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La fragilità: condizione di vita necessaria, ma domabile

La fragilità: condizione di vita necessaria, ma domabile

Il termine fragilità viene, generalmente, usato per indicare qualcosa di delicato, che si può rompere facilmente, come, per esempio, un vetro di Murano o un semplice fiore. Il termine, però, è usato anche per riferirsi ad una condizione fisica o psichica, che bisogna necessariamente curare.

Calando il discorso sulla realtà umana, si può affermare che essa è strutturalmente fragile, in quanto l’essere umano, a differenza della macchina, non può compiere sempre le stesse azioni, in modo fisso e determinato, senza commettere errori, ma presenta dei limiti determinati dalla sua stessa natura e dall’ambiente in cui vive.

Agli stimoli esterni, in particolare, può reagire o in modo positivo, creando, attraverso la ragione, la conoscenza e l’immaginazione pensieri e soluzioni, oppure in modo negativo, in cui predomina la sensazione di inadeguatezza del sapere e dell’agire, di fronte a un compito o ad un’impresa, producendo, inevitabilmente, sentimenti di insoddisfazione o situazioni depressive.

Questi limiti sopra elencati che, comunque, sarebbe sbagliato considerare come l’espressione di “difetti” o debolezze, rappresentano, in realtà, la vera caratteristica costitutiva della condizione umana.

In certe situazioni di vita precarie, dunque, per risolvere i suoi problemi esistenziali, l’uomo saggio ha bisogno di riconoscere e accettare i suoi limiti, come condizione necessaria per poterli fronteggiare.

Chi non accetta alcuna limitazione al suo ego narcisistico, come spesso accade all’uomo di potere, può sconfinare nella manifestazione psico-patologica del delirio di grandezza (la paranoia), e nell’ambizione maniacale di dominare gli altri.

Le condizioni di un percorso necessario per arginare la fragilità

A parte i limiti tipici e ineliminabili della natura umana, che sono costituiti dalla nascita, dall’età e dalla morte, è possibile, tramite una accurata regola di vita, arginare:

– il dolore fisico legato alla malattia (funzionalità di organi e apparati)

– il dolore esistenziale, come quello derivante dal lutto, dall’abbandono, alla solitudine e da situazioni di malessere in genere (la fatica di vivere)

L’insicurezza e, quindi, il senso di fragilità e imperfezione, legati ai questi ultimi fattori, che accompagnano, inevitabilmente, ogni essere umano, potrebbero essere contrastati, con comportamenti adeguati, che riguardano:

  •  La consapevolezza/accettazione della propria fragilità e la cognizione del dolore e della malattia, che alimentano il desiderio di cambiare e che possono, quindi, sfociare nella possibilità dell’essere umano di dominare gli eventi. Come affermava Socrate, “per agire e vivere meglio devi conoscere te stesso”.

È dal limite, infatti, che nascono le emozioni, i sentimenti e, in genere, tutto quello che può essere definito umano.

  • Il rifugio nel sacro e nella fede (come punto di forza) e nella rivelazione divina, in cui alcune persone cercano una risposta e una guida a vivere il mistero, che avvolge il senso della vita. La stessa figura del Gesù di Nazaret, rappresenta un chiaro esempio di fragilità, che sfocia, però, nella capacità di salvezza e di elevazione spirituale dell’essere umano.
  • La ricerca di esperienze auto-regolative gratificanti, che non siano necessariamente legate ai risultati prestigiosi in campo lavorativo, ma che investono altri settori della vita, caratterizzate dalla gratuità, che sono particolarmente utili per promuovere il senso dell’autoefficacia, come la musica, l’arte, l’attività motoria e ludico–sportiva, ma anche attività di partecipazione attiva alla vita comunitaria, come le varie forme di impegno sociale del volontariato.
  • Il desiderio/bisogno di un incontro/comunione con l’altro da sé, che si concretizza in un rapporto interpersonale, come regola di vita. In questo caso, unendo le fragilità, che accomunano tutte le reazioni interumane, ricostruendo, così, la dimensione del “noi”, nella consapevolezza che si è parte di una storia comune, si promuove la volontà, la forza e il coraggio di vivere, all’interno della comunità di appartenenza.

II bisogno dell’altro è un’esigenza che accomuna tutte le fasce di età e che dura tutta la vita: dalla relazione di attaccamento del neonato, alla ricerca sofferta della propria identità dell’adolescenza, al bisogno dell’affermazione personale degli adulti, al timore della persona anziana di non aver più nessuno che la ascolta e la sostiene.

Un problema preoccupante, dell’odierna società, si registra nella constatazione che essa ha smarrito il senso della solidarietà, dell’accettazione della diversità come valore, secondo la logica di regole, legate alla produzione e alla bulimia del profitto, perdendo di vista il vero e autentico bene, che ci fa sentire umani.

Si può menzionare, a tale proposito, il fenomeno ormai inarrestabile delle migrazioni, sul quale si deve stimolare un’attenta riflessione, da parte delle istituzioni interessate al problema. Sul fatto dell’accoglienza, viene enfatizzato il fenomeno numerico, dimenticando che le persone che provengono da lontano non sono solo portatori di tragedie e disperazioni personali, ma anche di un proprio sapere, di una propria cultura di una propria storia.

Non è necessario assicurare il necessario ricovero e custodire solo fisicamente le persone, che cercano ospitalità, ma creare con loro una relazione d’aiuto e di conforto, mettendosi in una posizione di ascolto della loro condizione esistenziale, offrendo loro le giuste opportunità di un inserimento lavorativo dignitoso, che dia un senso, un significato e una prospettiva di vita, che siano finalizzati alla rinascita della loro dignità umana.