura degli altri) che dobbiamo coltivare.

Un modo anche per coltivare gentilezza e compassione è quello della meditazione; chiudendo gli occhi, pensando per esempio a qualcuno nella nostra vita che amiamo, mandare a questa persona auspici di benessere ed affetto, ripetendo: “possa tu sentirti sicura/ o, felice, protetta, sana, e che la vita ti sia più semplice o lieve…”., e non dobbiamo dimenticare di inserire noi stessi nel “circolo meditativo della compassione”;

Conclusioni sulla connessione emotiva della gentilezza.

In conclusione, nella società moderna questa virtù è sempre sottovalutata, ma ha un ruolo fondamentale nel benessere psicologico delle persone e della convivenza pacifica; quindi la gentilezza potrebbe fornire “una chiave di volta” anche in quest’epoca, afflitta da aggressività, forme di violenza sentite e lette dai media o purtroppo vicine. Educando gli animi ad una visione meno marginale e più ottimistica di pensiero, innescando una moltitudine di comportamenti prosociali!