Per feedback dell’insegnante s’intende la sua risposta informativa ai comportamenti motori messi in atto dagli alunni, che evidenziano i punti di forza e i punti di debolezza, riferiti alle loro capacità da migliorare.
Quando l’insegnante fornisce delle indicazioni per incrementare la prestazione e suggerisce alcune correzioni degli errori o attira l’attenzione dell’alunno su un determinato particolare o parte del corpo, sta fornendo dei feedback necessari al processo di apprendimento.
Il feedback consente, inoltre, all’insegnante, di valutare l’efficacia delle proprie metodologie e di adattarle alle esigenze degli studenti, dopo averne osservato il livello di capacità e abilità possedute.
A sua volta, attraverso il feedback dell’insegnante, l’allievo può meglio valutare :
- il risultato della sua azione,
- il modo in cui ha percepito i segnali senso-percettivi provenienti dal proprio corpo (feedback interni),
- il modo in cui ha eseguito le consegne o realizzato alcune azioni,
- il livello di corrispondenza tra la prestazione desiderata/ricercata/progettata e quella effettivamente realizzata (feedback esterni).
Considerato che tra le due modalità di feedback esiste una stretta interrelazione, l’azione dell’insegnante e dell’istruttore sportivo dovrebbe essere orientata ad incidere, tramite feedback di origine esterna, sulle capacità di controllo interno, cioè sulla comprensione del compito e sui processi di regolazione del movimento da parte dell’allievo, in sostanza, sulla capacità di legare i feedback di tipo esterno a quelli di tipo interno.
L’uso corretto del feedback consente all’insegnante di incidere, attraverso una comunicazione efficace, sugli aspetti emotivi dell’apprendimento, di stimolare la motivazione di ogni studente, di migliorare le sue personali capacità di indirizzare l’attenzione in forma selettiva e di aumentare la precisione del controllo e della regolazione dei suoi movimenti, che prevede, anche, forme di esercitazioni multilaterali e variate.
La variabilità delle situazioni predomina, di solito, quando si tratta di centrare l’apprendimento su abilità aperte (open skills), come quelle dei giochi sportivi, anche se, come affermano McCracken e Stelmmach, essa sembra avere un notevole effetto positivo, anche, sull’apprendimento delle abilità chiuse (closed skills), che caratterizzano gli sport individuali .
Infatti, talvolta, anche in quest’ultimo caso, è necessario ricorrere a cambiamenti dei parametri spaziali, temporali, dinamici, che prevedano, spesso, una porzione di imprevedibilità e di adattamento, come avviene nel metodo di insegnamento ispirato alla scoperta guidata.
CARATTERISTE DEL FEEDBACK DELL’INSEGNANTE
In ogni caso, i messaggi dell’insegnante devono essere personalizzati e rispondere all’esigenza della chiarezza, della specificità, della concretezza, evitando generalizzazioni e privilegiare l’orientamento al processo e non al prodotto finale.
Sarà cura dell’insegnante impegnarsi a gestire con cura e correttezza i feedback, non “sommergendo” l’alunno di numerose informazioni di tipo analitico (precisazione tecnicamente esasperata di un programma d’azione), finalizzate a correggere gli errori, ma abituarlo a non essere continuamente dipendente dai suoi giudizi, ma a maturare capacità autovalutative del proprio controllo motorio e del proprio livello di efficienza.
L’alunno, infatti, non dovrebbe limitarsi a riprodurre abilità o modelli ideali ben definiti, ma sviluppare una personale consapevolezza della propria esecuzione, attraverso la riflessione e la rappresentazione mentale del movimento.
LA CORREZIONE DELL’ERRORE TRAMITE IL FEEDBACK
Attraverso il feedback, che interviene sia durante il processo elaborativo (come per esempio l’azione progettata di centrare il canestro), sia al termine dell’esecuzione motoria (come il risultato, effettivamente ottenuto, di centrare il canestro).
Al termine dell’esecuzione motoria, nel caso in cui la realizzazione del gesto non risponda a quella desiderata (quando, per esempio, il pallone non centra il canestro, ma il tabellone) è fondamentale, per l’insegnante o l’istruttore sportivo, individuare la tipologia dell’errore da correggere, dopo averne scoperto le cause .
A tale proposito sarà utile avere, come orizzonte di riferimento una tabella, come quella illustrata da Korenberg, che proponiamo, qui di seguito, in forma semplificata e modificata.
Le ipotesi riferite alle cause dell’errore derivano, principalmente, da :
- un insufficiente sviluppo delle capacità coordinative e condizionali;
- un numero insufficiente di esperienze motorie;
- un insufficiente livello della preparazione tecnica (scarsa rappresentazione mentale del movimento, uso di movimenti associati, utilizzo di tecniche errate già apprese, transfert di altre esperienze, ecc.);
- una condizione psicologica inadeguata, come la debolezza, la fragilità e la tensione emotiva,
- uno scarso sentimento di autoefficacia, il timore degli infortuni, del giudizio dei pari, degli avversari, ecc. ;
- condizioni ambientali non favorevoli e clima psicologico poco coinvolgente;
- combinazioni di più cause.
L’errore come occasione di crescita e miglioramento
È bene sottolineare, a questo punto, la necessità di interpretare l’errore, da parte dell’educatore, non come fatto limitante, caratterizzato da negatività o imperizia, ma come occasione per predisporre interventi migliorativi, facendo leva sugli aspetti comunicativi e affettivo – relazionali del processo di insegnamento/apprendimento.
A tal fine è necessario sottolineare che l’insegnante deve porsi, continuamente, in discussione, per cui non può utilizzare metodi e stili di insegnamento “sclerotizzati”, univoci e ripetitivi di tipo convergente, basati esclusivamente sulla funzionalità biomeccanica, ma aprirsi alla ricerca di soluzioni aperte e creative di tipo divergente, che siano accattivanti, coinvolgenti e contagiose, per i ragazzi, concentrandosi sulle loro potenzialità positive e non sui loro limiti o difetti (feedback positivi), offrendogli i necessari rinforzi, necessari ad incrementare il loro senso di sicurezza e autoefficacia (self efficacy).
Ne deriva, perciò, la considerazione finale che ogni soggetto, impegnato nel campo dell’educazione, non può indurre modifiche negli altri se non modifica se stesso, rivedendo, continuamente e in modo critico, il suo stile di conduzione dell’attività didattico-educativa, nella consapevolezza che non è possibile prendersi cura degli altri se non ha cura di sé stesso.